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Nuovi dazi e dossier sensibili (come Taiwan). Continua il confronto Usa-Cina

La situazione tra Cina e Stati Uniti si complica ulteriormente. Ieri, mentre il governo di Pechino rendeva pubblica la propria ritorsione per nuovi dazi americani annunciati settimane fa, il presidente Donald Trump ha rilanciato parlando di ulteriori nuove misure commerciali. Un botta e risposta giocato nelle stesse ore in cui una nave militare della US Navy solcava ancora le acque delle stretto di Taiwan.

Pechino ha fatto sapere che una serie di prodotti americani per il valore di 75 miliardi di dollari (automobili e altri manufatti, ma anche l’importazione di petrolio) sarà sottoposta a nuovi dazi che andranno dal 5 al 10 per cento e partiranno dal primo settembre. E Trump ha ringhiato su Twitter. Una salva di messaggi in cui tra l’altro ha chiesto alle “nostre grandi compagnie americane” di “cominciare immediatamente a trovare una alternativa alla Cina, compreso riportare a casa le aziende”.

Una richiesta complicata, e fuori dai limiti concessi allo Studio Ovale, anche perché è più possibile che le aziende americane, se dovessero lasciare la Cina, sceglieranno il Vietnam più che zone-America-First come la Rust Belt. Ci sono casi in corso di trasferimenti del genere, per esempio la ditta per giocattoli Hasbro, che sta muovendo la produzione verso Cina e India. Tuttavia c’è stata subito la reazione dei mercati: gli indici americani (Dow Jones, Nasdaq e S&P 500) hanno chiuso in calo, perché sentono la pressione delle contingenze del presente e faticano a programmare per il futuro.

La mossa cinese è la risposta alla decisione di inizio agosto con cui la Casa Bianca aveva annunciato che dal 1 settembre su altri 300 miliardi di prodotti importati dalla Cina ci sarebbe stato un aggravio di tariffazioni in ingresso. L’applicazione era stata poi sospesa, con una mossa a cui era stato affidato spin politico — un’apertura a favore dei trade talks — ma in realtà serviva unicamente a evitare ripercussioni sugli approvvigionamenti in corso. Ossia, evitare di far risentire il peso della decisione sugli acquisti natalizi, perché c’è da ricordare sempre che Trump corre per la rielezione del prossimo anno. Sebbene val la pena puntualizzare che la strategia anti-Cina è qualcosa di più profondo e persistente del trumpismo, e difficilmente cambierebbe (se non nei modi) con un democratico alla Casa Bianca.

Il presidente americano nei tweet ha detto anche di essere pronto ad aumentare di altri 5 punti le tariffe su 250 miliardi di import dalla Cina su cui i dazi erano già stati messi al 25 per cento. È stata l’ultima escalation della guerra commerciale in corso, annunciata durante la partenza per il G7 di Biarritz e dunque si tratta anche di un messaggio diretto agli altri Grandi alleati. La situazione di scontro con Pechino ha innescato un rallentamento economico mondiale e partecipa nell’aver portato gli Stati Uniti sull’orlo della recessione; ma per il momento non mostra alcun segno di rapida risoluzione e Trump non è intenzionato a mollare perché in gioco c’è la leadership globale che gli Usa non vogliono perdere.

Quello sul mondo del commercio è solo il terreno in cui il confronto Usa-Cina trova sfogo guerresco, mentre in altri ambiti si procede con attività a intensità minima che però hanno altrettanto valore. Ieri il Pentagono ha diffuso uno statement sul passaggio Fonop (acronimo delle attività con cui la US Navy rivendica la libera navigazione in acque delicate) lungo lo stretto di Taiwan. Le rotte che dividono le due Cine — che Xi Jinping ha promesso di riunire anche con la forza — sono considerate sensibilissime da Pechino, che detesta quella presenza americana. Da notare che la nave che ha navigato davanti Formosa è stata la “USS Green Bay”, mezzo armato da trasporto anfibio a cui la scorsa settimana la Cina aveva negato scalo tecnico a Hong Kong, dove sono in corso da mesi proteste contro il governo del Dragone — Pechino racconta le manifestazioni come ordite dalla Cia. Da ricordare invece che nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno approvato una grossa fornitura militare (F-16) a Taiwan che ha scatenato l’ira cinese.

Nel confronto Usa-Cina sono i dossier laterali a dover essere monitorati. Taiwan o le rivendicazioni sul Mar Cinese, le proteste a Hong Kong e i ban su Huawei, la corsa strategica lungo le rotte globali (come l’Artico) o la Corea del Nord. Pyongyang per esempio sta mostrando in queste settimane segni di nervosismo, testa continuamente armamenti (l’ultimo ieri notte) e manda messaggi muscolari mettendo in stallo la trattativa con Trump. È il dossier, sebbene abbia complessità proprie, non  è esterno alle relazioni Usa-Cina.

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