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Ue in Siria, cronistoria di una (non) potenza geopolitica. Parla Amendola

Tempo di guardarsi allo specchio. L’Unione europea “non ha una proiezione geopolitica” e l’invasione della Siria da parte della Turchia ne è la prova incontrovertibile. Parola di Enzo Amendola, ministro degli Affari Europei in quota dem che, invitato da Fabrizio Cicchitto come relatore di un convegno dell’associazione da lui presieduta Rel (Riformismo e libertà) sulla politica estera italiana, non ha risparmiato una serie di duri fendenti a Bruxelles.

In Siria, ha detto l’ex sottosegretario agli Esteri del governo Gentiloni, “siamo arrivati a un punto di non ritorno”. Il conflitto che ha martoriato per sei anni il Paese mediorientale non è altro che una “guerra per procura dove ogni attore in campo si è mosso per conquistare un’egemonia relativa”. In campo l’Ue non è mai scesa, neanche per riscaldarsi. Se è vero, affonda il ministro, che “da sei anni ha assistito in tv alla tragedia siriana, a milioni di profughi e centinaia di migliaia di vittime innocenti consegnando nelle mani dell’alleanza turco-russo-iraniana il destino di questo Paese”. Un errore forse irrimediabile. “Continueranno a decidere loro, oggi la Russia è l’unico interlocutore della Turchia e vanta anche cruciali relazioni diplomatiche con il confine Sud, a cominciare da Israele”.

Gli Stati Uniti di Donald Trump si sono auto-espulsi dai giochi. Sorprende chi si sorprende, spiega Amendola, perché il ritiro americano non è una boutade né “il frutto della vittoria elettorale di Trump, ma parte di un processo che ha radici più profonde”. Un processo da cui l’Ue è rimasta assente, “negli ultimi sei anni non c’è mai stata, ha perso la sua proiezione geopolitica nel Mediterraneo da molto prima, dal 2008-2009 di fatto non esiste più”.

Amendola parla di “disarmo politico” iniziato dalle primavere arabe nel Nord Africa, che hanno fotografato l’Ue (non gli Stati membri) come spettatore passivo degli eventi. Promossa con riserva la reazione dell’Unione all’aggressione turca in Siria, espressa attraverso una condanna unanime (ma senza accordo sull’embargo di armi) del Consiglio Affari Esteri questo pomeriggio. “Sono contento della reazione molto pronunciata e non spot contro la Turchia, ma spero che apra una nuova fase di protagonismo”.

Il bilancio finale non è quello di un euroscettico, tutt’altro. Sbeffeggia la strategia dei “pugni sul tavolo” sposata da Matteo Salvini al governo che, sentenzia Amendola, ha lasciato il Paese a mani vuote. L’auspicio è piuttosto quello di curare il prima possibile “il vero vulnus” della costruzione europea: la politica estera. “La Difesa comune è ridotta al lumicino, la nostra funzione di alleanza geopolitica non esiste. Possiamo ritrovarla se adempiamo alla nostra missione regolatrice nel mondo e non rimaniamo spettatori inermi degli squilibri continentali”.

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