Si spera che le dichiarazioni programmatiche, che Giuseppe Conte leggerà in Parlamento, siano meno evanescenti delle Linee di indirizzo programmatico per la formazione del governo che gli attivisti dei 5 Stelle hanno trovato sotto l’albero del loro voto on line. Quei 26 punti, frutto di una prima e comunque faticosa mediazione, sono stati scritti con un inchiostro simpatico, che presto scomparirà di fronte all’incalzare della realtà. Era accaduto con il contratto di governo, con la Lega. Capiterà ancora visto il lungo elenco di desideri, la cui realizzazione richiederebbe un’intera era geologica.
In Parlamento sarà comunque diverso. Conte dovrà presentarsi con un discorso realistico. E non con un lungo elenco di promesse, difficili da mantenere. In quella sede non vi sarà la semplice e scontata adesione degli attivisti al server della Casaleggio Associati, ma un confronto vero con i rappresentanti del popolo. Di tutto il popolo e non con una piccolissima minoranza, qual è la platea dei votanti on Line. In una diversa dimensione di scala che, di per sé, é già elemento distintivo. In quella sede, per essere convincente, il Presidente dovrà ricorrere ad un altro schema: scelte programmatiche – certo – ma soprattutto tempi e risorse necessarie per far fronte agli impegni che vorrà indicare.
C’è quindi una differenza fondamentale tra i due momenti. Sul web le promesse costano nulla. Nelle aule parlamentari ogni parola va pesata. Ogni impegno motivato lungo la scala delle priorità programmatiche. Soprattutto va “coperto” indicando il costo delle singole operazioni e dove reperire le risorse necessarie per trasformare i sogni in realtà. La democrazia quella parlamentare è soprattutto esercizio di responsabilità. Quella diretta, quando va bene, una sorta di plebiscito con cui i capi, veri od occulti che siano, chiamano alla ratifica delle decisioni assunte.
Volendo usare il linguaggio informatico tanto caro ai 5 stelle, in questo secondo caso il modulo è “top down“. Dall’alto verso il basso. Cosa già difficile da realizzare, come si è visto anche in quest’ultima occasione. Il suo opposto “botton up“, per quanto reclamizzato (sono gli attivisti che scrivono le norme) non ha avuto mai attuazione. Ed è difficile che il futuro possa cambiare questo stato di cose. In una democrazia parlamentare, invece, la circolazione di idee è un continuo.
C’è il confronto con l’opposizione. Quindi il ruolo dei media. Il lavoro svolto dalle Autorità indipendenti. Il pluralismo della cultura che non ammette il monolitismo, finora, sperimentato dalla rete. Non è un caso se giornali ed Authority – si pensi alle polemiche contro Banca Italia – sono da tempo nel mirino dei 5 stelle. Non ci si lasci, pertanto, suggestionare dalla circolare effervescenza dei “social”. Fattore potente di partecipazione. L’uso di una rete dedicata, qual é “Russó”, è una cosa completamente diversa. Protetta e controllata come qualsiasi infrastruttura aziendale.
In attesa di conoscere il “vero” programma di governo, che l’opposizione parlamentare vaglierà con certosino impegno, non sono comunque sfuggite, nell’invito rivolto agli attivisti, alcune piccoli accomodamenti. Prendiamo, ad esempio il punto 10: “È necessario inserire, nel primo calendario utile della Camera dei deputati, la riduzione del numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale.” Impegno preciso e circostanziato. L’unico della lista. Per altro limitato solo al “taglio dei parlamentari”. Per il resto, infatti, è solo “giuridichese”.
Il Pd non era d’accordo su questa tempistica. Giustamente i suoi più autorevoli costituzionalisti avevano sottolineato la necessità di un approccio più ragionato. Riduzione del numero dei parlamentari, ma anche nuova legge elettorale, addirittura l’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva, per non parlare dell’opera da compiere sui Regolamenti parlamentari. Insomma, qualcosa che fa a pugni con il carattere assertivo del documento sottoposto al voto.
Il Pd ha forse cambiato (ancora una volta verrebbe da dire) idea? Giuseppe Conte ha voluto, invece, indorare la pillola, comportandosi più da attivista che da personalità super partes, com’è solito ripetere? Lo si vedrà presto, riscontrando le “vere” dichiarazioni programmatiche. Che, a differenza delle promesse sulla rete, sono comunicate di persona, diffuse dai mezzi d’informazione e verbalizzate. Sarà interessante allora verificare per cosa gli attivisti hanno votato. Se era un impegno già definito o un piccolo raggiro. Seppur a fin di bene. Soprattutto dell’attuale catena di comando.