Un capitalismo brutale in un Paese governato dal forte Partito Comunista. Ecco l’ossimoro della Cina spiegato dall’ex direttore del Riformista Emanuele Macaluso, che alla luce del sangue versato in queste ore ad Hong Kong, ragiona con Formiche.net sul bilancio del più longevo regime comunista.
Mentre la Cina assiste alla mega parata militare, Hong Kong scende ancora in corteo con sangue in piazza: cosa non torna?
La Cina è ancora diretta dal Partito Comunista Cinese, tuttavia il partito convive con uno sviluppo straordinario del capitalismo. Ciò sembra un ossimoro ed una contraddizione, perché è stato proprio quel partito a stimolare un capitalismo che spesso è stato ed è anche arrembante. Il regime interno, anche se la presenza del capitalismo avrebbe dovuto influire su di esso, è rimasto tale ed autoritario.
Come si intreccia con i fatti di Hong Kong?
Essendo stata Hong Kong una colonia inglese, vi è una tradizione che non è quella del maoismo: i giovani in piazza rivendicano una forte autonomia contro la legge che voleva spostare nel continente, a Pechino, gli atti giudiziari. Una deminutio dell’autonomia di Hong Kong. Ciò si intreccia evidentemente con il fatto che lì c’è una storia che vive ancora nel Paese: una lotta per dare all’isola non solo autonomia, ma anche un senso comune che attenga alla democrazia occidentale e non al regime di Pechino.
Quali le prospettive in termini politici, statuali ed economici?
Augurandomi che non vi siano altre violenze, vedo prospettive che sono il frutto della contraddizione citata. La battaglia comunque è già servita, visto che il provvedimento in questione è stato ritirato e visto che il potere di Pechino ha compreso che con l’autonomia di quell’isola non si può giocare.
Come coniugare a quelle latitudini l’equilibrio fra campagne e città, crescita della popolazione e diffusione delle tecnologie?
In Cina il rapporto campagna-città credo si sia molto avvicinato: sono stato lì nel 1984 e l’economia era fondata prettamente sul lavoro delle campagne, tranne nei grandi centri come Pechino e Shanghai. Ieri c’era una forte separazione quindi tra città e campagne: oggi le cose sono cambiate radicalmente, perché il processo di sviluppo industriale ed economico ha spostato milioni di persone dalle campagne alle industrie come operai, tecnici e funzionari. La campagna cinese oggi presenta un quadro totalmente mutato. Ciò che prevale è l’icona delle città, dei grattacieli, delle grandi scuole. Mi chiedo cosa sia rimasto della rivoluzione di Mao nella imponente manifestazione di ieri. Oggi certamente c’è il Partito Comunista Cinese.
Ma…
Quella è una forza dominante nella politica, ma è pur vero che nel Paese prevale il capitalismo che è anche molto brutale in alcune zone.
Le sfide delle libertà democratiche sono dunque perse?
Penso che come hanno deciso di ritirare la legge, i cinesi terranno conto anche di queste manifestazioni che hanno coinvolto migliaia di giovani. E avranno molta prudenza nel garantire alcune libertà e alcune istituzioni che non siano assimilabili a quelle del continente.
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