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Se il governo aumenta la distanza con il territorio (e il Nord). Parla Bruno Galli (Lega)

Autonomia e cultura non possono diventare un ossimoro. Lo sa bene Stefano Bruno Galli, che alla tutela di entrambe è preposto come assessore alla Regione Lombardia nella giunta Fontana. Se il governo giallorosso dichiarerà guerra all’autonomia, spiega a Formiche.net il leghista, non farà uno sgarbo al Carroccio ma alla Costituzione.

Galli, è un governo contro il Nord?

Sembra piuttosto un governo contro le autonomie. O almeno con un’interpretazione maldestra dell’autonomia regionale e del regionalismo differenziato. Già alle prime uscite pubbliche c’è stata da parte di chi ha in mano la partita una mistificazione dei fatti.

Parla di Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali.

Invece che muovere cautamente i primi passi ha scelto subito la linea di chiusura rispetto a legittime rivendicazioni. L’autonomia è un percorso previsto dalla Costituzione. Se Piero Calamandrei fosse vivo parlerebbe di Costituzione inattuata.

Grillini e dem temono che l’autonomia di cui parla la Lega aumenti le disuguaglianze.

Ripeto, la nostra è una richiesta di assoluta lealtà costituzionale. Si appella a un articolo, il 116 comma 3, che non è mai stato messo in pratica. Peraltro l’istituto si ispira al regionalismo spagnolo che non mi risulta abbia fatto saltare in aria la Spagna post-franchista, anzi. L’intera polemica sull’autonomia si fonda su un presupposto sbagliato.

Quale?

In Italia il regionalismo differenziato esiste già. È quello vigente nel comparto delle regioni a statuto speciale, la Sicilia è diversa dalla Valle d’Aosta che a sua volta si distingue dalla Sardegna e via dicendo. Il comma 3 dell’art. 116 serviva ad applicarlo anche alle regioni a statuto ordinario. La gestione delle diseguaglianze non dipende soltanto dalla normativa.

E da cos’altro?

Le istituzioni camminano sempre sulle gambe degli uomini. Se la Regione Lombardia ha oggi i risultati che tutti conosciamo è anche e soprattutto grazie alla capacità di una classe politica, e in particolare del centrodestra che ha governato gli ultimi anni.

Una sintonia con i giallorossi c’è. La nuova ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli vuole dire un sì convinto alle grandi opere, a iniziare dalla Tav.

Questo è un buon segnale, ora aspettiamo i fatti. Un grande maestro del federalismo come Gianfranco Miglio, che pure aveva una raffinata cultura alpina e ambientalista, diceva che le Alpi dovrebbero essere ridotte a una groviera. Il Nord della penisola deve essere collegato alla sua naturale area di gravitazione, quella mitteleuropea, germanica, francese, per favorire i trasporti, le comunicazioni, lo sviluppo del territorio.

Alla Cultura riparte l’era Franceschini. Sperate sia di discontinuità rispetto ai governi dem?

Spero riparta dal dialogo con le regioni, che nella gestione Bonisoli è spesso venuto a mancare. L’ex ministro dei Cinque Stelle si è dedicato troppo a smontare la riforma Franceschini senza negoziare e parlare con noi assessori alla Cultura. Ora la priorità è individuare i giusti criteri per ripartire la tutela dei beni culturali fra Stato e regioni. La valorizzazione dei beni diventa più efficiente quando è decentrata.

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