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Il volo suborbitale per l’Italia passa dagli Usa. L’accordo dell’Aeronautica

L’Italia vuole essere tra i protagonisti del volo suborbitale del futuro. Ieri, a Washington, l’Aeronautica militare ha siglato un contratto con Virgin Galactic, l’ambiziosa azienda del magnate Richard Branson che vuole lanciare il turismo spaziale aperto a tutti (e non solo), per garantirsi un volo dello spazio-plano SpaceShipTwo su cui imbarcare tre ricercatori italiani e diversi esperimenti. È la prima volta che un ente governativo prenota un volo di ricerca umano a bordo di un veicolo commerciale, segno tangibile della nuova economia dello spazio, fondata sulla stretta collaborazione tra pubblico e privato. A ciò si aggiunge però un’ulteriore conferma, ricordata durante la firma all’Ambasciata d’Italia a Washington: la storica collaborazione tra il nostro Paese e gli Stati Uniti.

IL PROGRAMMA

La missione, prevista non prima del 2020, porterà in volo tre specialisti italiani e una serie di payload di ricerca sulla cui progettazione l’Aeronautica e Virgin Galactic stanno lavorando insieme al Cnr. Saliranno sullo spazioplano realizzato dall’azienda americana, che lo scorso dicembre ha realizzato il suo quarto test superando, per la prima volta, il limite degli 80 chilometri riconosciuto della Federal aviation administration (Faa) come inizio dello spazio. Trasportato fino a 13 chilometri di altitudine dall’areo cargo WhiteKnightTwo, a sua vola partito dal deserto del Mojave, lo SpaceShipTwo ha accesso il suo unico razzo per 60 secondi, raggiungendo la velocità di Mach 2,9, superiore a quella registrata nel test precedente di luglio 2018. Nel volo prenotato dall’Am, “dopo lo spegnimento del motore del razzo, i ricercatori si sganceranno dai sedili ed eseguiranno le azioni necessarie per completare ciascun esperimento nel giro di alcuni minuti a gravità zero”, si legge in una nota congiunta.

GLI INTERESSI IN GIOCO

Nel test di dicembre, la presenza a bordo di esperimenti della Nasa ha dimostrato le potenzialità del volo suborbitale. Poter uscire dall’atmosfera e rientrarvi a piacimento è utile per la scienza (che può approfittare di situazioni di microgravità), per il trasporto (con l’ambizione un giorno di poter volare in poche ore da una sponda dell’Atlantico all’altra), per l’accesso allo spazio (con l’idea di poter mettere payload nelle basse orbite a costi contenuti) o anche solo per l’ebrezza di facoltosi turisti, pronti a spendere 250mila dollari (ci sono già centinaia di prenotazioni). Alla parte scientifica è interessata l’Aeronautica militare italiana che, ha spiegato il generale Stefano Cont, addetto alla Difesa dell’Ambasciata ha Washington, “ha nel proprio Dna un forte impegno all’innovazione tecnologica”.

UN INCONTRO INNOVATIVO

Difatti, ha aggiunto Cont dopo aver firmato l’accordo, “le capacità e i contributi della Forza armata, quando combinati con quelli di altre istituzioni nazionali, aiutano nel mantenimento della leadership italiana nel dominio aerospaziale”. In più, ha rimarcato il generale, “i nostri interessi in questo primo programma si legano direttamente alla principale missione dell’Aeronautica militare, che ha nel suo cuore la difesa dello spazio aereo nazionale”. Da parte sua, il ceo di Virgin Galactic George Whitesides si è detto “onorato e orgoglioso” dell’accordo siglato con l’Arma azzurra: “Gli esperimenti che l’Aeronautica italiana ha in programma di testare sullo SpaceShipTwo accresceranno la nostra conoscenza delle scienze spaziali, e la partecipazione attiva dei ricercatori dimostrerà un importante nuova strada per la ricerca”. Difatti, tra gli aspetti più rilevanti della missione in programma, c’è la possibilità per i ricercatori (previa preparazione) di interagire direttamente con i propri esperimenti in condizione di microgravità.

UNA COLLABORAZIONE RODATA

Le ambizioni sono notevoli, ma hanno alle spalle una collaborazione ben rodata. Non a caso, Maurizio Greganti, chargé d’affaires dell’Ambasciata italiana a Washington, ha ricordato come l’accordo sia “il risultato della cooperazione tra le istituzioni spaziali italiane e statunitensi in corso da tanto tempo”. Ora, per la prima volta, “un’istituzione governativa italiana sta acquisendo un volo suborbitale privato”, a conferma “della forza e del potenziale di questa relazione tra i nostri due Paesi”. Un rapporto che ebbe il suo avvio nel 1964, quando l’Italia divenne il primo paese straniero a mandare in orbita un satellite dagli Usa. Era il San Marco 1, primo passo di una storia che tutt’ora, nonostante molteplici sfide, permette all’Italia di essere annoverata tra le potenze spaziali. Da allora, il rapporto con Washington si è rafforzato, passando soprattutto per l’accordo tra Agenzia spaziale italiana (Asi) e Nasa relativo alla fornitura italiana dei moduli pressurizzati (Mplm) alla Stazione spaziale internazionale, in cambio dei quali l’Italia ha potuto contare su un accesso privilegiato dei nostri astronauti alla piattaforma.

SE L’ITALIA PUNTA SUL SUBORBITALE

Con Virgin Galactic la storia è più recente, ma comunque ricca di intese e accordi che hanno coinvolto, oltre l’Aeronautica, molteplici soggetti dello spazio nazionale. A luglio dello scorso anno, l’allora presidente dell’Asi Roberto Battiston siglava con il ceo Whitesides un memorandum per poter far volare sullo SpaceShipTwo esperimenti, strumenti di ricerca ed uno specialista di missione italiano. A ciò si sono intrecciate altre intese, comprese quelle che hanno portato Richard Branson in Puglia, con il coinvolgimento di Sitael e Altec anche per le prospettive relative allo spazio-porto tarantino di Grottaglie. Insomma, l’Italia vuole essere tra i protagonisti del volo suborbitale del futuro. Non a caso, tra “Indirizzi del governo in materia spaziale e aerospaziale”, siglati a marzo dal premier Giuseppe Conte, il punto è tra quelli definiti “strategici”.

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