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Australia, Giappone e Taiwan con i manifestanti di Hong Kong. E l’Italia?

Un poliziotto in borghese a Hong Kong ha puntato una pistola contro i manifestanti, poi ha sparato alcuni colpi in aria.

Un episodio marginale ancora, ma segno di come le tensioni salgono. I cannoni ad acqua delle camionette hanno lanciato i traccianti indelebili blu con cui rendere riconoscibili coloro che erano in strada per questo ennesimo weekend di proteste. Gas lacrimogeni sparati ad alzo zero dalle autorità mentre i manifestanti lanciavano molotov e mattoni. Scontri che anticipano di pochi giorni le celebrazioni per il 70esimo anniversario della Repubblica popolare cinese (previsto per il primo di ottobre).

Le dimostrazioni odierne non sono state autorizzate, ma migliaia di persone hanno marciato lo stesso nel quartiere dello shopping di Hong Kong. È stato il 17esimo fine settimana consecutivo di manifestazioni pacifiche su larga scala, che però si alternano con sempre più assiduità a disordini e violenti scontri con la polizia.

È quello che è successo oggi: persone di tutte le età in strada, poi la situazione è degenerata, così come era successo sabato. C’erano stati raduni, ufficialmente per celebrare i cinque anni dall’inizio del movimento per la democrazia che nel 2014 aveva bloccato l’ex colonia britannica, ma anche le proteste di ieri si sono concluse con un’aggressione contro gli edifici governativi e la polizia ha usato cannoni ad acqua sugli attivisti.

Martedì, il presidente cinese, Xi Jinping, supervisionerà una parata militare per la Giornata Nazionale a Pechino, con circa 15ma uomini, oltre 160 aerei e 580 attrezzature di vario genere. Anche la leader di Hong Kong, Carrie Lam, si recherà a Pechino già lunedì per prendere parte alla cerimonia attorno cui Xi ha voluto costruire l’aurea da grande potenza globale, con i festeggiamenti per l’anniversario che si presentano al mondo come uno show muscolare di armamenti. Prima Lam terrà incontri con funzionari sulla situazione nel Porto Profumato. Uno dei crucci del Partito comunista è evitare che i disordini finiscano per oscurare le celebrazioni di Pechino.

Quello che sta succedendo diventa uno degli argomenti di politica estera che in Italia possono alimentare lo scontro interno: “Non una parola del neo-ministro degli Esteri Di Maio sulla repressione cinese ad Hong Kong. Sarà ancora debitore della photo opportunity che Xi ha concesso nella sua visita, mentre l’Italia, siglando il memorandum, si rendeva stato vassallo della Repubblica Popolare Cinese? La lotta del popolo di Hong Kong è per la libertà contro la dittatura comunista”, ha dichiarato il deputato di FdI Federico Mollicone, esprimendo “solidarietà ai manifestanti”.

In altri paesi la questione hongkonghese è stata sostenuta con manifestazioni pro-democrazia, a cominciare da Taiwan, dove migliaia di persone sono scese in piazza in solidarietà con la protesta pro-democrazia di Hong Kong, a cui si sono aggiunte Giappone e Australia, per la Giornata globale contro il totalitarismo, che prevede marce in una sessantina di città tutto il mondo, anche per denunciare la “tirannia cinese”. “Noi sosteniamo Hong Kong, difendiamo la democrazia, Taiwan ed Hong Kong hanno gli stessi obiettivi e gli stessi valori condivisi”, ha dichiarato Cho Jung-tai, presidente del partito di governo, il Partito democratico progressista, prima della marcia. Gli organizzatori parlano di 100mila partecipanti. Una manifestazione minore c’è stata ieri anche a Milano, ma hanno partecipato solo poche decine di persone.

(Foto: Twitter, @mingpaocom)

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