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Una vision lungimirante (e condivisa) e per l’Italia digitale

Di Giuseppe Pirlo

Il passaggio politico che in questi giorni il nostro Paese sta attraversando dovrebbe rappresentare una nuova occasione di riflessione sul tema dell’innovazione digitale che, sbandierata nel passato da tanta parte del mondo politico e delle istituzioni, resta purtroppo sempre un corollario nell’agenda dei governi che si succedono.

Vero è che numerosi sono oramai, a livello nazionale e regionale, i progetti in avanzamento e certamente non siamo all’anno zero nel processo di digitalizzazione del Paese, ma resta la consapevolezza, peraltro resa evidente dall’analisi degli indicatori internazionali sempre poco lusinghieri nei confronti del nostro Paese, che molto di più si sarebbe potuto e dovuto fare. Diverse progettualità realizzate in passato, a livello nazionale, regionale o dei singoli comuni, hanno aumentato l’offerta di sistemi e servizi digitali in maniera spesso poco coordinata e coerente, generando notevoli difficoltà. La mancanza di azioni a supporto della crescita di una domanda qualificata da parte di cittadini e imprese ha ulteriormente mortificato la possibilità di utilizzare proficuamente i servizi digitali generando valore economico e sociale.

Alla spesso esagerata azione di storytelling legata allo sviluppo del digitale in Italia non ha infatti sempre corrisposto in passato la capacità di prendere le necessarie decisioni politiche, in grado di sostenere la trasformazione digitale facendo leva in primis su asset strategici in grado di fungere da “volano” per il Paese, in quanto “trasversali” rispetto ai bisogni della popolazione e delle imprese. Si tratta quindi di rilanciare con decisione l’innovazione digitale della Pa partendo dalla semplificazione e reingegnerizzazione dei processi, con tutto quello che questo significa dal punto di vista normativo ed organizzativo, prima ancora che tecnologico, di favorire lo sviluppo della sanità digitale, standardizzando sistemi e procedure per assicurare una maggiore efficienza del sistema sanitario abbattendone i costi oramai al limite della sostenibilità, di investire adeguatamente nello sviluppo di competenze digitali a livello dell’intero Paese, partendo dalla scuola e dall’università e riferendosi poi ai dipendenti delle Pa ed ai cittadini.

La scelta del digitale è oramai non solo obbligatoria ma anche improcrastinabile e per avere i benefici sperati dalla trasformazione digitale bisognerà farla avanzare con decisione su diversi fronti anche tenendo presente le opportunità che il digitale offre in termini di sviluppo dei territori.

A differenza di altri settori il digitale, infatti, non necessita di particolari risorse se non quelle della conoscenza. E’ del tutto evidente allora che proprio per il nostro Paese, caratterizzato da territori tra loro con notevoli squilibri socio-economici, il digitale può rappresentare – se sostenuto da decisioni politiche adeguate – quella nuova dimensione di sviluppo concreto e sostenibile per intere regioni che possono credibilmente candidarsi a divenire “hub” internazionali di conoscenza, in grado di rappresentare un riferimento culturale e per lo sviluppo in particolare dell’area mediterranea.

Per poter svolgere questo ruolo è necessario però che il mondo politico sposi una “vision” condivisa del digitale per il nostro Paese, una “vision” nella quale il digitale venga finalmente percepito non esclusivamente come un mero dominio tecnologico ma come uno straordinario strumento per fare politica reale, politica dei territori e per i cittadini, politica di sviluppo per il Paese.

È necessario, ad esempio, che comprenda come la riorganizzazione dei datacenter a livello nazionale debba tener conto non solo di aspetti tecnologici ma anche di aspetti legati allo valorizzazione delle competenze dei territori, al loro sviluppo sociale ed economico, così come la fibra ottica cablata con generosità nel nostro Paese sia di fatto depotenziata se non inutile allo sviluppo, quando non associata ad una politica di accesso inclusivo e competente ai servizi avanzati che essa può mettere a disposizioni a Pa, imprese e cittadini.

La gran parte dell’impegno di cui abbiamo bisogno per lo sviluppo del digitale interseca oramai gli aspetti tecnologici solo marginalmente, molto di più la crescita dell’Italia digitale dipenderà dalla capacità della politica di prendere decisioni e saperle condividere, visto che sempre più lo sviluppo del digitale si dovrà confrontare con diversi domini applicativi e i loro complessi e non sempre allineati sistemi normativi e organizzativi.

Serve insomma maggiore lungimiranza e tanta concretezza. Il frequente ricorso – quasi esclusivamente dialettico – a nuove soluzioni tecnologiche e approcci innovativi (blockchain, intelligenza artificiale, data analytics, ecc.) non potrà che rivelarsi una trappola politica e un inganno sociale per il Paese se svincolato da una nuova logica di sviluppo dell’Italia digitale. È indispensabile invece ripartire da una onesta e non retorica analisi di quanto prodotto finora e da una nuova “vision” che riconosca al digitale il ruolo centrale che riveste per lo sviluppo del Paese e condivida una politica lungimirante a sostegno di una trasformazione digitale concreta e sostenibile.

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