Quale ruolo per i medici e quale ruolo per i decisori politici nelle sfide del Servizio sanitario nazionale? Quanto è giusto che intervenga lo Stato affinché venga assicurato il rispetto del principio di universalità? E come garantire una corretta comunicazione dell’universo sanitario ai cittadini? Di questo e molto altro abbiamo parlato con il filosofo Corrado Ocone in occasione del progetto “In scienza e coscienza”, nato dalla collaborazione fra Fondazione Roche e Formiche, con l’obiettivo di interrogarsi – e interrogarci – sul dibattito in merito alla libertà prescrittiva del medico e ai vincoli economici imposti dalla limitatezza delle risorse e dalla necessità di Regioni e aziende ospedaliere di gestire il contenimento della spesa sanitaria: come bilanciare le migliori cure con la sostenibilità finanziaria?
Mettere le persone, e i pazienti, al centro del percorso di cura è l’obiettivo principale del nostro SSN. Quanto, da un punto di vista etico, questa centralità può travalicare le necessità di budget del SSN, considerando, però, che queste ultime incidono anche sull’efficienza del sistema stesso?
Il problema è che fra nord e sud i costi variano sensibilmente. Una siringa, per dire, che al nord paghiamo un euro, al sud la paghiamo dieci, e questo causa uno scompenso del sistema. Credo che a tal proposito sia necessario introdurre una standardizzazione dei costi che responsabilizzi le strutture sanitarie. Può sembrare una soluzione banale, ma si tratta di un intervento liberale che potrebbe dare i suoi frutti.
Ma in questo modo si deresponsabilizza lo Stato…
No, perché lo Stato deve mantenere una visione di insieme e implementare forme di perequazione ove necessarie. Le modalità vanno studiate con attenzione proprio dallo Stato, che deve operare al fine di garantire l’universalità del Servizio sanitario nazionale, uno dei grandi pregi del nostro sistema, che però va rivisto per un’ampia serie di motivi, fra cui quello scompenso di cui parlavamo pocanzi.
Universalismo ed equità sono due dei pilastri del nostro SSN. Eppure, per questioni di efficienza, talvolta i medici sono portati a non prescrivere cure esose perché il paziente è destinato comunque a non sopravvivere. Pur comprensibile da un punto di vista di bilancio, queste scelte non violano quei criteri di universalismo ed equità?
Personalmente mi auguro che questo avvenga in maniera molto limitata, perché sarebbe gravissimo. Ritengo che per salvare una vita umana non si debba mai lasciare nulla di intentato. Credo che a tal proposito assumeranno sempre più importanza le questioni sul fine vita, bioetiche, biopolitiche e, a tal proposito, ritengo che il testamento biologico possa rappresentare una buona soluzione, purché non sia troppo retrodatato. Ma al di là della norma generale, lo Stato deve intervenire il meno possibile nel particolare, perché si tratta di decisioni di coscienza e il fatto che lo Stato possa decidere della vita o della morte di qualcuno fa paura.
L’opinione pubblica ha una conoscenza molto rada dell’apparato sanitario. Quanto sarebbe importante incrementare – sia a livello quantitativo che qualitativo – la comunicazione da parte degli attori sanitari, sia pubblici che privati?
Secondo me sarebbe fondamentale dare l’opportunità, a chiunque voglia approfondire il tema, di farlo in maniera rapida, accessibile, e chiara. Ma propenderei per un’educazione alla sensibilità piuttosto che per un’educazione in sé. Ma una volta sviluppata la sensibilità, è necessario poter trovare le risposte alle domande che ci si pone.
Le istituzioni potrebbero fare di più in tal senso?
Sì, ma senza censurare, magari creando un sistema di certificazione delle fonti. La società ha perso la fiducia sia nel rapporto medico-paziente che nella ricerca, a causa di alcuni casi di corruzione. Ma in pochi settori come in quello della sanità è fondamentale potersi fidare degli esperti. Nessuna comunità si regge senza fiducia negli addetti ai lavori. I valori etici in questo caso sono centrali, dall’una e dall’altra parte, ma è importante che il rapporto fiduciario si stabilisca anche con atti concreti.
Mi faccia un esempio…
Quando parlo di atti concreti mi riferisco innanzitutto alla certezza del diritto. Quando un medico si rende colpevole per atti gravi, deve essere radiato dall’ordine, senza pensarci due volte.
Sanità e dibattito politico-istituzionale. Quanto è importante e quanto è importante, soprattutto, che quest’ultimo non avvenga in maniera autoreferenziale, ma anche proiettato all’esterno?
Importantissimo. La politica deve mettere al centro queste questioni perché sono fondamentali e non possono essere trascurate o rimandate ancora.
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