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Scissioni e patti civici. Pregliasco (Youtrend) commenta le mosse di Pd e M5S

Scissioni, alleanze e patti di non belligeranza in politica devono sempre fare i conti con i numeri. Lo sa bene un sondaggista e politologo come Lorenzo Pregliasco, fondatore di Quorum e Youtrend. Dallo scisma (in corso) dei renziani al patto civico Pd-M5s alle regionali in Umbria, ecco come potrebbero rispondere gli italiani alle urne.

L’operazione civica di Pd e M5s in Umbria può funzionare?

Bisogna prima capire come vogliono strutturare l’intesa. Se presenteranno un candidato civico sostenuto dalle rispettive liste di partito si tratterà di una vera alleanza politica.

Ci sono precedenti?

È avvenuto tante volte. Penso a Massimo Carraro, che nel 2005 si presentò in Veneto come candidato civico sostenuto dal centrosinistra. Ma anche a esempi più recenti, come in Basilicata quest’anno, dove Carlo Trerotola ha corso come indipendente.

Qual è allora la novità?

La nascita di un’alleanza politica e organica fra Pd e i Cinque Stelle che hanno sempre rinnegato questa ipotesi. Sarebbe un patto non dissimile da quello che ha tenuto a lungo insieme Lega e Forza Italia o negli anni ’90 Ds e popolari.

I Cinque Stelle vogliono lasciarsi alle spalle i flop delle regionali?

È indubbio che i Cinque Stelle abbiano faticato alle ultime elezioni regionali. Non li ha aiutati il sistema di voto, che a seconda della regione prevede un premio di maggioranza o in caso di vittoria un listino di eletti, di fatto bloccato. Così viene favorita la rappresentanza dei partiti che si uniscono per sostenere un candidato vincente.

Sarà necessario un cambio di retorica. Il Movimento si è sempre vantato di correre da solo contro il “sistema”.

L’operazione in Umbria rinnega l’intera ossatura del messaggio politico che ha accompagnato le campagne elettorali dei Cinque Stelle alle regionali. La linea del “soli contro tutti” li ha avvantaggiati alle elezioni comunali, perché il ballottaggio permetteva loro di aggregare il voto degli esclusi contro il candidato avversario. Il turno unico delle regionali non lo permette.

La scissione dei renziani sembra ormai avviata. Può mettere i bastoni fra le ruote?

È sempre bene non sondare opzioni che ancora non sono sul mercato politico. Abbiamo visto in passato un enorme distacco fra risultati potenziali ed effettivi. I casi di Monti e Fini insegnano. E pensiamo a quanti partiti e leader potenziali sono stati sondati o continuano a esserlo, da Montezemolo a Cairo.

Non c’è differenza con Renzi?

Ce n’è una non da poco. A differenza loro Renzi è un politico e ha una sua base elettorale. Certo, è realistico credere che oggi una sua lista singola si collochi intorno a un’ideale soglia di sbarramento, fra il 3% e il 5%.

L’ex premier dice di guardare ai moderati. C’è ancora uno spazio moderato in Italia?

C’è anche se in questo momento non dispone di grandi opzioni di voto, l’unica offerta politica arriva dal lato di Pd e Fi. Il problema a monte è definire in modo univoco l’elettore moderato, ci sono tanti, troppi criteri, dall’economia all’Europa passando per la comunicazione politica. Non dimentichiamo che negli ultimi anni tanti dei cosiddetti moderati hanno affidato il loro voto a Lega e Movimento Cinque Stelle.

La Lega ha dato il via alla battaglia del maggioritario. Sarà semplice come dice Calderoli?

I tecnici del diritto costituzionale segnalano una grande criticità del piano Calderoli, che rischia di non essere applicabile, perché propone l’eliminazione della quota di proporzionale ma non spiega in che modo devono essere ridisegnati i collegi. È un passaggio cruciale. La Corte costituzionale ha detto più volte che la legge elettorale deve risultare immediatamente applicabile.

Non è curioso che il Pd, che grazie a un premio di maggioranza ha governato cinque anni, oggi faccia le barricate per il proporzionale?

Si può dire lo stesso della Lega, che ha dato i natali al “Porcellum”, un proporzionale con premio di maggioranza, ma ha anche votato il Rosatellum senza avanzare proposte di una modifica in senso maggioritario. Il Pd ha sempre avuto un’impostazione maggioritarista alla francese con una particolare attenzione ai collegi uninominali perché tiene molto al legame con il territorio. Credo dovrà tenerne conto anche in fase di elaborazione della nuova legge.

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