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Salvini, la destra non truce e la crisi. La lettura di Sofia Ventura

Hanno avuto un ruolo in questa crisi di governo agostana fattori umani come il Russiagate o il caso della moto d’acqua? Se lo chiede la politologa Sofia Ventura ragionando con Formiche.net sul casus belli della rottura tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte. La docente di Scienze Politiche mette l’accento sul glossario del salvinismo accanto all’assenza in Italia di una destra liberal-conservatrice.

Perché rompere ora e non a maggio?

Non credevo saremmo arrivati alla crisi. Mi sono chiesta cosa ha accelerato il tutto: forse il fattore umano? Forse la vicenda del figlio di Salvini sulla moto d’acqua con le risposte del capo della Polizia? Forse, come ha ricordato ieri sera in tv il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, il Russiagate? Oppure aveva già in mente il da farsi e drammatizzarlo ad agosto è stata la scelta finale, con quella frase sui deputati e senatori, “devono alzare il cu…”, che mostra quale sia il suo rispetto per i rappresentanti della Nazione.

Con quali influenze esterne?

Qualcuno dice che a questo punto Salvini vuole avere le mani libere per fare quello che deve, o che Putin vuole: rompere l’Europa. E il pensiero corre alla non flat tax, in deficit, perché il passaggio precedente allo show down è stato caratterizzato dalle richieste impossibili di Salvini a Conte.

Forse sapeva che avrebbe ricevuto un no?

C’è da chiedersi se pensava in cuor suo di poter ottenere davvero l’impossibile per via di quel senso di onnipotenza che lo ha pervaso: non lo escludo, d’altronde si sente così forte in questo momento. Forse lui stesso ci ha provato per vedere come sarebbe andata.

Partiti destrutturati, istituzioni fragili e voti molto fluidi: è l’humus ideale per una crisi 3.0 senza più grammatica parlamentare?

Direi senza più grammatica e basta. Da quella italiana alla parlamentare: le regole stanno saltando a partire da quelle del linguaggio. Ieri sera nel comizio di Pescara Salvini ha detto di voler chiedere agli italiani pieni poteri, dimenticando che nel nostro ordinamento costituzionale nessuno ne ha. Né il premier né il Capo dello Stato. Però lui probabilmente non si è posto quel problema e, tramite il suo linguaggio, ha chiesto agli elettori di votarlo per consentirgli di fare come gli pare.

Cosa ci dice questo passaggio di glossario?

Che in fondo è coerente con il decreto sicurezza bis, dove ci sono anche dei profili incostituzionali: dubbi sono stati rilevati anche nella lettera di Mattarella, che però poi ahimè lo ha firmato. Ma c’è anche in quel decreto uno sconcertante spostamento di poteri nella figura del Ministro dell’Interno: sia perché invade funzioni di altri dicasteri, sia perché emargina dal processo decisionale il premier. Tra l’altro mi stavo chiedendo: se Salvini dovesse diventare premier farà un emendamento al decreto spostando su Palazzo Chigi i poteri che ha attribuito al Ministro dell’Interno? Oppure metterà al Viminale un suo cameriere? Per cui non c’è solo l’assenza di grammatica, ma anche di poteri intermedi forti: partiti, sindacati, stampa capace di fare da work dog.

Ma non ci sono: e quindi?

In questo scenario, personalità molto forti hanno la possibilità di scassare il sistema delle regole. Salvini sta andando in questa direzione.

Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia assieme supererebbero il 55%. Perché Salvini vuole correre da solo?

Da solo sì, ma ieri sera ha fatto un cenno ad eventuali compagni di cordata. Sarà la Meloni e non Forza Italia, perché Lega e Fdi assieme avrebbero il 45% con abbondante maggioranza. Non ha bisogno di Berlusconi che si trova evidentemente all’ultimo atto, con Toti in uscita e Carfagna che ha detto no. Non sottovaluterei il movimento degli amministratori locali, come a Bologna dove Galeazzo Bignami, di Forza Italia ma proveniente da An, strizza l’occhio a Fdi dopo aver attaccato in passato Gianfranco Fini in nome della fedeltà berlusconiana. E oggi che la barca affonda, passa altrove. Con questo atto termina la triste vicenda di Forza Italia. Non vedo più Berlusconi come un attore in grado di giocare.

A proposito di Fini: l’appello del Foglio per una destra non truce ricalca l’idea finiana di una destra liberal-repubblicana in antitesi al populismo sovranista. Come mai in Italia non ha riscosso consensi elettorali?

In Italia i liberali non hanno mai avuto sufficiente spazio. Sono stata tra quelli che si erano illusi di poter avere un destra liberale e repubblicana, con Berlusconi prima e con il bluff di Fini poi. Ad un certo punto è sempre accaduto che i liberali fossero troppo pochi e troppo poco influenti in un paese da sempre governato dalle due grandi chiese ideologiche della Prima Repubblica: lo si vede anche dalla fine che ha fatto Craxi, isolato non tanto dalle questioni giudiziarie ma più dal suo tentativo di incunearsi tra queste due chiese. Per cui una destra liberale in Italia la vedo difficile, ci si potrebbe accontentare di una destra conservatrice, civile, che gioca dentro il sistema di regole. Agli appelli non credo più, credo invece ad un soggetto politico che metta assieme persone, uomini e idee.

Come Urbano Cairo?

Un Berlusconi in piccolo, con molti interessi. Non credo che fare politica e fare impresa siano la stessa cosa. Dovrebbe vendere tutto per candidarsi? E in caso contrario l’opposizione avrebbe quindi un governo? Non devo spiegarlo io perché sarebbe problematico. Non dimentichiamo che in Italia c’è quell’area moderata sempre desiderosa di cercarsi un salvatore. Ma chi è capace di guidare un progetto non va cercato, deve venire fuori da solo: e purtroppo non c’è anche a causa del berlusconismo che ha fatto tabula rasa di classe dirigente.

twitter@FDepalo

 



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