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Il Piano europeo contro le catastrofi naturali. L’Italia in prima linea

“La flotta di transizione che abbiamo messo in piedi è solo un primo passo. Vogliamo rafforzare il dispositivo soprattutto in termini di capacità”. Cosi Chirstos Stylianides, commissario europeo per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, nell’illustrare a Ciampino il meccanismo di protezione civile rescEU nato a marzo di quest’anno, per far fronte in maniera ancora più incisiva, alle emergenze. “Le catastrofi naturali non conoscono confini e il cambiamento climatico sta aumentandone i rischi e l’impatto. Con rescEU il nostro attuale meccanismo di protezione civile sarà rafforzato a un livello superiore. Questo era ritenuto impossibile solo due anni fa. Con il potenziamento del meccanismo dell’Ue avremo più risposte, migliore coordinamento e, soprattutto, una solidarietà più efficace per i nostri cittadini”.

L’IMPEGNO ITALIANO

L’Italia, attraverso la Protezione Civile e il Corpo dei Vigili del Fuoco, ha un ruolo di primo piano nel dispositivo rescEU, inserito nel più ampio meccanismo di protezione civile europea (Eucpm). In particolare, il nostro Paese partecipa con due Canadair, assieme a Spagna (due Canadair), Francia (un Dash), Svezia (sei elicotteri), Croazia (due Canadair) e Grecia (due Canadair). “Il contributo dell’Italia alla flotta di transizione è stato determinante. Grazie all’Italia e ad altri Paesi la nostra capacità di risposta, quando le capacità nazionali sono insufficienti, è aumentata sensibilmente”. Spiega Chirstos Stylianides, che a breve sarà sostituito nel suo incarico. Anche altri Paesi vogliono partecipare, come la Norvegia, la Serbia, l’Islanda e la Turchia, e l’obiettivo della Commissione è quello di dare vita ad una base permanente entro il 2025.

IL RUOLO DI COPERNICUS

Dal 2014 ad oggi oltre 20 emergenze hanno visto la partecipazione dell’Italia. Nel 2018, i Paesi dell’Unione hanno richiesto assistenza quasi 10 volte, principalmente per incendi boschivi, assistenza medica e inquinamento marino. Nel sistema di risposta europea alle emergenze, un ruolo importante lo svolge anche lo spazio. “il nostro sistema di mappatura satellitare Copernicus – prosegue il commissario Ue – ci ha permesso di agire con efficacia, tanto che anche gli Stati Uniti ce lo hanno chiesto, in occasione dei vasti incendi che hanno colpito il Texas e la California. Per questo mi auguro che possa essere sviluppato ulteriormente”.

NON SOLO ANTINCENDIO

Per rescEU l’Europa vuole andare ben oltre. “Nei nostri piani non ci sono solo gli incendi boschivi o le calamità naturali”. Afferma Stylianides. “Vorremo infatti espandere il dispositivo anche alle emergenze di tipo medico, terroristico, cyber e al settore CBRN (minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari). Per il commissario europeo la solidarietà è una delle migliori risposte anche per gli euroscettici: “I singoli Stati da soli non possono rispondere ai disastri con la stessa efficacia. RescEU è una realtà concreta. Cinque anni fa il budget destinato alla preparazione delle emergenze (all’interno di quello umanitario, ndr) era l’1%, oggi siamo al 10%”.

I PROGRESSI DELLA PROTEZIONE CIVILE EUROPEA

“In questi cinque anni di grande lavoro abbiamo visto il sistema europeo di protezione civile fare passi da gigante”. Ha detto Agostino Miozzo, direttore generale della Protezione Civile. “La legge approvata al riguardo nel 2018 prevede importanti finanziamenti per tutto il sistema di protezione civile europea e questo è molto importante per l’Italia, dichiarata dalle Nazioni Unite miglior rescue team nell’antincendio”. Il lavoro da fare è ancora tanto, spiega Miozzo, “in quanto l’Italia al pari di altri Paesi deve prepararsi ad affrontare lo scenario del futuro, caratterizzato anche da eventi a “bassa probabilità e alto impatto”.

COME FUNZIONA RESC EU

Il dispositivo rescEU è retto da un centro di controllo che si trova a Bruxelles, con il compito di assistere, in coordinamento con i dipartimenti nazionali di protezione civile, i vari Stati (i 28 + Turchia, Montenegro, Serbia, Macedonia del Nord, Islanda e Norvegia) colpiti da disastri, l’Emergency Response Coordination Centre. Nei piani per l’Italia, tra i Paesi più attivi in questo settore dal 2017 , c’è l’acquisizione di nuovi aeromobili, l’aggiornamento di quelli esistenti, (l’Europa contribuisce a questo per circa il 90%, compresa la manutenzione) e il rafforzamento delle capacità per andare oltre il settore dell’antincendio boschivo.

NUOVI ASSETTI IN ARRIVO PER I VIGILI DEL FUOCO

Complessivamente per esigenze di protezione civile i Vigili del Fuoco possono contare oggi su 31 assetti ad ala fissa e rotante, alcuni dei quali messi a disposizione dalla Difesa. “Abbiamo già preventivato – si fa sapere a Ciampino – l’acquisizione di due ulteriori Canadair e l’Unione europea ci permetterà di aggiornare 19 velivoli della nostra flotta”, ammodernamento che sarà sostenuto con un finanziamento da 1 miliardo e 400 milioni di euro previsto nei prossimi 7 anni per rescuEU.

PAROLA D’ORDINE CONDIVIDERE

“La condivisione di due dei nostri Canadair con l’Europa ci permetterà di rinnovare il parco macchine”. Afferma Guido Parisi responsabile ufficio di coordinamento e gestione emergenze dei Vigili del Fuoco. “Metteremo inoltre a disposizione della Ue anche i nostri nuclei di eccellenza Cbrn”. Assieme ai Canadair i Vigili del Fuoco hanno a disposizione quattro elicotteri S64 (ex Corpo Forestale dello Stato), 33 AB412, 10 AB206, cinque AW109 e tre AW139 (altri cinque sono in ordine, per arrivare a otto entro il 2020). Oltre a questo droni, con i quali costituire a breve un servizio in ogni regione. Ad oggi sono state effettuate 10 missioni di protezione civile all’estero per 350 ore di volo.

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