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Renzi? Mr Wolf del governo. La scissione? Non scinde. La versione di Velardi

La voce dall’altra parte del telefono è disturbata. “Sto sgranocchiando delle noccioline, ma possiamo parlare. L’importante è che scriva che non sono pop-corn”. Claudio Velardi sorride annoiato quando sente parlare di “scissione” nel Pd. Ripicche, gelosie e ambizioni personali che agitano ancora una volta l’intricato mondo dem sono uno spettacolo già visto e per nulla appassionante per chi, come lui, lo ha visto crescere da protagonista. Prima come spin doctor di Massimo D’Alema, poi come fondatore de Il Riformista. Infine come anticipatore e convinto sostenitore della stagionre renziana. “Parlano di sciocchezze e non capiscono che questa è un’occasione da non perdere – confida oggi a Formiche.net -. Una scissione dei renziani non è un dramma, se ha l’obiettivo di consolidare la tenuta del governo”, dice. Renzi, spiega Velardi con una metafora tarantiniana a una settimana dal prossimo film dell’eccentrico regista di Hollywood, deve diventare il nuovo “Mr Wolf”.

Velardi, Renzi ha un piede fuori dalla porta. La scissione è già realtà?

È uno scenario possibile. Il problema non è il se ma il come. Un’ulteriore spartizione del potere residuo può solo fare danni. Se invece l’obiettivo è rafforzare e allargare la maggioranza di governo portando dentro istanze riformiste e innovatrici può essere un servizio utile.

Il renzismo è davvero ancora innovatore?

Accusa qualche difficoltà, questo è fuor di dubbio. Chi negli anni scorsi ha creduto al riformismo di Renzi oggi si sente un po’ orfano. L’ex premier ha concluso una brillante operazione di tattica politica che ha affossato Matteo Salvini, ma sui contenuti resta scoperto.

Dunque che ruolo può spettare a Renzi?

Deve diventare il Mr Wolf della maggioranza, con tanto di valigetta risolvi-problemi. Dall’alto della sua brillante esperienza deve farsi garante della continuità della legislatura, i dossier divisivi non mancheranno e lui sa bene come affrontarli.

In fondo il governo giallorosso porta già la sua firma. E gli altri dirigenti del partito?

Renzi, Zingaretti, Gentiloni, Franceschini dovrebbero stringere un patto di necessità. Il primo che lo tradirà apparirà come colui che ha fatto fallire questa maggioranza e travolgerà non solo il governo ma tutto il partito. Hanno di fronte l’ultima chance per ricoprire un ruolo di peso nel panorama politico italiano, sarebbe stupido sprecarla.

Si parla di scissione consensuale. Un ossimoro?

Non mi piace usare la parola “scissione”. Si tratta piuttosto di un’operazione politica che chi ha a cuore le sorti del sistema, cioè le élites nel loro significato più alto, deve portare a compimento per rimettere l’Italia sui binari. È anzitutto un dovere del Pd, che oggi è il partito che più di tutti rappresenta le élites.

Il clima non è dei migliori. I renziani sono insorti per l’esclusione dei toscani dal governo.

Queste sono solo sciocchezze. Lo dico con affetto ad amici come Nardella e Boschi, non è il momento di rompere le scatole con quisquiglie che non interessano i cittadini e danneggiano pesantemente l’immagine di chi se ne lamenta.

Boschi lamenta anche il ritorno sulla scena della vecchia guardia dem. Bersani, D’Alema, Prodi…

Il rischio di un ritorno al passato, anzi alla preistoria, c’è. Se si vuole evitare questi rientri non bisogna agitare gli spettri. Meglio concordare un’operazione politica consensuale per allargare il campo della sinistra al centro, all’area riformista e moderata.

Ma esiste quest’area moderata?

I moderati sono maggioranza fra gli italiani e i fatti di agosto lo hanno dimostrato. Salvini su una cosa ha ragione: è stato cacciato dalle élites. Cioè dalle persone che fanno camminare il sistema e hanno avuto timore di lui, perché non lo ritengono all’altezza di governare una società complessa e moderna fatta di persone moderate.

Non solo scissione, fra i dem c’è anche chi teme una fusione, con i Cinque Stelle. È un rischio?

Più che un rischio ci vedo un’opportunità. Quella di creare una classe dirigente dove si portino le istanze di rinnovamento interne al Movimento Cinque Stelle e l’esperienza di governo del Pd. È un traguardo cui tutti dovrebbero mirare, evitando piuttosto scorciatoie e invenzioni, come candidare Brunello Cucinelli in Umbria. È il momento di costruire una classe dirigente sul territorio, di fare un lavoro di cesello. Un giorno, perché no, Pd e M5S potrebbero confluire insieme in una nuova formazione.

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