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Trump schiera le truppe a fianco dell’Arabia Saudita. La pressione su Iran prosegue

Le nuove sanzioni americane contro l’Iran non schiacceranno l’economia di Teheran più di quello che non lo già è, ma hanno un valore importante perché potrebbero lavorare sulla popolazione, e tra le altre cose contro l’Instex, ossia il sistema che l’Unione europea ha pensato per mantenere in piedi – al sicuro di altre sanzioni extraterritoriali statunitensi – una linea economica con la Repubblica islamica. Un modo con cui Bruxelles ha cercato di salvare il salvabile del Jcpoa, il patto siglato nel 2015  per congelare il programma nucleare iraniano, da cui a maggio 2018 gli Stati Uniti si sono tirati fuori (dopo averlo fortemente voluto con l’amministrazione Obama), accendendo la lunga miccia della crisi che affrontiamo adesso quasi quotidianamente.

Colpire con misure del Tesoro come quelle annunciate ieri la Banca centrale iraniana e il Fondo sovrano di sviluppo rappresenta “il più alto livello di sanzioni mai applicate a un Paese”, come ha detto Donald Trump, che ha scelto per il momento la via amministrativa e non quella delle armi per regolare i conti con l’attacco contro i due impianti petroliferi sauditi. Un’azione su cui non c’è ancora la parola definitiva ufficiale – e forse non ci sarà mai per evitare di passare al piano armato – ma tutti gli indizi portano all’Iran.

Trump ha detto che questa moderazione “mostra forza” (una risposta istintiva davanti alle critiche di chi sostiene che la sua ambizione di chiudere accordi storici con i nemici dell’America lo porta a mostrarsi debole in situazioni delicate come questa, non usando l’azione cinetica militare), perché in realtà “è tutto pronto”, ha detto il presidente a proposito della possibilità di attacchi di ritorsione, “ma sto cercando di non usarli”. Intanto, dice Trump, “l’economia iraniana sarà un inferno”.

Agire contro la banca centrale Bci e il fondo sovrano ha due scopi. Il primo l’ha spiegato il segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, annunciando le sanzioni pubblicamente: vogliamo colpire la cassaforte usata dai Pasdaran per finanziare Hezbollah e i gruppi armati collegati (tra cui ha citato gli yemeniti Houthi) che sono utilizzati come vettori clandestini per diffondere l’influenza iraniana nella regione mediorientale attraverso soldi e ideologia.

L’altro è meno dichiarato e va a colpire la linea degli aiuti umanitari, i cui fondi sono gestiti dalla Bci, e sono anche quelli su cui Instex ha iniziato a lavorare. Questo secondo ambito ha un valore profondo perché ha lo scopo non esplicito di portare la popolazione sul punto di ribellarsi al regime che la sta riducendo alla fame per perseguire quelle che gli americani chiamano “attività maligne”.

Un dettaglio da non sottovalutare è che le sanzioni contro la Bci sono state promulgate attraverso il Foreign Assets Control (OFAC) del Tesoro sotto la sua autorità anti-terrorismo (collegata all’Executive Order 13224): questo significa che l’amministrazione Trump ha imposto misure piuttosto severe che tenderanno a restare in essere anche con le future amministrazioni, perché per poterle eliminare occorre dimostrare che la banca non è più collegata con certe attività, come per esempio il sostentamento economico delle IRGC, i Guardiani della rivoluzione, il corpo militare teocratico iraniano che mesi fa Washington ha designato come organizzazione terroristica.

“Il regime di Teheran deve essere ritenuto responsabile attraverso l’isolamento diplomatico e la pressione economica”, ha detto il segretario di Stato, Mike Pompeo, commentando le nuove misure che gli esperti valutano più per il loro valore simbolico e politico duraturo, che per l’impatto in termini pratici (dove si limiterà solo le transazioni attualmente in licenza).

Sempre ieri, quasi contemporaneamente, il capo del Pentagono, Mark Esper, ha reso pubblico l’invio imminente (già approvato dalla Casa Bianca) di un nuovo, modesto dispiegamento militare americano in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. I soldati accompagneranno un sistema di difesa aereo – non ci sono dettagli su quale –  e dunque è presumibile pensare che non si tratterà di corpi operativi ma di unità tecniche, come già successo mesi fa.

Rafforzare le difese aeree del Golfo è un’esigenza che s’è resa evidente con l’attacco ai due impianti di una settimana fa, quando lo scudo milionario che i sauditi hanno comprato dagli Usa è stato violate da almeno 20 vettori d’attacco tra droni e missili da crociera. Esper ha specificato che si tratta di una misura di carattere “difensivo” e ha aggiunto, rispondendo a una domanda sulla possibilità di un attacco armato contro l’Iran: “Non siamo a quel punto in questo momento”. Ieri i ribelli yemeniti hanno lanciato una proposta a Riad: fermare gli attacchi reciprocamente. Trump continua a ipotizzare un contatto con Teheran. Il nuovo schieramento militare è poco più che simbolico.

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