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Ppe? Perché no. L’assist di Giorgetti alla Lega per contare in Europa

Rieccolo. Giancarlo Giorgetti riprende in mano ago e filo per ricucire quel che Matteo Salvini continua a strappare. Lo fa in una delle sue rare comparsate in tv. A In Mezz’Ora in Più, il programma su Rai 3 condotto da Lucia Annunziata, il numero due del Carroccio riapre un portone che sembrava serrato una volta per tutte. “La Lega nel Ppe? Non lo escluderei a priori”. Non è dato di sapere se l’uscita sia stata concordata o meno con il leader del partito.

Da giorni si inseguono rumors su una richiesta di Salvini al fedelissimo ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio (e a Massimo Garavaglia) di firmare un re-styling della Lega per farne una forza più istituzionale e meno isolata. Non certo abbandonando la piazza, che rimane il core business di via Bellerio. Al bagno di folla di Pontida e alla (più timida) partecipazione alla manifestazione anti-governo convocata da Giorgia Meloni a piazza Montecitorio farà seguito la grande mobilitazione del 19 ottobre a Roma, quando Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia marceranno uniti, e senza simboli di partito, a chiedere elezioni subito.

È piuttosto il nodo europeo il primo da sciogliere per smarcare la Lega dall’angolo in cui si è infilata all’indomani della crisi di agosto. Anzi prima, a fine luglio, quando all’ultimo ha deciso di non votare la popolare Ursula von der Leyen presidente della Commissione Ue rimanendo a bocca asciutta nella spartizione delle nomine e regalando al Movimento Cinque Stelle il battesimo europeista che ha fatto nascere il governo giallorosso. Salvini ora rivendica quel passaggio a Strasburgo come un gesto di coerenza e dice che la scelta dei grillini ha dato il via al complotto con il Pd. Ma in tanti, anche fra le fila leghiste, hanno mormorato per il magro bottino che una clamorosa vittoria alle elezioni europee (34% dei voti) ha consegnato al partito. Zero tituli, per dirla con Jose Mourinho. E soprattutto una frattura definitiva con il Ppe su cui un’affannata e agitata Forza Italia continua a poter contare.

Per questo le parole di Giorgetti non possono passare inosservate. Un ingresso della Lega nell’alveo popolare, ha detto questo pomeriggio, è da mettere in conto, “con la Csu bavarese, ad esempio, ci sono molti elementi di consonanza”. Le reazioni non si sono fatte attendere. Gioisce Anna Maria Bernini, capogruppo di FI al Senato: “È una buona notizia e un significativo passo avanti per la costruzione di un centrodestra più credibile e competitivo”. Esulta anche il forzista Gianfranco Rotondi, che della causa europeista ha fatto una battaglia personale. “Giorgetti espone una ipotesi che riporterebbe la Lega alla sua tradizione di buon governo del Nord”, dice. Un’impresa non da poco, “allo stato attuale un’alleanza dei popolari con Salvini è impossibile esattamente come un’apertura della Merkel all’estrema destra tedesca”. Ma l’intervento della mente grigia del Carroccio lascia aperto uno spiraglio: “Le parole di Giorgetti sulla ipotesi della Lega nel Ppe sono importanti, soprattutto perché vengono da Giorgetti, che le parole le pesa”.

Rotondi fa centro. Il vicesegretario federale è conosciuto per centellinare le uscite in pubblico. E il tempismo dell’endorsement popolare non è casuale. Da settimane Silvio Berlusconi invita Lega e FdI ad abbandonare l’euroscetticismo di trincea e a riconoscere la bontà di un centrodestra italiano con le spalle coperte a Bruxelles. Un appello rimasto senza risposta, sommerso dai mal di pancia che continuano a dividere gli ex alleati. L’assist di Giorgetti può servire un doppio goal. Ricucire con la coalizione in vista della manifestazione unitaria a Roma. E liberare la Lega dall’irrilevanza cui è condannata in Europa nonostante il corposo drappello di europarlamentari entrati a Strasburgo il 26 maggio. A Salvini la scelta di mettere la palla in porta.

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