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Venezuela, Maduro a caccia delle opposizioni. Ma intanto è crisi umanitaria

Come aveva avvertito Juan Guaidò, il caudillo Nicolas Maduro prova l’ennesima forzatura istituzionale e sguinzaglia la sua Assemblea nazionale costituente (Anc) per rinnovare il Parlamento prima del termine naturale della legislatura, sperando di far fuori la scomoda opposizione in un percorso elettorale che si preannuncia denso di repressione e ostilità.

LA MOSSA DI MADURO

La mossa è stata annunciata da Diosdado Cabello, presidente dell’Anc, l’organo creato nel 2017 dal regime di Maduro, e composto da suoi fedelissimi, con l’obiettivo dichiarato di una riforma costituzionale (mai messa in moto), e quello meno ufficiale di esautorare l’Assemblea nazionale, il parlamento eletto nel 2015 e ancora in mano all’opposizione, “l’ultimo baluardo della democrazia democratica” guidato dall’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò. Era stato lui, domenica, ad avvertire la comunità internazionale su ciò che sarebbe accaduto il giorno seguente: una riunione dell’Anc per sciogliere anticipatamente il Parlamento. Ciò non avverrà direttamente, ma solo attraverso un escamotage che conserva tutti i dubbi di legittimità e democrazia.

UN GRUPPO DI LAVORO

L’Anc ha infatti deciso di creare un gruppo di lavoro che avrà il compito di “valutare, in accordo con la legge, la Costituzione, la situazione politica del nostro paese e attraverso consultazioni con tutti gli organismi, col popolo, con la strada, quando sara’ il miglior momento per celebrare queste elezioni”. Per Cabello “saranno i venezuelani a decidere”, ma nei fatti l’impressione è che la scelta sarà effettuata dai pochi esperti del gruppo di lavoro, tutti vicini al caudillo: i membri dell’Anc Francisco Ameliach Orta, Maria Alejandra Diaz e “per il momento, la persona che vi parla”, ha rimarcato Cabello. Il Parlamento andrà a scadenza naturale alla fine del 2020. L’obiettivo del regime, spiegato da Guaidò, è anticipare i tempi. “L’Anc ha la facoltà di chiamare a elezioni l’Assemblea nazionale quando lo ritiene opportuno; se da questa indagine risulta che si dovranno fare le elezioni quest’anno, si faranno quest’anno”, ha confermato Cabello. Un percorso che agevolerebbe Maduro, il quale può contare ormai su una macchina repressiva ben rodata e strutturata.

LO STALLO E LA REPRESSIONE

D’altra parte, come precondizione a ogni negoziato di pace (ad oggi sospeso) il regime ha posto il veto a discussioni relativa alla presidenza della Repubblica, su cui l’Anc punta ad accentrare ancora più poteri. In più, il Parlamento di Caracas, dove le forze dell’opposizione sono maggioritarie, è stato progressivamente svuotato di funzioni, sin dalla sentenza della Corte suprema (Tsj) del gennaio 2016 che ne decretava l’incostituzionalità in virtù della decisione dell’Assemblea di mantenere nel loro incarico tre deputati dello stato Amazonas sulla cui elezione erano state rilevate presunte irregolarità. E così, l’Anc ha preso il posto del Parlamento, procedendo a legiferare, a nominare i giudici della stessa Tsj e ad autorizzare le indagini nei confronti dei parlamentari. La situazione resta in stallo. La mobilitazione generazione lanciata a fine aprile da Guaidò, pur riscuotendo il supporto di diversi militari, si è rivelata un insuccesso, offrendo altresì a Maduro la possibilità di un ulteriore repulisti dei presunti golpisti, tra cui anche molti esponenti di spicco del Parlamento.

LA MISSIONE ONU

Di sfondo, i caratteri di una crisi estesasi da anni ben al di là dei confini politici, con effetti sociali ed economici disastrosi per la popolazione venezuelana. Su questo si troverà a lavorare anche l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Filippo Grandi, che oggi inizia la sua missione in Cile e Brasile per conoscere “in prima persona” la risposta umanitaria fornita dai due Paesi ai rifugiati venezuelani. I numeri sono drammatici. Secondo i dati diffusi a inizio giugno dall’Unhcr e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), il numero di migranti e rifugiati venezuelani ha raggiunto i quattro milioni. Molti di loro (un 15% destinata a salire anche grazie alle misure per diffondere la conoscenza delle misure di protezione internazionale) chiedono asilo politico.

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