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Basta crociati contro invasori. La Dichiarazione di fratellanza entra nel vivo (e il papa gioisce)

“Non abbiamo fatto abbastanza”. Era stato netto e chiarissimo mesi fa il segretario generale dello Spiritual Islam Summit, Muhammad Sammak, riferendosi alle iniziative assunte concretamente da cristiani e musulmani dopo la firma del “Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di al Azhar, Ahmad Tayyeb, ad Abu Dhabi il 4 febbraio scorso. L’iniziativa di Muhammad Sammak presso le autorità degli Emirati Arabi Uniti e del Consiglio degli Anziani dell’Islam che vi ha sede hanno avuto finalmente frutto ed è stato annunciato il varo di un comitato per raggiungere gli obiettivi enunciati ed indicati nel documento. Non è un lavoro facile; si tratta infatti di riscoprire la fratellanza umana, tra credenti nei tre monoteismi e non solo tra di loro, ma tra tutti coloro che il linguaggio Vaticano consolidato definirebbe “uomini di buona volontà”.

Il documento di Abu Dhabi infatti fa menzione esplicita anche dei non credenti quando indica nella comune cittadinanza il nuovo criterio guida che si deve seguire per costruire Stati democratici, nei quali non vi sia più l’assurdo di minoranze definite tali per motivi di fede. È una in particolare la frase contenuta nella documento firmato da Francesco e dal Grande Imam che segna una pietra miliare nel cammino di tutti verso la vera fratellanza. È la frase in cui al riguardo dell’idea di cittadinanza si dice: “Ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.

Ecco come gli universalismi possono coesistere: queste parole segnano la rinuncia definitiva e concreta a pratiche politico-culturali che definiscono o ritengono o pensano i cristiani eterni “crociati” o loro “quinte colonne” e i musulmani degli eterni “invasori” o loro “quinte colonne”. Che questa visione, pienamente fedele allo spirito e all’impostazione della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, sia stata condivisa da Francesco e dal responsabile della principale istituzione sunnita in un simposio che ha coinvolto esponenti di tutte le fedi e che ha avuto luogo non in una città “neutra” ma nella penisola arabica è un passo gigantesco per l’umanità e una speranza per tutto il Mediterraneo di cui purtroppo poco si è parlato sia nel mondo islamico sia in quello cristiano, soprattutto arabi. Ecco perché il primo compito del comitato costituito ad Abu Dhabi sarà quello di promuovere il documento, farlo conoscere nel mondo islamico, organizzare incontri con esponenti soprattutto locali delle comunità islamiche e cristiane. Si tratta di apprezzare la laicità dello Stato e poi di ripensare la fratellanza, troppo spesso ritenuta limitata al proprio contesto comunitario e non universale e di riscoprire il significato di Abramo, padre comune delle tre grandi religioni monoteiste.

Il direttore della Sala Stampa Vaticana ha reso noto che Francesco ha appreso la notizia con gioia, affermando; “Anche se purtroppo sono spesso il male, l’odio, la divisione a fare notizia, c’è un oceano nascosto di bene che cresce e che ci fa sperare nel dialogo, nella conoscenza reciproca, nella possibilità di costruire, insieme ai credenti di altre fedi e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, un mondo di fraternità e di pace”.

Queste parole non possono che far pensare a quanto accade nel Mediterraneo, dove i naufragi e i salvataggi, all’opposto di quanto sostenuto da certa pubblicistica tesa ad eternizzare il passato remoto, non possono che far pensare a una richiesta e offerta di fratellanza vissuta come scelta concreta tra le due sponde del mare comune, quella che molti cattolici chiamano la fratellanza delle numerose Madonne di Porto Salvo, salvo per tutti i marinai, i naufraghi, gli schiavi che vi hanno trovato soccorso nei secoli. Forse è per questo che al termine della cerimonia della processione e della benedizione delle acque, il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, ha parlato di riparazione dei “misfatti omicidi” di questi anni, per “riconciliare tutti noi con il Mediterraneo, mare dell’uomo, di ogni uomo, mare di incontro, di accoglienza, di dialogo, di pace, culla dell’umanesimo solidale”.

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