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Di Battista a corrente alternata. Il commento di Giacalone

È la vecchia, inesorabile legge dello Zu Tano. I 5 Stelle hanno fatto in fretta a scoprire il bello delle correnti: si possono tenere i piedi in due scarpe, senza escludere di tenerli in tre. Si fa il governo con la Lega, però no, non ne condividiamo né toni né contenuti. Si fa quello con il Pd, però che diamine, continuano a repellerci. In entrambe i casi ricambiati. L’inesorabile legge piega anche la mitica piattaforma, quella grazie alla quale è il delegante e non il delegato a decidere, come spiegato in un saggio del proprietario (Casaleggio), che aveva le proprietà delle nuvole basse e scure non generanti pioggia: si boccheggia e si resta come con lo starnuto che non arriva.

I militanti, a dire il vero, non avevano voluto il governo con il Pd, come non avevano voluto quello con la Lega, ma avevano entusiasticamente approvato l’operato del proprio gruppo dirigente, come accadeva in un vecchio partito terzinternazionalista. All’epoca del voto Alessandro Di Battista fischiettò altrove. Nato il governo dice quel che è scontato, ma che se gli fosse stato attribuito allora avrebbe gridato ai pennivendoli: “Sono sempre stato contrario a un governo con il Pd”.

Ai militanti non fu chiesto nulla circa il voto europeo sulla nuova presidenza della Commissione europea, ma neanche si ricordano voci pentastellate che puntavano sulla bocciatura dell’odierna presidentessa. Dice ora Di Battista che quelli dell’Europa: “in cambio di un po’ di elasticità ci chiederanno le ultime chiavi di cosa rimane”. Che, al netto della prosa latinoamericana, è quel che sostiene Salvini, che gli stava in uggia quando era pappa e ciccia con Di Maio. Le correnti a questo servono: stare da una parte restando anche dall’altra.

Quando i partiti erano una cosa seria assai raramente le correnti rompevano l’unità, ma fluidificavano il riciclo delle posizioni. Da quando sono diventati contenitori d’egolatrie mal riposte capita spesso che producano scissioni: della corrente di minoranza o della maggioranza degli elettori.

U Zu Tano ce lo diceva. Nella callara panormense andavamo, marinando la scuola, nel sotterraneo da lui gestito, ove aveva allestito una sala biliardo. Teneva per sé un ruolo educativo, sorvegliava e colpiva con una bacchetta quelli che appoggiavano la chiappa o commettevano altre scorrettezze: a imparare il gioco ci vuole tempo e intelligenza, a imparare il vizio ci vuole nenti. Imparare a governare e legiferare è noioso. Atteggiarsi a leader è gioioso. Giocare alle correnti è goloso.


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