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Inferno a Idlib. La Turchia teme nuova ondata di migranti

Una catastrofe umanitaria davanti alla quale la Turchia, questa volta, non solo è pronta a girare la faccia dall’altra parte, ma anche a compiere una virata a 180 gradi rispetto alla politica di accoglienza che la distingue dall’inizio della guerra civile siriana.

Quel che è certo è che la situazione a Idlib, precipita di ora in ora. È passato meno di un anno, dall’accordo di Sochi, ma il perdurare degli attacchi delle forze del presidente Bashar Al-Assad e una mancata soluzione condivisa sul futuro del Paese, stanno dando vita a una tragedia meno seguita dai media, ma che purtroppo, nei numeri e negli effetti, è in linea con gli ultimi, travagliati anni.

Con la differenza che adesso il confine turco non solo è e resta chiuso. Ankara ha edificato oltre 700 chilometri di muro, fortificato, invalicabile, presidiato da droni e da centinaia di soldati. Una porta chiusa davanti alle migliaia di persone che si stanno assiepando sulla frontiera, con il governo della Turchia che sta facendo pressione sulla Russia perché possa intervenire contro le forze lealiste, ma che, di fatto, sul capitolo Siria ha le mani legate ed è dipendente dalle volontà di Mosca e di Teheran.

La Mezzaluna è economicamente devastata dall’emergenza migratoria che ha portato oltre 3 milioni di persone a passare il confine e stabilirsi sul territorio turco, soprattutto a Istanbul e nelle maggiori città del sud-est, in testa Sanliurfa e Gaziantep.

Proprio la megalopoli sul Bosforo è alle prese con una maxi operazione che dovrebbe portare fuori dalla città circa mezzo milione di siriani, ossia quelli che non sono registrati alla municipalità. La deadline, scaduta lo scorso 20 agosto, è stata prorogata al prossimo 31 ottobre, segno che la situazione è molto difficile da gestire, più del previsto.

Migliaia di siriani a Istanbul, infatti, vivono come fantasmi, di espedienti, senza avere diritto alla sanità pubblica, alla scuola e senza nemmeno poter sperare di trovare un lavoro che li regolarizzi. Il risultato sono centinaia di persone per strada, che ormai rappresentano anche un problema per la sicurezza e sono sempre più mal tollerati dalla popolazione. Non è un caso che il neo sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, durante la sua campagna elettorale ha battuto molto su questo punto, accusando il presidente, Recep Tayyip Erdogan, di aver usato la crisi siriana e migratoria in modo utilitaristico e promettendo che avrebbe riportato la situazione sotto controllo.

C’è poi il quartiere di Esenyurt, a Istanbul, che pensa di aver già risolto il problema. In alcune strade, sono comparsi manifesti che annunciavano l’allontanamento dei siriani irregolari, sottolineando che stavano tornando oltre confine. Il colpo di grazia, potrebbe arrivare dalla vicina Grecia. Il governo guidato da Kyriakos Mitsotakis, infatti, ha annunciato che potrebbe cambiare le regole di accoglienza dei rifugiati. Dove, chi non è in regola, potrebbe essere rispedito in Turchia.

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