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Il week end più lungo di Hong Kong. Pechino invoca lo stato d’emergenza

Dopo una delle più violente giornate dall’inizio delle proteste, i manifestanti pro-democrazia di Hong Kong sono tornati in strada oggi, concentrandosi (come fatto due settimane fa) sull’aeroporto internazionale. Lo scalo, uno dei più grandi del mondo (interdetto ai manifestanti dopo che una precedente protesta a metà agosto aveva fatto bloccare migliaia di voli), è stato occupato e all’interno sono state create delle barricate utilizzando i carrelli portabagagli.

All’esterno ringhia, pronta al blitz, la polizia antisommossa cinese, recentemente rafforzata di nuove unità (che Pechino dichiara essere parte di uno rotazione di routine nella guarnigione locale). Intanto sono stati bloccati i treni per l’aeroporto, ingorghi stradali circondano l’area.

“Fight for freedom!” hanno urlato le decine e decine di manifestanti che hanno forzato i blocchi d’ingresso della struttura. Portare le dimostrazioni fino all’aeroporto serve per attirare l’attenzione e alzarla attorno a un’infrastruttura dal valore strategico.

“Abbiamo protestato e occupato per mesi”, dice al New York Times uno studente universitario che ha preso un autobus per arrivare all’aeroporto, seguendo una convocazione della protesta arrivata tramite social network: “Tuttavia, ciò che abbiamo fatto sembra inutile”.

La situazione è bloccata. I manifestanti hanno iniziato chiedendo il ritiro di una legge sull’estradizione verso la Cina che era considerata un passaggio verso la limitazione delle libertà che l’ex colonia britannica aveva avuto garantite con la riconsegna del 1997, ma adesso la protesta è passata a un livello superiore. Chi scende in strada teme la cinesizzazione ed è arrivato a chiedere la democrazia, il suffragio universale, per questo ormai la stampa internazionale descrive i manifestanti come “pro-democracy”. Richieste importanti, che però soffrono l’assenza di coordinamento politico e di programmazione. A queste si abbinano quelle per un processo contro le azioni repressive delle autorità

Ieri le unità speciali della polizia, i Raptors, in tenuta tattica nera e a volto coperto, hanno effettuato vari blitz contro le persone scese in strada (che non avevano ricevuto l’autorizzazione a manifestare, per la prima volta). Uno degli episodi più violenti c’è stato nella stazione della metropolitana di Prince Edward Station, dove gli agenti hanno perso il controllo e alcune persone sono state manganellate e arrestate mentre erano sedute all’interno dei vagoni del treno. Alcune di loro a terra, picchiate mentre erano ferme inermi, sono state successivamente coperte dai getti degli spray urticante al peperoncino dai poliziotti. Dopo gli scontri il sistema metro di Hong Kong è stato quasi totalmente sospeso. Oltre trenta persone sono rimaste ferite, cinque in modo grave. Sessantatré arrestate.

Domani inizieranno le scuole, e potrebbero diventare il centro delle proteste. Gli studenti hanno pianificato due assemblee di massa, una nel quartiere centrale degli affari al mattino e un’altra dopo la scuola all’Università cinese di Hong Kong. Molti studenti delle scuole superiori hanno anche negoziato con i presidi la possibilità di sit-in e di usare le aule per proteste silenziose.

“Il caos di Hong Kong non può continuare!”, scrive il Giornale del Popolo, il primo quotidiano del Partito comunista, in un editoriale pubblicato oggi nell’edizione internazionale: “In questo momento cruciale, il governo della regione amministrativa speciale deve avere il coraggio e la capacità di applicare tutti i mezzi legali per fermare la violenza e il caos, agire risolutamente per detenere e arrestare violatori di leggi violenti, applicare la legge rigorosamente per punire i criminali e rapidamente  ripristinare l’ordine sociale”.

Un servizio della principale emittente televisiva cinese, la CCTV, sostiene che la Chief Executive hongkonghese, Carrie Lam (che governa il Porto Profumato su incarico di Pechino), dovrebbe invocare lo stato di emergenza, che si basa su un’ordinanza dell’epoca coloniale, per estinguere le violente proteste. Questo passaggio potrebbe autorizzare il governo di Hong Kong a vietare ai manifestanti di indossare maschere, accelerare gli arresti e censurare “mezzi dannosi”, ossia i social network usati per convocare le proteste e per mostrare al mondo le azioni violente della polizia.

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