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Così la Turchia chiede aiuto a Putin per aggirare le sanzioni di Trump

La Turchia e la Russia parlano di nuove sinergie che potrebbero fare innervosire, e non poco, Wanshigton. La notizia è trapelata su alcuni canali Telegram, che non si sono limitati a riportare voci, ma hanno anche postato una prova concreta.

In luglio, Ankara e Mosca hanno parlato dell’ipotesi di fare entrare aziende e investitori turchi nella rete di messaggistica finanziaria della Banca Centrale russa, nato nel 2014 e alternativo al sistema Swift, con il quale vengono fatte la maggior parte delle transazioni a livello globale, con sede a Bruxelles, ma di fatto sotto il controllo degli Stati Uniti per prevenire attacchi informatici. Su Internet è comparso niente meno che il documento del ministero delle Finanze russo di un incontro con il viceministro alle Finanze turco, Bulent Aksu.

Si tratta di un negoziato di non poco conto e non solo dal punto di vista simbolico. Questo ingresso permetterebbe alla Mezzaluna di evitare che possibili sanzioni che Washington potrebbe decidere di comminare come ritorsione per avere acquistato dalla Russia il sistema missilistico di difesa S-400. Molte componenti sono arrivate in Turchia da settimane. La consegna dovrebbe essere ultimata a fine estate, mentre il sistema dovrebbe essere operativo intorno a novembre.

L’assegnazione della commessa a Mosca è suonata agli Usa come una linea da non oltrepassare, quasi un tradimento da parte della Turchia, che rappresenta il secondo esercito numerico della Nato e che è già stata esclusa dal programma F35, i caccia di ultima generazione, la cui costruzione e manutenzione avrebbe dovuto coinvolgere anche contractors turchi destinati a rimanere a bocca asciutta.

Nonostante Ankara abbia cercato di spiegare che i due sistemi di attacco, targato Nato, e di Difesa, targato Russia, possano convivere sul territorio turco, Washington è stata irremovibile.

E adesso potrebbero esserci nuove sanzioni. La Turchia ha confermato gli incontri, ma senza dare dettagli sul loro contenuto. Che potrebbe essere anche più pesante di quello riportato dai siti russi. Da tempo, infatti, Ankara sta cercando di convincere Mosca a operare transazioni nelle rispettive valute locali e non più in dollari.

La Russia negli ultimi anni ha già ridotto in maniera significativa le transazioni in dollari e le riserve nella divisa americana, nel timore che le sanzioni di Washington possano prendere di mira anche gli istituti di credito della Federazione Russa.

Sembra proprio che ora anche la Turchia stia lentamente iniziando a premunirsi, tanto più che la presidenza Trump sembra prediligere misure come sanzioni e dazi commerciali per ricomporre le dispute internazionali.

Mosca e Ankara sono sempre più legate da quello che appare come un’alleanza dettata da convenienza reciproca. Una situazione apparentemente win-win, ma dove la Turchia, sempre più determinata a perseguire un’agenda estera indipendente e da grande potenza, nei fatti rischia l’isolamento dagli alleati storici e di dipendere dalla Russia di Vladimir Putin.

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