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La Tunisia, l’Italia e il Mediterraneo. Parla Fabio Massimo Castaldo (M5S)

In viaggio verso Tunisi, Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento Ue in quota M5S e capo osservatore dell’Ue per le elezioni tunisine, ci spiega perché l’Italia dovrebbe avere a cuore il futuro del suo vicino nordafricano.

Castaldo, cosa andate a fare in Tunisia?

L’obiettivo è monitorare la legge elettorale tunisina e la sua conformità agli standard internazionali in materia. L’Ue ha dispiegato un team di dieci analisti con i rispettivi sotto-team. Saremo accompagnati sul campo da circa un centinaio di osservatori di corto e lungo termine, oltre ai diplomatici dei 28 Paesi membri presenti in Tunisia cui si sono aggregati colleghi da Svizzera, Norvegia e Canada.

Che bilancio avete tracciato dopo i primi controlli?

Oggi dobbiamo riconoscere che la Tunisia dispiega adeguate tutele per il regolare svolgimento delle elezioni. Si può e si deve modificare la legislazione in tema di finanziamento della campagna elettorale dei partiti, che oggi ha un inquadramento normativo molto articolato ma manca di controlli sufficienti. Altre migliorie si possono apportare alla legislazione sul sistema mediatico.

Come leggere i risultati del primo turno?

La prima lettura politica che emerge è una notevole disaffezione dell’elettorato nei confronti dei partiti, specialmente quelli governativi. Nidaa Tounes è diviso in più rami in concorrenza fra loro, Ennahda ha visto crollare i suoi consensi municipali. Di questa disillusione è sintomo l’astensione, che è aumentata anche se solo relativamente, perché il registro degli elettori si è molto ampliato rispetto alle ultime elezioni.

Perché l’Ue si occupa di Tunisia?

È semplicemente fondamentale. Un modello pluralista che ha saputo dare un grande impulso alla libertà d’opinione, allo sviluppo della società civile come attore indipendente nel panorama politico e uno dei motori della rivoluzione. Non a caso la Tunisia ha vinto il premio Nobel per la Pace. Ora il modello deve radicarsi, e l’Isie (Istanza superiore indipendente per le elezioni, ndr) deve mettere le elezioni al riparo da ingerenze.

In Italia se ne parla poco.

È incomprensibile. La Tunisia è un partner vitale non solo per la sicurezza italiana ma per il bilanciamento degli interessi di tutti gli Stati del Mediterraneo allargato.

Cosa ha fatto la Tunisia per fermare i flussi migratori dalla Libia che poi prendono il largo in rotta verso l’Italia?

La Tunisia ha fatto il possibile per mettere in sicurezza la frontiera. La sfida è molto difficile, la frontiera fra Tripolitania e Sud della Tunisia è particolarmente permeabile. La Libia è un Paese che in questi anni ha visto fiorire il mercato nero di armi, mezzi e munizioni.

A proposito di Libia, Conte ha incontrato Fayez al Sarraj a Roma. Un interlocutore da molti considerato troppo debole e delegittimato.

Parliamo dell’unico governo riconosciuto dalla comunità internazionale e dall’Onu. Ovviamente portare avanti un’interlocuzione con Sarraj non significa rinunciare a un processo veramente inclusivo che, come ha ricordato Conte, sappia mettere intorno al tavolo tutte le parti in causa, esclusi i predicatori salafiti estremisti e altri soggetti pericolosi.

La strategia delle grandi conferenze per la Libia non ha pagato granché questi anni.

Le conferenze devono essere un punto di partenza e non un traguardo, è fondamentale essere presenti sul terreno. Parlare di processi inclusivi e diplomazia all’opera mentre le armi continuano a sparare talvolta può sembrare paradossale. È il frutto di una crisi troppo spesso descritta come una guerra civile che invece è una guerra per procura dove intervengono attori regionali e globali.

Conte ha ricevuto anche il presidente francese Emmanuel Macron. Un riavvicinamento a Parigi può tornare utile all’Italia in Libia?

L’augurio è che sia l’inizio di un’interlocuzione da proseguire all’interno di una cornice europea. La forza dell’Ue è fare massa critica insieme. Se ogni Stato agisce in solitaria mina l’operato degli altri Paesi membri.

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