A un mese esatto dal primo incidente del lanciatore Vega (il cui sviluppo è stato finanziato al 65% dallo Stato italiano) non si hanno ancora novità dalla commissione d’inchiesta che è stata formata a Parigi subito dopo il lancio fallito. A poche ore dall’incidente, il governo italiano aveva emesso una nota ufficiale per esprimere il “pieno supporto ad Avio per conferire continuità alle attività di accesso allo Spazio che rappresentano una capacità strategica per il Paese”. Ora, il governo è entrato in una crisi politica nel corso della quale, si spera, questo tema non venga però accantonato.
IL PUNTO FRANCESE
D’altra parte, oltralpe non sembra fermarsi una strategia di pressione industriale e diplomatica che, con metodi analoghi, si dipana in altri settori della politica e dell’economia. Basta leggere cosa scrive il quotidiano La Tribune del 6 agosto, nell’articolo “Perché Arianespace sta puntando il mercato dei piccoli satelliti”. Ricordiamo che Arianespace è la società francese che vende i servizi di lancio dell’Ariane e del Vega e che, se non ricevesse ogni anno dagli Stati membri dell’Agenzia spaziale europea (Esa) un sussidio di oltre 100 milioni di euro, sarebbe andata in bancarotta più di dieci anni fa. Ma tant’è, alla riunione ministeriale dell’Esa del 2014 gli Stati membri, su impulso franco-tedesco, decisero di investire oltre 8 miliardi di euro nel nuovo Ariane 6 sul quale, si apprende dal suddetto articolo del La Tribune “verrà proposto un servizio innovativo per lanciare le nuove generazioni di piccoli satelliti”. Il futuro Ariane 6, prosegue il quotidiano francese, “dotato del sistema MLS (Multi-Launch-Service) sarà in grado di servire una vasta gamma di piccoli satelliti, dai più piccoli CubeSats sino ai satelliti da svariate centinaia di Kg”. In pratica, l’intera gamma di mercato che sarebbe alla portata del lanciatore Vega. L’articolo continua elencando le prospettive economiche del settore: “Dal 2023 verranno lanciati 8.600 piccoli satelliti decennio, in media 835 ogni anno e le future costellazioni rappresenteranno l’83% dei satelliti da lanciare”.
LO SPAZIO ITALIANO
Nell’articolo, che riporta anche le dichiarazioni del ceo della società Arianespace, il lanciatore Vega non è mai menzionato, e con indubbia finezza si fa sempre riferimento a lanci verso l’orbita geostazionaria (Geo) quella cioè che al momento non è alla portata del lanciatore italiano, che raggiunge le orbite basse (Leo). Peccato che le previsioni della società Euroconsult, che effettua da anni quotate analisi del mercato spaziale, dicano che dal 2017 al 2027 circa 2.700 satelliti, pari all’84% dei 3.200 totali, sarà lanciato su orbite Leo e non Geo, generando un volume di affari di 1,2 miliardi di dollari. Pertanto, al di là della semantica delle parole, appare chiaro che nei piani di Parigi il futuro Ariane 6 dovrà essere un “cavallo da corsa” – come si dice in gergo – per tutte le tipologie di satelliti. Ad esempio, per i satelliti OneWeb che saranno i primi passeggeri del volo inaugurale del nuovo Ariane.
VERSO SATELLITI DI PICCOLE DIMENSIONI
La società statunitense OneWeb prevede di lanciare 648 satelliti per fornire connettività a banda larga ovunque nel mondo, e i primi dieci satelliti della costellazione sono stati costruiti negli impianti di Tolosa, con la produzione che si è poi spostata in una nuova fabbrica in Florida gestita dalla OneWebSatellites, una joint venture fra la società americana e la Airbus Defense and Space, che è anche prime contractor dell’Ariane 6 per conto dell’Esa. Inutile dire che i satelliti OneWeb sarebbero stati passeggeri adatti al Vega, ma Arianespace ha deciso che i primi sei satelliti fossero lanciati a grappolo su un Soyuz russo decollato da Kourou lo scorso febbraio e nel manifesto di lancio di questa costellazione il lanciatore italiano non c’è.
LA CORSA DI SPACEX
Comunque sia, è probabile che il reale obiettivo del messaggio insito nell’articolo de La Tribune non fosse rivolto solo ai confini europei, ma anche oltre oceano.La SpaceX ha annunciato, proprio il 5 agosto, che aggredirà il mercato dei piccoli satelliti offrendo opportunità di lancio sul razzo Falcon 9. Fino ad ora, la società di Elon Musk si è concentrata principalmente sul lancio di satelliti più pesanti, come i Geo, o sui carichi per la Stazione Spaziale Internazionale, ma con il nuovo programma “SmallSatRideshare” offrirà agli operatori di piccoli satelliti più disponibilità e maggiore flessibilità. Al momento, i prezzi di lancio dichiarati dalla SpaceX sembrano vantaggiosi: da 2,5 a 4,5 milioni di dollari per satelliti da 200Kg a 700Kg. Possono apparire cifre costose ma sono in realtà abbastanza competitivi con altri provider di servizi di lancio.
LA COMPETIZIONE GLOBALE
La Rocket Lab, per esempio, vende un piccolo lanciatore dedicato a satelliti di 300-600 Kg e fa pagare fino a 6 milioni di dollari per un lancio. Ma al di là di ciò, la vera competizione commerciale – che la società di Elon Musk punta a dominare – è sulla capacità e sulla flessibilità di portare in orbita più satelliti alla volta per abbattere i costi di lancio e acquisire la fetta più grande del mercato delle costellazioni satellitari. In questo scenario, le prospettive per il lanciatore italiano Vega sono complesse e meritano attenzione politica e una realistica strategia di sviluppo. Due cose che il nostro Paese non dovrebbe demandare agnosticamente al duopolio franco-tedesco che guida l’Esa. Come ripetiamo da vari anni, i lanciatori sono un mezzo – fondamentale per accedere all’orbita – ma non un fine in sé. Se l’accesso allo Spazio è una capacità strategica del Paese – così ha dichiarato il governo solo un mese fa – questa deve dipanarsi attraverso lo sviluppo coordinato di carichi utili strategici per il Paese, e in numero sufficiente a mantenere le linee produttive così da poter anche offrire il lanciatore su opportunità di mercato.
VERSO LA MINISTERIALE ESA
A novembre ci sarà una riunione ministeriale dell’Esa dove il tema dei lanciatori la farà da padrone come in tutte le ultime riunioni di questo tipo. In quell’appuntamento inoltre verrà decisa la nuova mappa dei finanziamenti e dei programmi spaziali europei che il duopolio franco-tedesco vorrebbe affidare a una nuova Agenzia della Ue per lo Spazio i cui contorni sono ancora da definirsi. Ma tornando ai lanciatori, su cui ripetiamo l’Italia ha investito ogni anno sia per Ariane che per Vega più di cento milioni di euro, il punto vero è che il Falcon 9 statunitense è già una realtà: un veicolo riutilizzabile e incrementa il proprio portafoglio ordini ogni mese che passa, mentre l’Ariane 6 non esiste ancora e l’Europa dei lanciatori appare incartata sulla decisione di come andare oltre il proprio orizzonte visuale di breve periodo. Quell’orizzonte dove, se non si pianificano nuovi sistemi satellitari strategici, forse non ci sarà più spazio per due veicoli di lancio, spendibili e tecnologicamente non proprio all’avanguardia, come gli attuali. Il governo italiano, chiunque esso sarà, deve esserne consapevole.