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Usa e Ue al lavoro per la pax tra Serbia e Kosovo

Sono due le richieste di merito che Ue e Usa rivolgono a Kosovo e Serbia: Pristina sospenda i dazi imposti alla Serbia e Belgrado interrompa la sua campagna di de-riconoscimento contro il Kosovo. In questo modo Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti lavorano da un lato per la pax balcanica e dall’altro puntano a sterilizzare la sacca delle destabilizzazioni esterne in ottica Nato. Nel mezzo le frizioni al confine e la disputa giudiziaria sul caso Morina.

APPELLO

Il puzzle balcanico scomposto e non risolto tra Kosovo e Serbia si risolve iniziando ad andare oltre lo status quo. Ne sono convinti i cinque player che hanno deciso di rivolgere un appello ai due paesi. In primis l’assenza di progressi a causa della faida sulla tratta Pristina-Belgrado ostacola la strategia di allargamento dell’Ue che al momento “non è sostenibile”, come recita la dichiarazione congiunta.

Ma se da un lato però i due governi a parole hanno dichiarato di essere pronti a partecipare ai colloqui, nei fatti permangono ostacoli come la mancata volontà di scendere a compromessi, la rimozione degli ostacoli e come la lontana ripresa delle discussioni.

UE O USA?

Il delta da dove far sfociare in mare questo complesso fiume carsico, secondo i cinque sottoscrittori dell’appello, parte da una strategia di ampio respiro che coinvolga l’intera geopolitica sul costone balcanico. Ma c’è anche chi chiede un passo indietro dell’Ue e due in avanti all’amministrazione Trump, come il Dean B. Pineles ex giudice internazionale presso EULEX dal 2011-13 che invoca apertamente una regia a stelle e strisce.

Sarà interessante a questo punto capire la posizione del neo capo della diplomazia europea, lo spagnolo Josep Borrell, che su alcune questioni di politica estera, come il conflitto israelo-palestinese, ha già avuto modo di chiarire il proprio pensiero. Il successore di Federica Mogherini infatti ha visto convergere sulla propria nomina il favore dei paesi dell’Ue che riconoscono unilateralmente uno stato palestinese (e l’agenzia di stampa spagnola Eeu ha riportato che nello scorso settembre lo stesso Borrell stava lavorando per convincere Madrid a riconoscere la “Palestina” come stato).

NON SI ENTRA

Intanto le tensioni tra i due paesi non cessano. Pochi giorni fa le autorità kosovare hanno respinto al confine l’ingresso di cittadini con passaporto serbo, giustificandosi col fatto che il passaggio di cittadini tra Kosovo e Serbia si può effettuare solo con carte d’identità in base all’accordo Pristina-Belgrado raggiunto a Bruxelles nel 2011 sulla libera circolazione dei cittadini.

Per cui il passaporto non è riconosciuto come documento di viaggio tra i due paesi in base all’accordo di Bruxelles, come sottolineato anche dal ministro degli interni del Kosovo, Ekrem Mustafa. La nuova misura di frontiera interesserà i cittadini della Serbia centrale che viaggiano attraverso il Kosovo in Albania e Montenegro.

TENSIONI

Sul punto si registra la replica del primo ministro serbo Ana Brnabic secondo cui non consentire ai cittadini serbi di entrare in Kosovo con passaporti serbi è stato il miglior indicatore del fatto che il Kosovo “è uno stato quasi con una situazione politica caotica”. Pristina è solo alla ricerca di modi “per molestare i cittadini senza motivo, prendendo provvedimenti antieuropei”, ha aggiunto il direttore dell’Ufficio serbo per il Kosovo Marko Djuric. Intanto un assist diplomatico al Kosovo giunge dalla neonata Macedonia del nord che ha scarcerato l’ex combattente Tomor Morina, tornato così a Pristina per volere della Corte suprema della Macedonia del Nord. Al contempo i giudici hanno deciso che non c’erano motivi legali per la sua estradizione in Serbia. Plaude alla decisione il Ministro degli Esteri del Kosovo, Behgjet Pacolli, dicendosi grato alle autorità nordmacedoni “per la decisione di principio su questo tema e per la collaborazione”.

CRIMINI DI GUERRA?

Come raccontato ai giornalisti dal legale di Morina, Naser Raufi, il suo cliente aveva utilizzato il passaporto del Kosovo per attraversare il confine, poiché il suo passaporto britannico era ancora detenuto dalle autorità della Macedonia settentrionale.

Ma Morina era stato arrestato lo scorso 24 luglio con un mandato serbo mentre stava entrando nel paese dal Kosovo. Il motivo? La procura serba per i crimini di guerra lo sospettava di essere coinvolto in crimini commessi nel 1999 contro civili nella regione kosovara di Djakovica. Ovviamente le autorità serbe hanno protestato. Secondo il ministro serbo della giustizia Nela Kuburovic si tratta di “una grande vergogna per il diritto internazionale, ma è un colpo ancora più grande e una grande tristezza per le famiglie delle vittime, che aspettano da decenni la giustizia per i loro cari”.

twitter@FDepalo



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