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Uomo e intelligenza artificiale possono convivere. La ricetta di Civiltà Cattolica

La crescente capacità che hanno i computer di comprendere e manipolare dati, parole e immagini segna davvero una svolta, che sta sollevando nuove domande sul concetto che ha l’uomo di sé, delle proprie azioni e delle proprie responsabilità.
Ciò, rilevano su La Civiltà Cattolica il direttore padre Antonio Spadaro e il professore e vice president for global engagement presso la Georgetown University Thomas Banchoff, rappresenta una cifra comune nelle tradizioni filosofiche religiose e laiche di Cina e Occidente, che affrontano il tema dai rispettivi punti di vista.

I CAMBIAMENTI IN ATTO

Lo spunto per riflettere su intelligenza artificiale, etica e persona è giunto da un seminario a invito che si è svolto, dal 3 al 5 aprile scorso, presso la Santa Clara University in Silicon Valley, California. Si è trattato di un incontro sponsorizzato dal China Forum for Civilizational Dialogue, istituzione nata dall’impegno comune de La Civiltà Cattolica e della Georgetown University, e dal Pontificio Consiglio della Cultura. Per l’occasione si sono riuniti studiosi provenienti dalla Cina, dagli Stati Uniti e dall’Europa, per esaminare come i grandi cambiamenti in corso stiano ponendo sfide per le tradizioni cristiana e confuciana, come pure per altre tradizioni religiose e secolari, che fanno oggi i conti con l’impatto tecnologico sulle nostre società.

LE QUESTIONI APERTE

Sono diverse le questioni che oggi vengono poste all’uomo dalla modernità. Quali pericoli e quali opportunità comporta l’avvento dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie associate rispetto alla persona umana e alle relazioni interpersonali? (un tema affrontato anche da Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’). E, ancora, i progressi tecnologici intaccheranno la capacità umana di autoriflessione e di libero arbitrio, oppure, all’opposto, potrebbero perfino migliorare quella capacità sotto il profilo pratico? Inoltre, i progressi tecnologici sono una minaccia o, al contrario, un supporto alla capacità degli esseri umani di formare legami profondi e duraturi con gli altri, in famiglia, nel lavoro e in generale nella società? Domande alle quali è oggi difficile rispondere, ma che, appunto, meritano di trovare, nel tempo, una risposta.

L’UNICITÀ DELL’UOMO

La base per questo dibattito, si è convenuto durante il convegno, è che le scelte che oggi vengono compiute possono essere decisive nell’orientare l’IA in una direzione utile a sostenere l’attività umana e non a danneggiarla. Tuttavia, si è sottolineato, andrebbe respinta “la tentazione di abbracciare visioni distopiche o utopiche del futuro”. In sostanza, l’IA e altre tecnologie avanzate, riportano Spadaro e Banchoff, “non possono risolvere tutti i mali della società e non sostituiscono la ricerca religiosa che si trova al centro di grandi tradizioni sia in Cina (confucianesimo, taoismo e buddismo) sia in Occidente”. Questo perché, ad esempio, qualunque sia il percorso futuro dell’IA, “i rapporti faccia a faccia di mutua dipendenza che sono il cuore della tradizione confuciana non spariranno”, mentre “il cristianesimo continuerà a insistere sul potere trascendente di Dio rispetto alla vita e alla morte”. Senza contare che, si legge ancora, sia in una prospettiva cinese, sia in una cristiana, le risorse si possono rimpiazzare con una persona diversa e forse con una macchina, ma le persone non sono sostituibili, perché uniche.

UNA SCELTA POLITICA

Sebbene la cosiddetta ‘singolarità tecnologica’ – quel momento, nello sviluppo di una civiltà, in cui il progresso tecnologico va oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani – sia ancora lontano, il resoconto di Spadaro e Banchoff evidenzia come però, nel frattempo, in “ambiti della vita” come “la famiglia, l’amicizia e la sessualità, così come l’istruzione, le cure e la solidarietà”, tutti settori dove l’IA e l’ubiquità della tecnologia sono presenti, nascono “problemi alle nostre nozioni consolidate sulla persona umana e sulle relazioni interpersonali”. Da qui la conseguenza che l’IA abbia bisogno di limiti, si è detto durante il convegno. Ma “che cosa limitare, e come, è una complessa questione culturale, sociale” e, rimarca l’analisi, “in fin dei conti, politica”.
Per operarla, bisogna essere coscienti della tensione, oggi esistente, tra due modi di pensare riguardo alla tecnologia e all’IA. Una prima prospettiva “concepisce la tecnologia come strumento neutro sotto l’aspetto morale, che può essere usato per il bene o per il male”. Un secondo approccio “concepisce la tecnologia come una parte irriducibile del mondo della vita umana, che condiziona la compresione di noi stessi e del libero arbitrio”. Punti di vista, si rimarca, non incompatibili, ma che necessitano di un adeguato punto di equilibrio.


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