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Sotto la bandiera assai poco. I limiti del taglio dei parlamentari secondo il prof. Celotto

Il taglio dei parlamentari? È essenzialmente un “manifesto politico” di scarso impatto istituzionale.  A dichiararlo in una conversazione con Formiche.net è Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre che spiega perché da solo il dimezzamento della rappresentanza di Camera e Senato, elemento imprescindibile per i grillini per raggiungere un accordo che porti ad un governo giallo-rosso, non ha senso. La riforma costituzionale deve essere più globale. Ecco perché.

Professore, il Movimento 5 Stelle vuole il taglio dei parlamentari subito, e chiede garanzie al Pd su questo punto. Il Pd si è detto disponibile a votare la legge se accompagnata da “garanzie costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare”. Cosa vuol dire?

La questione del taglio dei parlamentari porta in sé un problema politico e uno giuridico. Quello politico è che il Pd fino ad ora a questa riforma arrivata ormai alla quarta e ultima delle letture previste dalla Costituzione per la revisione della stessa Costituzione aveva votato no, essendo all’opposizione, e quindi si trova a cambiare orientamento. Ma c’è profondamente un problema giuridico perché il taglio dei parlamentari secco, così senza alcun altra riforma costituzionale, ha poco senso. Occorre capirne l’incidenza sulla forma di governo.

Ci spieghi meglio…

Il nostro costituente scelse un Parlamento con molti rappresentanti e un bicameralismo perfetto, in quanto serviva un’ampia rappresentanza del pluralismo istituzionale e territoriale italiano. Dimezzare solo i parlamentari ha poco senso. Va accompagnato ad altre garanzie costituzionali. Nel senso che sarebbe più opportuno mettere mano al quadro della forma di governo. Una riforma “bandiera” da sola serve a poco.

Mi faccia qualche esempio

La riforma costituzionale deve essere più globale. Potrebbe essere l’occasione ad esempio di passare ad un monocameralismo, o un bicameralismo differenziato o comunque fare un ragionamento più ampio. Il taglio secco a mio avviso è una misura di vetrina politica che ha poco senso istituzionale perché la Costituzione funziona tutta insieme e come tale va vista. In questa riforma costituzionale ad esempio c’è anche un elemento che non funziona. Sappiamo che il Parlamento ogni sette anni si riunisce in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica integrato come prevede la Costituzione da 58 delegati regionali. Tagliare solo il numero dei parlamentari senza rivedere quello dei delegati regionali, significa far pesare di più i delegati regionali nell’elezione del Capo dello Stato.

Questa misura consentirà un reale risparmio di spesa?

Il risparmio di costi è veramente irrisorio. Sappiamo che abbiamo una spesa pubblica di 800 miliardi e dimezzare i parlamentari ci farebbe risparmiare circa 200 milioni a legislatura. Cioè lo 0,007 per cento della spesa pubblica. Capisco che dire di aver eliminato una parte della cosiddetta “casta” sia una questione politica, ma non è questo il modo di fare le riforme, vanno ragionate.

Il Pd vorrebbe riformare la legge elettorale in senso totalmente proporzionale…

La legge elettorale, trasformando i voti in seggi, è un snodo fondamentale. Per esempio nel cosiddetto Porcellum, il sistema elettorale del 2005 con cui si è votato nel 2006, la coalizione del centrosinistra guidata da Prodi vinse pur avendo avuto meno voti perché incredibilmente con quel sistema elettorale quel numero inferiore di voti portò a più seggi per come erano distribuiti. Noi in Italia abbiamo votato per 40 anni con una legge interamente proporzionale. Fu proprio quando si dovette eleggere l’Assemblea costituente che si scelse il metodo elettorale più semplice per dare a ciascuno la sua rappresentanza. Sappiamo però che negli anni nelle elezioni parlamentari questo tipo di metodo elettorale ha portato a modelli che avevano problemi di governabilità con la frammentazione partitica. Ecco allora che si sono create le correzioni proporzionali nel Mattarellum, nel Porcellum, nell’Italicum e ancora adesso nel Rosatellum. Sono correzioni al proporzionale semplice con pezzi di maggioritario o premi di maggioranza. Sappiamo anche che poi è intervenuta anche la Corte Costituzionale mettendo dei paletti ai premi di maggioranza. Il punto vero è che scegliere il metodo elettorale comporta tutta una serie di conseguenze istituzionali e a mio avviso il metodo proporzionale semplice è probabilmente il più coerente con il nostro sistema costituzionale.

Modificare come vuole il Pd la legge elettorale che impatto avrebbe sulle tempistiche?

Mettere mano alla riforma costituzionale e alla legge elettorale allungherebbe i tempi della legislatura, ma servirebbe anche una maggioranza solida perché sappiamo che scegliere una riforma costituzionale non è mai agevole e d’altra parte i suoi tempi, soprattutto se articolata, sono abbastanza lunghi.

Ci sono tecnicamente i tempi per votare in autunno?

Modificando la legge elettorale e la riforma costituzionale è impensabile votare in autunno, i tempi sono troppo brevi. Quindi se si parte con un nuovo governo che vuole fare anche questi progetti, sicuramente andrà avanti per abbastanza tempo. Tra l’altro si intreccia a questo anche la manovra economica quindi i tempi si dilatano. A questo punto se si fa un governo Pd-5Stelle non vedo un voto in autunno. È possibile invece se non si forma alcun governo e quindi si va direttamente allo scioglimento.

Ci sono altri scenari possibili?

Un altro è quello di un governo di garanzia o del Presidente, che però è un esecutivo con maggioranze politiche diverse a composizione tecnica ed è tutto da vedere.

 

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