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Il Conte 2 e le contraddizioni della democrazia. L’analisi di Ippolito

La crisi politica apertasi poco più di un mese fa è finalmente giunta a conclusione. Ripercorrerne la fenomenologia non è facile, e forse neanche utile, in questa sede. L’accaduto è però la fine del primo tempo di un film la cui conclusione è rimandata al futuro, ancora tutto da scrivere.

Certamente il governo Conte bis è l’opposto del precedente, sicuramente a guidarlo è la stessa persona, e senza dubbio vi è stata un completo capovolgimento della maggioranza parlamentare. Nella nazione concreta non è tuttavia cambiato nulla: divisi eravamo e divisi restiamo. Il presente è drammatico, perché la situazione nasconde più tragedia di quanto riesca a dissimulare.

Possiamo paragonare l’Italia ad un malato che si accorge che la propria patologia riposa nel suo comportamento fiacco, debole e vizioso. I medici dicono che il problema è il comportamento del paziente. Il paziente pensa invece che il problema derivi da aver perso la propria libertà, la propria autonomia, a causa delle ricette assurde che gli sono state prescritte da esperti incompetenti, avidi e supponenti.

Il paziente siamo noi, il popolo italiano, che ha segnalato un anno fa alle elezioni di voler tentare una strada democratica radicale, di voler autogovernare se stesso, e di volerla fare finita con i tronfi burattinai spregiudicati che tutto sanno e nulla fanno. Lega e 5 Stelle erano questa onda nuova, un vento fresco e impetuoso che era entrato nella casa chiusa della nostra fredda e arida Repubblica. Perciò nacque la maggioranza gialloverde, contraddittoria ma allacciata al senso della volontà popolare.

La folle crisi di quest’estate ha prodotto, invece, una metabasi completa, un ribaltamento drastico, e una restaurazione triste del nostro stato di pazzo lobotomizzato, leggibile nei volti grigi e rassegnati dei ministri giuranti al Quirinale. I grillini abbandonati da Salvini si sono abbandonati, a loro volta, al nemico, divenendo preda della convulsa volontà di potere che domina l’uomo politico in generale, prima ancora della sinistra in particolare.

Lo scontro adesso è aperto, e guiderà l’agenda dei prossimi anni. Da un lato chi vuole che il paziente si liberi dalla camicia di forza imposta da medici incompetenti, dall’altro i medici pronti ad assoggettare alle terapie il paziente, per il suo bene. La buona notizia è che la democrazia non è in discussione. La cattiva è che abbiamo due contraddittorie idee di sovranità popolare, separate da uno spartiacque invalicabile e incolmabile.

O, infatti, la democrazia è il governo del popolo per mezzo del popolo; oppure la democrazia è il governo del potere politico per mezzo degli eletti dal popolo. La destra, dalla fine dell’800, ha accettato solo la prima forma di democrazia. La sinistra, invece, dalle origini giacobine, ha sempre pensato la democrazia come mezzo per giungere ad altro: una tappa per il socialismo, per il progressismo o per l’europeismo del futuro.

Chi sa chi ha ragione. Non è molto importante conoscerlo. È fondamentale però scegliere. Mentre il Pd, FDI e la Lega hanno aderito da tempo al proprio modo opposto di vedere la Repubblica, i 5 Stelle sono partiti neri e sono finiti rossi. D’altronde, tutto può succedere in politica, anche evocare il rischio plebiscitario per sospendere la democrazia riportandola alla finta democrazia delle leggi nazionali e dei trattati internazionali. Di sicuro c’è soltanto che adesso i cittadini hanno davanti una verità cruda, svelata e dicotomica, e sanno esattamente come la pensano coloro che si offrono sui media per carpirgli il consenso.

Oggi tutto, in effetti, si dice in due modi: l’Europa, che può significare una comunità di nazioni o un’autorità sovra statuale; la Repubblica, che può significare l’autogoverno di un popolo o il governo della Costituzione; la sovranità stessa, che può essere quella propria o quella altrui. E anche l’Italia stessa può dirsi in due modi: o la nazione che noi siamo, oppure la nazione che gli altri vogliono che siamo.

Mai ciò che ci divide è stato così profondo, e mai la contrapposizione e il dualismo politico è emerso nella nostra vita con tanta forza e in modo tanto duro e drastico. Su situazioni del genere nessuno può decidere per gli italiani tranne gli italiani che cosa gli italiani vogliono essere. Pensare diversamente, a ben vedere, è aver scelto una certa democrazia o una certa non democrazia che si vuole adottare come significato della democrazia.

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