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CdB (con Rep) e Salvini. La strana coppia che non ama il governo giallorosso

Un ribaltone nel ribaltone, forse ancora più clamoroso. Il governo giallorosso è stato appena deposto nella culla e già Repubblica è pronta a soffocarlo. Però lancia in prima pagina la protesta della piazza sovranista capitanata da Matteo Salvini, con ampio spazio per il ritorno del leghista alla guida della marea “più a destra che ci sia”, circondato da “una folla rumorosa in tripudio”. Ma andiamo per ordine.

Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è una furia contro il Conte due. Anzi, proprio contro Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio che piace a moderati e cattolici di sinistra che nel quotidiano romano hanno sempre trovato un punto di riferimento. Contrordine, compagni! Un fondo di Francesco Merlo fa letteralmente a pezzi il discorso alla Camera del fu avvocato del popolo. Oggi, si legge in apertura, sembra più Alfred, “il maggiordomo di Batman che gli prepara i costumi e lo aiuta ad attrezzare la grande caverna sotterranea”. L’ora e mezzo di “bollettino di servizio” non ha convinto il giornale di punta del gruppo Gedi. Il retto tono e la pochette a quattro punte fanno di Conte, affonda Merlo senza pietà, una di quelle “formichine che rianimano le ombre del passato che gli italiani spaventati stanno inseguendo”.

Un bilancio spietato che niente è a confronto di quello tracciato da Carlo De Benedetti, ormai ex patron di Repubblica ma ancora eminenza grigia del quotidiano su cui vanta un’influenza pari se non superiore al fondatore. Ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7 l’imprenditore ha messo nel mirino tutti, ma proprio tutti i giallorossi, bocciando sonoramente il nuovo governo. A Conte va il premio del “trasformismo”, Renzi si aggiudica quello della “falsità”, Di Maio per “la maggiore incompetenza”. Il professore tornato a palazzo Chigi altro non è se non “un manager della politica, una cosa imbarazzante”.

Meglio le urne, dice De Benedetti accodandosi alla piazza. Così, è sicuro, “non avremmo più parlato di Salvini, e invece ce lo troveremo ancora tra i piedi”. Di questo sembra certa anche la redazione del suo (ex) giornale, che descrive il leghista come un leader tutt’altro che fuori dai giochi, lui sì che sa “che tasti suonare per accendere la folla”. È l’esito paradossale di questa pazza crisi d’agosto che ha confuso le idee anche al mondo editoriale. La stampa di destra, Vittorio Feltri su tutti, tira le orecchie a Salvini per il madornale errore di una rottura prematura e avventata (dopo averla auspicata e invocata per mesi), Repubblica segue Salvini in piazza e, non senza sottolineare la presenza di “saluti romani e teste rasate”, conclude: “l’effetto assedio sotto la Camera dei deputati è perfettamente riuscito”.

Dietro il vetriolo c’è un velato, involontario occhiolino al “capitano”? Difficile dirlo ma la prima pagina del quotidiano sembra confermare che d’ora in poi il mirino sarà puntato sulla testa dei giallorossi e non più dei verdi. Per anni il centrodestra berlusconiano ha preso in giro il giornale che fu di Scalfari per gli sfortunati endorsement di volta in volta rivolti al leader di turno della sinistra prima che uscisse bruscamente dalla scena politica. Che ora sia Salvini a dover toccare ferro?

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