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5G e sicurezza, la Commissione avverte gli Stati Ue: ora tocca a voi

Di Mattia Soldi

L’Ue riconosce i rischi per la sicurezza sottesi ai bandi per la costruzione della rete 5G ma sono gli Stati doversene occupare. Questo il messaggio che il direttore generale Dg Connect della Commissione Europea Roberto Viola ha voluto lanciare durante un’audizione della Commissione trasporti della Camera dei deputati.

Prendendo parte all’indagine sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni e in particolare sulla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, il funzionario ha ribadito quanto già espresso dalla Commissione in un recente rapporto che ha fatto molto rumore fra gli addetti ai lavori. Il rischio di un attacco alla rete non solo da parte della criminalità organizzata o di attori non statali ma anche da “gruppi terroristici o entità non europee che hanno interesse allo spionaggio industriale o all’attacco informatico che destabilizzi l’Ue” è uno scenario considerato “esistente e possibile” e “va prevenuto”.

Sono gli Stati membri, prima ancora delle istituzioni a Bruxelles, a dover prendere l’iniziativa per difendere i dati che circolano sulla banda larga, ha chiarito Viola. “Sulla sicurezza 5G c’è l’interesse dell’Europa perché si arrivi a decisioni simili, ma dall’altro lato, essendo sicurezza nazionale, le istituzioni europee non hanno alcun potere per quanto riguarda le decisioni prese dagli Stati membri nell’interesse della Difesa nazionale”.

Il governo italiano si è già mosso ampliando con il recente decreto cyber il perimetro della sicurezza cibernetica alla rete 5G così come la portata del cosiddetto Golden Power, che ora prevede nuove, incisive prerogative in capo alla presidenza del Consiglio. Un passo importante, anche se “non è l’unico strumento possibile, ne esistono altri anche nell’ordinamento italiano”, ha detto Viola in commissione.

C’è poi un altro fronte su cui è necessario intervenire, ha aggiunto il funzionario. La vulnerabilità è solo una faccia della medaglia. L’altra si chiama dipendenza e tocca l’aspetto commerciale della rete di ultima generazione. “Un altro rischio – è il monito di Viola – è quello di una fornitura che viene da un solo fornitore o da un numero limitato”. Un rischio già segnalato con forza dalla Commissione nel suo rapporto.

Nel caso di un’eccessiva pressione di mercato dovuta a un fallimento commerciale, una fusione o un’acquisizione forzata un operatore europeo dipendente da un unico fornitore può trovarsi in serie difficoltà. Il passaggio è particolarmente delicato, e alcuni osservatori del settore vi hanno letto un riferimento indiretto ad operatori cinesi come Huawei e Zte che sono soliti lavorare come fornitori unici della rete e sono accusati dagli Stati Uniti di spionaggio. Affidarsi a un solo fornitore, ha ammonito Viola alla Camera, “ovviamente crea un sistema di dipendenza tecnologica che può essere preoccupante”.

Il monito riguarda da vicino l’Italia, che è tra i Paesi europei più avanzati nello sviluppo del 5G. Seconda, per precisione, stando a un nuovo indice Ue, “Preparazione al 5G”. Il Belpaese sconta invece un serio ritardo nella banda ultra-larga, quella costruita con la fibra ottica (oltre 100 megabit). In questo ambito slitta al ventisettesimo posto. Da seconda a penultima,  complici i ritardi attuativi del “Piano banda larga” nelle cosiddette aree grigie, cioè quelle dove si concentra la maggior parte dei distretti industriali. Il governo ha inserito nella Nadef un piano Bul (banda ultra-larga) per allargare la copertura. Non è bastato per evitare la tirata d’orecchie della Commissione: “stiamo aspettando da un po’ di tempo, credo sia necessaria un’accelerazione”.

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