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Il decreto Clima cambia forma e contenuti. Ecco come

Il decreto Clima cambia nella forma e nei contenuti. La nuova bozza, che è comunque più snella nel testo, si presenta con una maggiore organicità tra i diversi temi ma risulta meno incisiva nella spinta economica per le diverse misure; a cominciare dall’esclusione del taglio degli incentivi ai sussidi fossili, la norma sulla vendita dei prodotti alla “spina”, l’eliminazione delle agevolazioni ai parchi nazionali. Bisogna però mettere in evidenza che – proprio mentre il movimento di giovani, ispirati da Greta Thunberg, scende in piazza per manifestare sul clima – il provvedimento acquisisce due importanti novità, come la campagna per le scuole sui cambiamenti climatici e un sostegno alla ricerca per lo sviluppo sostenibile che intreccia anche l’attività industriale (anche se per ora sembra avere più un valore di intenzione invece che di dotazioni specifiche).

Quello che la volta scorsa era entrato e uscito dalla porta di Palazzo Chigi senza il varo del consiglio dei ministri – sollevando malumori nella maggioranza e nei ministeri più coinvolti, trascinandosi dietro anche l’eventualità di un declassamento del dispositivo dalla formulazione di decreto – è ora un provvedimento che si presta a una “maggiore condivisione” e a una serie di “concertazioni” (per esempio con l’Economia, i Trasporti, e lo Sviluppo) che prima mancavano: insomma la nuova bozza non è più una mini-Finanziaria già scritta. Anche se è vero che molte delle norme avranno bisogno nell’attuale testo (ed era così anche nella precedente versione) di una serie di decreti attuativi, e soprattutto di ‘tanto’ (o meglio, del giusto) spazio nella Legge di Bilancio. Da registrare come il ministero dell’Ambiente – titolare originario del pacchetto – abbia fatto notare che l’ultima versione della bozza di decreto non sia stata “diramata”, pur ammettendo che i “contenuti sono in evoluzione”. Il provvedimento – che al momento contempla 14 articoli e assume la definizione di “Misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria” – dovrebbe comunque atterrare in Cdm per il tre ottobre, come annunciato da Sergio Costa.

Punta a una “rivisitazione” della rottamazione delle vecchie auto, fino a modelli Euro 4. Arriva subito, già da quest’anno con 5 milioni (100 milioni nel 2020 e altrettanti nel 2021) ma soltanto ai cittadini residenti nei Comuni sotto procedura d’infrazione per lo smog; verrà dato in cambio un “buono mobilità” pari a 1.500 euro (meno dei 2.000 previsti in precedenza) che potrà essere speso per abbonamenti al trasporto pubblico ma anche per altri servizi per esempio di car- sharing, e ha una durata di tre anni. Cambia anche la disposizione sugli scuola-bus green che dovranno essere Euro 6): viene previsto il finanziamento per due anni, resta il Fondo da 10 milioni l’anno (per il 2020 e il 2021) per asili, scuole elementari e medie, sia comunali che statali, delle città metropolitane maggiormente inquinate, sotto procedura di infrazione Ue sulla qualità dell’aria; ma sparisce la detrazione per le famiglie da 250 euro per le spese sostenute.

Non c’è più traccia della norma che spingeva i prodotti sfusi cioè senza il packaging. Così come non si ritrova più il taglio graduale ai sussidi ambientalmente dannosi (del peso totale, al 2040, di circa 17 miliardi); anche se i tecnici al lavoro sul testo starebbero provando a reinserirla con delle modifiche specifiche e in una formula che demanderebbe comunque alla Manovra. Saltano anche le agevolazioni per i parchi, che nella prima versione del decreto diventavano zone economiche speciali. E resta ancora in bianco la definizione dell’end of waste (cioè la definizione della qualifica di cessazione di rifiuto) per sbloccare la filiera dell’industria dell’economia circolare.

Ma per assaggiare il sapore dei buoni principi salva-clima, che la nuova stesura del decreto intende portare avanti, si deve passare alla lettura delle novità. Come l’introduzione di una campagna di informazione e sensibilizzazione sui cambiamenti climatici dedicata agli studenti delle scuole; il nome è epico, “L’ambiente siamo noi”, e partirà dall’anno scolastico in corso con 500mila euro di risorse messe a disposizione dal ministero dell’Ambiente. O come la nascita di una Commissione interministeriale ad hoc sul clima, ospitata all’interno del Cipe. Avrà una composizione politica; a presiederla il presidente del Consiglio o il ministro dell’Ambiente, con all’interno praticamente l’interno governo, con i ministri di Economia, Esteri, Trasporti, Istruzione, Sviluppo economico, Agricoltura, Salute, Affari regionali, oltre che la Protezione civile. Lavorerà insieme con la Piattaforma per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria (confermata anche in questa bozza, e composta da 20 esperti, con l’obiettivo di dare supporto tecnico e scientifico alla Commissione). Arriva poi un Programma strategico nazionale “per il contrasto ai cambiamenti climatici” con l’obiettivo di assicurare entro 5 anni il rinnovo integrale dei mezzi del trasporto pubblico. L’approvazione del Programma toccherà alla Commissione interministeriale istituita in ambito Cipe, che dovrà definire anche tempi di realizzazione e risorse economiche “disponibili a legislazione vigente, anche sulla base del Piano nazionale clima e energia”. Altre disposizioni riguardano industrie e cambiamenti climatici, la depurazione, e anche la divulgazione pubblica in tempo reale delle informazioni sull’inquinamento dell’aria.

Ora bisognerà aspettare la fine del conto alla rovescia per la prima Legge di Bilancio. Qualcosa dei piani verranno svelati già nella nota di aggiornamento al Def che permetterà di capire il quadro e lo spazio di movimento economico per il 2020-2021-2022. Si dovrebbe riuscire a guadagnare un altro po’ di flessibilità in Europa, arrivando – secondo indiscrezioni – al 2,2% di deficit. Tra le ipotesi su alcune eco-misure che al momento potrebbero trovare posto in Manovra, ci sarebbero una tassa su imballaggi e plastica (secondo il possibile scenario dello 0,2%), oppure reinserire proprio quel taglio ai sussidi ambientalmente dannosi, sicuramente in modo graduale e in una formulazione condivisa dalle diverse anime della maggioranza di governo.

La chiave per aprire la serratura di una maggiore flessibilità potrebbe essere infatti quella degli interventi per la lotta ai cambiamenti climatici, e misure in favore dello sviluppo sostenibile, di quel Green new deal che il premier Giuseppe Conte ha declinato ancora una volta pochi giorni fa alle Nazioni Unite. Il rischio è che la lotta ai cambiamenti climatici diventi però soltanto un contenitore per non fare nuovo debito, e nell’immediato ottenere quei margini in Europa che altrimenti non ci sarebbero. Se le cose stanno così si vedrà già dalla risposta, in termini di risorse, che arriverà dalla prossima Legge di Bilancio.



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