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Perché l’Occidente non crede alle aperture cinesi su Hauwei

La proposta di Huawei di vendere ad un acquirente occidentale brevetti, licenze, codici e la tecnologia sul 5G per un importo una tantum, come risposta per allentare le tensioni con il governo americano, non convince l’amministrazione Usa. Washington ha infatti chiarito ulteriormente, attraverso il Dipartimento di Stato, che il problema non è la telco di Shenzhen in sé (per quanto venga considerata dagli Stati Uniti uno strumento utilizzato all’occorrenza dall’intelligence di Pechino per condurre operazioni di spionaggio, anche per effetto di una legge sull’intelligence che obbliga le aziende a cooperare con la madrepatria), bensì la stessa Cina, dove il controllo dell’economia e delle imprese è ritenuto asfissiante.

LA PROPOSTA DI HUAWEI

Con questa mossa, affidata non a caso al potente fondatore di Huawei e volto internazionale dell’azienda Ren Zhengfei, che l’ha diffusa in una intervista concessa all’Economist, la compagnia prova a venire incontro ai timori americani secondo i quali la tecnologia cinese potrebbe contenere pericolose ‘backdoor’ (porte di comunicazione informatiche nascoste) che consentirebbero a Pechino di accedere ai dati che transitano sulle reti, in questo caso quelle 5G.

CHE COSA NON TORNA

Tutto bene, dunque? Non proprio, perché in verità, ancora una volta, la linea di Huawei – sospettata tra l’altro dagli Usa di intrattenere rapporti costanti con i servizi segreti cinesi e di avere una governance opaca – sembrerebbe in linea con quella del governo cinese. Pechino prova da tempo a fare in modo che i negoziati commerciali in corso con gli Usa siano separati da quelli di sicurezza. E l’apertura di Huawei dovrebbe servire proprio a questo: a far procedere le due cose su diversi binari, dimostrando a Washington che ci sarebbe buona volontà di risolvere i problemi esistenti.

I TIMORI USA

Gli Stati Uniti si sono finora rifiutati di separare i dossier, nella convinzione, opposta a quella cinese, che debbano marciare di pari passo perché profondamente connessi. E la ragione di ciò, che si lega anche alle valutazioni americane su progetti come quello della nuova Via della Seta, apparentemente economici e infrastrutturali ma in realtà geopolitici e geostrategici, è nella convinzione Usa che nella Cina di oggi separare pubblico e privato sia praticamente impossibile. E che tutto questo, ha spiegato Christopher Ashley Ford, assistant secretary nel Bureau of International Security and Nonproliferation del Dipartimento di Stato, rappresenti un rischio altissimo per Washington e i suoi partner.

LA FUSIONE TRA CIVILE E MILITARE

Per l’amministrazione americana, la fusione pressoché totale tra militare e civile è uno degli sforzi più grossi che la Cina, sotto la guida di Xi Jinping, starebbe compiendo. Il che rende problematica qualsiasi cooperazione o trasferismento tecnologico con la Repubblica Popolare. Si tratta di problemi che affliggono anche i colossi del Web Usa che per questo, secondo il governo americano, non dovrebbero collaborare, al giorno d’oggi, con aziende come Huawei (che a tale scopo è stata inserita in una lista nera del Dipartimento del Commercio).

L’ESPORTAZIONE DEL MODELLO CINESE

A questo legame strettissimo tra Partito Comunista cinese e campioni nazionali della tecnologia si unisce anche un altro dei crescenti timori americani: quello dell’esportazione del modello di soverglianza e controllo di Pechino attraverso i propri giganti.
I servizi e i prodotti di società tech come Huawei, Tencent, Zte, Alibaba e Baidu vengono ogni giorno di più venduti in tutto il mondo. Mentre i problemi di sicurezza e di tutela dei diritti umani associati al severo meccasnismo di controllo della Rete esistente in Cina starebbero facendo breccia in altri Paesi con tendenze illiberali e desiderosi di repimere il dissenso interno.
Questo è il contesto geopolitico ed economico che rende al momento difficile che Washington possa far avanzare i negoziati commerciali con Pechino, senza parallelamente risolvere – con una vera apertura del mercato cinese, come da tempo chiede l’amministrazione americana – quello che considera il principale problema alla base dei rapporti tra l’Occidente e la Cina e tra quest’ultima e il mondo. Un tema, questo, non solo economico quindi ma di sicurezza nazionale.

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