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Donne e sicurezza informatica. La “Cyber parità” alla Camera con Carfagna e Bonetti

Tra hacker e cyber-attacchi, la rivoluzione digitale offre anche opportunità enormi. La “data economy” vale oggi 60 miliardi di euro in Europa, due bambini su tre faranno lavori che attualmente non esistono e nel mondo mancano 3,5 milioni di professionisti della sicurezza informatica. Eppure, in Italia, le donne che si occupano di queste tematiche sono ancora troppo poche. Ciò rappresenta un limite, considerando il forte legame tra empowerment femminile e crescita economica. È quanto emerso ieri alla Camera durante l’evento “Cyber parità”, promosso dalla vice presidente Mara Carfagna con la partecipazione del ministro delle Pari opportunità Elena Bonetti, nell’ambito del progetto europeo “Women4Cyber” che mira a favorire l’inclusione di genere nel campo della sicurezza informatica.

IL DIBATTITO

Insieme a loro, sono intervenuti Domitilla Benigni, coo di Elettronica e co-fondatrice di Women4Cyber, Nunzia Ciardi, direttore del Servizio di Polizia postale e delle comunicazioni, Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei Rettori delle università italiane e Paola Severino, vice presidente della Luiss. Lanciata lo scorso anno con il patrocinio nella Commissione europea, Women4Cyber è stata formalmente inserita a gennaio di quest’anno nell’ambito della European cyber security organisation (Ecso), partenariato pubblico-privato. Ieri, prima dell’evento a Montecitorio, si è tenuto il primo Consiglio presso la sede romana di Elettronica, ma nel giro di qualche giorno è prevista la trasformazione in Fondazione per dotarsi di una “forma più strutturata”.

IL RUOLO DELLA POLITICA (E DEL GOVERNO)

L’obiettivo dell’iniziativa, ha spiegato la Carfagna, “è incrementare la partecipazione delle donne al settore cyber, un comparto in continua evoluzione e strategico per il futuro del nostro Paese”. Inoltre, ha aggiunto, “è un settore che in un futuro prossimo, neanche troppo lontano, offrirà straordinarie occasioni di empowerment per le donne, con margini di lavoro e di guadagno maggiori rispetto ad altre occupazioni”. Ciò rappresenta un’opportunità per il Paese considerando che “empowerment femminile e crescita sono estremamente connessi: è una questione di sostenibilità e di convenienza, considerando che tutte le stime indicano come il maggior coinvolgimento delle donne determini la crescita delle rispettive economie”. Al momento, ha notato il ministro Bonetti, “i dati ci dicono che abbiamo un problema: il gender gap in tale settore”. Su questo, è arrivato “l’impegno del governo”, promesso dalla Bonetti e dal collega del Miur Lorenzo Fioramonti, intervenuto attraverso un messaggio scritto. “La politica – ha aggiunto la titolare delle Pari opportunità – deve dare risposte per risolvere i problemi”. La prima passa dal “sistema-Paese”, da iniziative (come Women4Cyber) che “mettano insieme tutti”.

I NUMERI…

I limiti dell’attuale coinvolgimento femminile, ma anche le grandi opportunità che ciò comporta, sono manifeste nei numeri. “In generale – ha spiegato Domitilla Benigni – le donne sono purtroppo ancora sotto-rappresentate nelle cosiddette discipline Stem”, acronimo con cui si indica la scienza, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica. “Solo il 28% dei ricercatori in tutto il mondo è donna”, tra l’altro in “discipline che abilitano alle professioni del futuro”. Per questo, ha aggiunto la co-fondatrice di Women4Cyber, “dobbiamo guardare al futuro: e il cyber è il futuro; dobbiamo immaginare e prepararlo per i nostri figli perché, come ricorda l’Onu, il 65% delle donne e dei bambini del futuro saranno impegnati in professioni che oggi non esistono, e molte di queste saranno sicuramente frutto della digitalizzazione”. È la cosiddetta economia dei dati, la ricchezza del nuovo millennio. Già lo scorso anno, nel report “Geopolitica del digitale” realizzato con Ambrosetti, Elettronica notava che il prossimo anno i dati disponibili saranno dieci volte quelli attuali, per un valore della “data economy” che già oggi si attesta sui 60 miliardi di euro in Europa.

…E LE OPPORTUNITÀ

“La digitalizzazione e i rischi e le opportunità collegate al cyber stanno dunque procedendo molto velocemente”, ha rimarcato Benigni. Eppure, “le donne professioniste nel settore cyber a livello globale sono solo il 20%”, sebbene “in grande crescita se si pensa che erano l’11% sei anni”. Il dato lascia dunque trasparire “grande ottimismo”. Difatti, “da qui al 2021 ci saranno globalmente circa 3,5 milioni di posti di lavoro globali non coperti nella cyber-security, mentre entro il 2022, l’Europa dovrà affrontare una carenza di competenze sulla sicurezza informatica di 350mila lavoratori”. E da questo che occorre partire per colmare il doppio gap dell’empowerment femminile e dei pochi professionisti del settore.

IL VALORE DELLA FORMAZIONE

Come fare? “Innanzitutto lavorando sulla formazione, quando alle donne viene data l’opportunità di formarsi riescono ad eccellere”, ha notato Benigni. Difatti, ha aggiunto, “le donne che lavorano nelle professioni cyber hanno per il 52% un titolo universitario di secondo livello, contro il 44% degli uomini”. Numeri che hanno trovato conferma nelle parole di Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei Rettori delle università italiane: “Nella formazione digitale, l’Italia registra un paradosso; se da un lato l’università è sempre più femminile (con il 60% degli iscritti), dall’altro nell’ambito dell’informatica e dell’ingegneria dell’informazione (robotica, elettronica, telecomunicazioni) le donne si attestano al 15%”. Ciò rappresenta “una barriera allo sviluppo del digitale”.

LA PROPOSTA

“Ho depositato alla Camera un disegno di legge che vuole incentivare la partecipazione delle donne, ancora troppo bassa, ai corsi di laurea Stem attraverso il finanziamento di borse di studio per studentesse meritevoli che intendano iscriversi a tali corsi”. Si prevede la creazione di un fondo presso il Miur, denominato Fondo Stem, da cui attingere per esentare dal pagamento delle tasse universitarie le ragazze che abbiano registrato rendimenti più alti alle scuole superiori. Si immagina al momento una dotazione di 100 milioni all’anno: “Non è un costo – ha detto la Carfagna – ma un investimento che incrementerà sicuramente il suo valore”. Si tratta, ha spiegato Paola Severino, “di una proposta importante per uno stimolo concreto”, un primo passo per una legislazione che cerca di rincorrere “un fenomeno che si materializza con rapidità”.

UNA BATTAGLIA CULTURALE

La parola d’ordine, ripetuta da tutti gli intervenuti, è “fare sistema”. Vuol dire mettere insieme le forze, dalla scuola all’università, dalle istituzioni alle aziende (Elettronica ha dato disponibilità a finanziare nuove borse di studio) e partendo dalla politica. Ciò rappresenta ancor più un’urgenza se si considera la donna come “utente delle rete”. Difatti, ha ricordato Nunzia Ciardi, “le donne hanno ormai superato gli uomini per ore di connessione, tenendo conto che la vita reale è ormai totalmente intrecciata con la realtà virtuale”. Eppure, le nuove tecnologie “non sono sempre amiche delle donne, e appaiono sempre più frequenti i ricorsi a hub spia, imposizioni di consegne di password e geolocalizzazioni, tali per cui la tecnologia diventa strumento di sopraffazione e di controllo senza limiti, in alcuni casi peggiore di quello fisico”. Per non parlare poi degli insulti e degli appellativi, “sempre con declinazione di genere”, a cui le donne incorrono sui social network. Ciò impone “una battaglia – ha rimarcato il direttore della Polizia postale – che non si vince solo con la repressione; è una battaglia culturale”. Anche per questo, ha aggiunto concludendo, “sono apprezzabili le iniziative che favoriscono l’ingresso delle donne nel mondo della cyber-security, poiché permettono di guardare alla sicurezza in un’ottica più femminile”.

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