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Perché il Nord Stream è una questione strategica esistenziale per gli Usa?

Parlando il 3 settembre dal palco dell’Hudson Institute di Washington, il senatore conservatore ex contender presidenziale Ted Cruz ci è andato giù pesante sul Nord Stream 2. Secondo lui, gli Stati Uniti hanno ancora il potere per bloccare le fasi costruttive finali della pipeline che porterà il gas naturale russo in Europa attraverso il Baltico con sbocco diretto in Germania. Mille e più chilometri di infrastruttura che secondo Washington metterà in crisi il quadro di sicurezza sull’approvvigionamento energetico europeo, aumentando la dipendenza diretta dalla Russia. Ma c’è ancora di più, vedremo.

Secondo Cruz, nonostante il consorzio europeo incaricato dei lavori abbia completato più o meno il settanta per cento dell’opera, gli Usa hanno ancora margini per complicare la realizzazione di un progetto considerato ostile. Sanzionare le navi  delle compagnie che lavoreranno alla posa delle tubazioni sottomarine. A questo pensa la Commissione Affari Esteri del Senato, di cui Cruz è membro della maggioranza repubblicana. Il Committee a luglio ha già avviato l’iter per una legge apposita, che porta la firma del senatore texano. Il provvedimento ha ricevuto maggioranza interna bipartisan (voti: 20 a 2), ma il disegno di legge per imporre sanzioni su Nord Stream 2 deve ancora essere approvato da entrambe le camere del Congresso per diventare definitivo, e per il momento non è calendarizzato per il ritorno dallo stop estivo previsto nei prossimi giorni.

Ci sono solo cinque società al mondo in grado di posare condotte in acque profonde, ha spiegato Cruz, e questo significa che lasceremo la Russia quasi senza nessuna opzione se il disegno di legge dovesse venire approvato. “Se sei preoccupato per l’avventurismo militare di [presidente russo Vladimir] Putin, la cosa migliore che puoi fare è privarlo delle risorse per alimentare quell’aggressione militare”, argomenta Cruz che rende palese ancora una volta come la grande questione russa sia un elemento di ampio dibattito interno tra gli apparati statunitensi.

Se da un lato la Casa Bianca è più aperta su un avvicinamento strategico alla Russia con lo scopo di bloccare quello già in corso dell’Orso alla Cina, il Congresso — e soprattutto al Senato — è uno di quegli apparati (il più potente e più ideologico) con visioni classicheggianti su Mosca: minaccia, rivale, competitor, sostanziale contrarietà. La decisione americana su cosa fare con la Russia è in senso assoluto il dilemma vero delle relazioni internazionali uscito dalla Guerra Fredda, che adesso sta diventando questione corrente e stringente per via anche dello spin politico e comunicativo con cui russi e cinesi sottolineano i contatti reciproci in corso a ritmi mai visto negli ultimi quarant’anni.

Il presidente Donald Trump sul Nord Stream ha avuto però un approccio più lineare, per esempio ha consigliato di abbandonarlo alla Germania e di acquistare gas naturale liquefatto negli Stati Uniti — cosa che per altro andrebbe a beneficio dello stato di origine di Cruz, dato che il Texas è il maggiore produttore di gas naturale del paese.

Ma c’è di più. Trump ha usato l’opera spesso come chiave per criticare Berlino, partner che porta avanti con stanchezza l’alleanza con gli Stati Uniti, che da anni hanno iniziato a chiedere ai tedeschi maggiore coinvolgimento negli affari globali. Per Washington, la prima economia europea potrebbe contribuire maggiormente alla ridistribuzione dei pesi nel blocco transatlantico, mentre la Germania è vista come interessata unicamente all’egemonizzazione economica europea — concetto, creare egemonie regionali, non accettato dalle dottrine strategiche americane col timore che dal piano economico si passi a quello politico.

Il raddoppiamento del gasdotto Nord Stream progettato da Berlino con Mosca rappresenta uno step ulteriore in questo quadro: la possibilità che si crei un collegamento fisico tra Russia e Germania dal valore geopolitico che creerebbe un ipotetico presupposto per un allineamento iper-competitivo per gli Usa tra i due blocchi dell’Eurasia, timore strategico per Washington. Il presidente Usa già aveva attaccato la Germania nel 2018 accusandola di essere “totalmente dipendente” dalla Germania.

Val la pena ricordare che due guerre mondiali e una guerra fredda sostenute da Washington hanno avuto come ragione intima evitare che tedeschi o russi, o una concordanza di interessi russo-tedeschi, diventasse egemone nel continente europeo. Con la Germania gli Usa hanno qualcosa di primordiale, legato anche all’etnia (i tedeschi sono il primo ceppo etnico negli Stati Uniti, da cui proviene lo stesso Frederich Trumpf, nonno del presidente), e temono che i collegamento tramite il gas con Mosca possa portare Berlino a trasformare la propria gigantesca sfera di influenza economica in geopolitica.



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