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Di Maio agli Esteri? Faccia il frequent flyer. Il suggerimento dell’Ispi

“I consigli, soprattutto non richiesti, trasudano sempre un po’ di presunzione: ma è proprio per dare consigli (possibilmente sensati e realistici) che sono nati un secolo fa i think tank e non vogliamo sottrarci alla nostra missione, pur consapevoli di questo rischio”. Paolo Magri dirige l’Ispi con garbo, professionalità e profonda preparazione – e soprattutto senza troppe antipatie per il M5S – per questo il dossier repentinamente preparato dal centro di pensiero più importante in Italia per aiutare il neo-ministro degli Esteri, il leader grillino Luigi Di Maio, diventa di particolare interesse.

“L’auspicio è che il nuovo ministro si concentri sulle priorità irrinunciabili che sottolineiamo nei 5 memo che seguono (Europa, migrazioni, relazioni Usa-Cina, Russia, Libia) e riporti su questi temi una voce forte (e chiara) dell’Italia dopo gli ultimi 15 mesi di silenzio assordante”, questo è il punto di partenza per Magri. Non sono molti i dossier dove l’Italia può dire la sua, dunque occorre seguirli nel miglior modo possibile: “Poco è bello”.

Secondo consiglio, faccia il “frequent flyer”: i ministri degli Esteri che “hanno fatto la differenza”, dice Magri, “viaggiavano, incontravano, tessevano alleanze” e poco stavano alla Farnesina: “Per la gestione interna della Casa e della rete davano fiducia (selettiva, ovvio) alle competenze dei nostri diplomatici, una delle poche eccellenze della nostra amministrazione pubblica”.

Di più: per il direttore dell’Ispi, Di Maio dovrà tenere “il più possibile le dinamiche di partito e soprattutto la politica online lontane dal suo nuovo ruolo. Nessun interlocutore gli darebbe alcun conto se venisse anche solo sfiorato dal dubbio che ciò che discute con lui diverrà poi oggetto di un qualche sondaggio online”. Altro passaggio sull’interesse nazionale. L’invito di Magri: sia la bussola della politica estera. Con però una aggiunta: “di lungo periodo”. “La difesa dell’interesse nazionale di breve giustifica le rotture clamorose e plateali (con l’Europa, la Francia) e ci lascia i cocci da gestire. Quella dell’interesse di lungo ispira al dialogo e alle ricerca di alleanze (facendo anche accettare qualche sacrificio, se necessario)”.

I cinque dossier, allora, tutti con un very kind “Signor ministro” iniziale (very kind vuole dire molto gentile, Signor Ministro: si scherza, come fa Magri stesso, sulle limitate competenze linguistiche di Di Maio, da risolvere “ma senza eccessivi turbamenti”).

Si parte da del vicepresidente dell’Istituto, Franco Bruni, che parla di Europa: “A Bruxelles hanno temuto il peggio, quando l’Italia ha minacciato grave indisciplina della finanza pubblica, quando ha adottato accenti euroscettici, quando ha dato l’impressione di voler mutare la collocazione della politica estera, quando ha rischiato di acuire l’instabilità politica rompendo la maggioranza di governo”.

Segue l’Immigrazione, a cura di Matteo Villa: “È uno degli argomenti più delicati per il governo entrante, quello su cui possiamo attenderci la necessità di un maggiore periodo di assestamento, date anche alcune divergenze tra i due principali partiti di maggioranza. Ma è un tema che c’è e rimarrà, sul quale sarà inevitabile arrivare a un punto di caduta, che potrebbe anche rappresentare un’opportunità: quella di passare dalla tattica alla strategia”.

E ancora le relazioni Usa-Cina curate da Lucia Tajoli del Politecnico di Milano, altro argomento centralissimo: “Come sa, il commercio internazionale ha sempre avuto un ruolo fondamentale per l’economia italiana, sia dal lato delle esportazioni, che hanno fatto da traino al sistema produttivo in molte occasioni anche recenti, sia dal lato delle importazioni, indispensabili in un’economia priva di materie prime e con poche materie energetiche come la nostra, che deve quindi rimanere aperta”.

Poi la Russia, con il pensiero di Giancarlo Aragona, ex ambasciatore a Mosca: “Il dossier Russia in Italia è sempre stato delicato perché il tema delle relazioni con Mosca ha avuto, nelle successive fasi e per ragioni diverse, forti ricadute di politica interna.”

Per chiudere con la Libia, con firma di uno dei massimi esperti internazionali sul dossier, Arturo Varvelli: “Continuerà a rappresentare una priorità ineludibile nell’agenda di politica estera del nuovo governo. Questa condizione è imposta dalla portata degli interessi che ci legano a quel Paese”.

 

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