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Il decreto Clima è pronto. Ma scatena malumori nella maggioranza

Il decreto Clima è pronto. E proprio su quello che dovrà essere il cuore del ‘Green new deal’ del nostro Paese si sono accesi i primi malumori nella maggioranza; da un lato i renziani che non sarebbero d’accordo su alcuni punti (ma anche qualche dissenso in casa M5s non è mancato), dall’altro è arrivato il nodo delle ‘mancate’ coperture. Insomma, sembrava tutto apparecchiato per veder atterrare il decreto sul tavolo del consiglio dei ministri e invece bisogna registrare una battuta d’arresto. Rimandato, ma non di molto. Cosa che ha spinto i tecnici a ritornare subito al lavoro e rivedere il testo (l’ipotesi è di usare le aste verdi, derivanti dal mercato dello scambio di quote di emissioni di CO2, per le necessarie coperture). Senza contare che al momento si starebbe valutando anche l’opportunità della stessa decretazione d’urgenza, cosa che – nella lettura di molti – acquisterebbe un valore oltre che di forma anche di sostanza, vista la via preferenziale in Parlamento che altrimenti andrebbe smarrita.

Nel provvedimento in effetti si parla la lingua della sostenibilità, almeno nelle dichiarazioni di intenti dal momento che si punta al taglio dei sussidi ambientalmente dannosi, un vero e proprio agognato miraggio per la decarbonizzazione dell’economia. Per l’Italia potrebbe essere la rivoluzione verde più volte declinata dal premier Giuseppe Conte nel discorso sulla fiducia.

Il decreto dovrebbe rappresentare nell’immediato anche un punto fermo da rimarcare a livello internazionale in vista del prossimo vertice delle Nazioni Unite tra pochi giorni a New York; senza contare poi le aspettative che un’Europa targata Ursula ha posto molto in alto affidando, per esempio, al prossimo commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni la responsabilità di mettere a punto una carbon tax.

Il decreto – sul contrasto ai cambiamenti climatici e la promozione dell’economia verde – conta quattro capi e contempla 14 articoli. Anima del provvedimento è lo stop progressivo ai sussidi alle fonti fossili (che oggi valgono quasi 17 miliardi) insieme con il bonus di 2mila euro per la rottamazione delle vecchie auto. Si tratta però di misure che devono essere incorporate già nella prossima nella Legge di Bilancio. La progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi per il Catalogo messo a punto dal ministero valgono oggi 16,7 miliardi. Si comincerebbe con un taglio di almeno il 10% già dal 2020 fino al loro annullamento entro il 2040. Una misura che – viene spiegato – dovrà trovare spazio nella Legge di Bilancio, e che determinerà “un aumento del gettito tributario con effetti positivi per i conti pubblici”.

Le risorse recuperate dallo Stato andranno in un Fondo ad hoc al ministero dell’Economia (per il 50%) per finanziare “innovazione, tecnologie, modelli di produzione e consumo sostenibili”. Nella parte dedicata ai trasporti si parla di un programma di incentivazione del trasporto sostenibile: un bonus fiscale da 2mila euro (da utilizzare entro i successivi cinque anni per abbonamenti al trasporto pubblico locale, con servizi di sharing mobility per veicoli elettrici o a zero emissioni) per i cittadini che risiedono nelle città metropolitane inquinate, in zone che ricadono sotto procedura di infrazione comunitaria, e che rottamano autovetture fino alla classe Euro 4; altri incentivi riguardano il servizio di scuolabus ecosostenibile per gli asili e le scuole elementari e medie sempre per le città più inquinate.

Lotta ai cambiamenti climatici e miglioramento della qualità dell’aria diventeranno argomenti propri di Palazzo Chigi, dove sarà istituita una piattaforma ad hoc con il compito di redigere un Programma nazionale per la riduzione dell’inquinamento atmosferico, sugli investimenti sulla mobilità sostenibile e l’abbandono delle fonti fossili di produzione di energia, studiare gli impatti positivi occupazionali, sanitari ed economici derivanti da una riduzione delle emissioni. I parchi nazionali, e il loro territorio, vengono istituiti come “zone economiche ambientali a regime economico speciale”.

Mentre per l’economia circolare c’è una spinta con un maxi-sconto del 20% (per tre anni) sui prodotti alla ‘spina’, per evitare gli imballaggi delle confezioni di alimentari e detergenti. Il testo lascia uno spazio in bianco (sotto il titolo ‘cessazione della qualifica di rifiuto’) per la predisposizione della norma sull’end of waste, ovvero le regole sul fine vita dei rifiuti che riguardano la filiera industriale dell’economia circolare, e che serviranno a sbloccare l’impasse di molte imprese che le aspettano da tempo per capire cosa (e come) possono recuperare e riciclare.

“Con il decreto legge sul Clima – ha osservato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – l’ambiente torna finalmente a tessere l’azione di governo e ad occupare un ruolo centrale nel dibattito politico. Si tratta di un provvedimento corposo, che proprio per questo richiede la massima condivisione, solo così può funzionare. Stiamo quindi lavorando in un clima di grande confronto. Sono convinto che sapremo trovare la giusta sintesi per rendere finalmente effettive tutte le misure in grado di mettere in moto il tanto auspicato ‘Green new deal’, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell’ambiente nel nostro sistema costituzionale”.


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