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Sovranisti in piazza. Moderati alla finestra. Il centro si separa dalla destra

L’appuntamento è lunedì mattina, alle 11, a piazza Montecitorio. Lì si ritroveranno i militanti di Fratelli d’Italia e Lega per dire no al governo giallorosso e sì alle elezioni, il giorno del battesimo di fuoco, con il premier incaricato Giuseppe Conte a chiedere la fiducia dell’Aula. Sembrava sfumato il piano di una manifestazione a braccetto fra sovranisti italiani. Per settimane Matteo Salvini ha snobbato gli appelli di Giorgia Meloni, preferendo Pontida ai vicoli del centro storico.

All’ultimo l’adesione, un segnale di distensione dopo mesi di grande gelo. Mancherà invece Forza Italia, la gamba moderata e liberale del centrodestra che fu. E che potrebbe ancora essere, se solo gli ex alleati accantonassero dubbi e sospetti per andare all’incasso alle regionali. Emilia Romagna, Umbria, Calabria, un all-in può davvero mettere in difficoltà la già pericolante alleanza fra dem e grillini. A confermarlo sono i diretti protagonisti, che a pochi giorni dal giuramento al Quirinale già si profondono in accorati appelli all’unità per strappare alle opposizioni le regioni.

Una tabella di marcia comune c’è. Ma al ritorno del centrodestra che si è presentato compatto alle politiche del 2018 sono in pochi a crederci. La distanza che separa il fronte è già nelle istantanee dei primi giorni insieme all’opposizione. Salvini e Meloni in piazza, Silvio Berlusconi nelle retrovie. Lo scetticismo del leader è quello di tutti gli azzurri (Toti escluso). Trattati con sufficienza dal leghista per quattordici mesi di governo, ora sono tornati ago della bilancia e pretendono pari dignità. La stessa che il Cavaliere accordava al Carroccio salviniano quando arrancava intorno al 4%.

In un’intervista al Giornale il patron di Mediaset spara a zero su Salvini, “a volte appare davvero incomprensibile”. Gli elettori dell’altra Italia che Berlusconi vuole ripescare dal calderone dell’astensione “non vogliono slogan, selfie, insulti e battute”. Ci mettono il carico da 100 i colonnelli azzurri. Da Giovinazzo Antonio Tajani ricorda che l’opposizione si fa in Parlamento e non in piazza, “inutile adesso sventolare bandiere”. Così anche Maria Stella Gelmini, che tira le orecchie al leghista ora che è all’angolo: “non accettiamo diktat da nessuno, il centrodestra lo abbiamo inventato noi”.

Il clima parla da sé. E l’impressione è che i tre leader del fu centrodestra siano costretti a recitare una parte in cui credono poco. Salvini ha dato il via libera ai suoi per sparare a zero sui giallorossi. Eppure a un osservatore attento non sarà sfuggito che il leghista mette quasi sempre nel mirino i dem e il premier Conte. Luigi Di Maio e “gli amici dei Cinque Stelle” ricevono buffetti, non molto più. L’ex vicepremier continua a tenere aperto il doppio forno, e manda messaggi in codice al Movimento, che vorrebbe “de-contizzato”, come le disperate trattative fra leghisti e grillini nelle ultime ore di crisi hanno dimostrato.

Berlusconi vorrebbe invece vestire ancora una volta i panni del padre nobile. Parla a un’altra Italia che, ammesso ci sia, non si è ancora fatta avanti e non è detto guardi a formule vecchie e già provate. In mezzo rimane la Meloni, con il vento in poppa nei sondaggi ma senza la certezza che Salvini sarà il vero compagno di strada per portare avanti l’esperimento sovranista. Avanti tutta in piazza, quindi. Senza farsi troppe illusioni.

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