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Non solo guerra e geopolitica. Erdogan cala l’asso della polizia interna

Non solo bombe e geopolitica. Ankara dopo l’invasione della Siria e gli attacchi contro i curdi gioca la carta della polizia interna e avvia una forte repressione contro chi ha criticato (ieri e oggi) i massacri dei curdi. Le autorità turche hanno arrestato in queste ore 24 persone per aver diffuso “propaganda nera” sui social media dopo l’operazione militare. Dall’inizio della guerra la polizia turca ha condotto una serie di interventi dopo aver monitorato attentamente le rete.

IN GABBIA

Già lo scorso anno le forze di polizia turche, assieme ad un gruppo di investigatori specializzati nell’uso dei social, avevano arrestato più di 300 persone per una serie di post pubblicati su Facebook e Twitter che criticavano l’offensiva nel nord della Siria del gennaio 2018. Ma l’offensiva turca contro i curdi non è un fatto ascrivibile all’ultimo biennio, bensì inizia almeno nel 1984: da allora circa 50mila curdi sono stati uccisi nel conflitto con la Turchia. E a quei giornalisti che nel Paese lo ricordano vengono spalancate le porte della repressione, sia sociale sia professionale, con minacce dirette e indirette volte a zittirli.

BRUNSON

Uno dei personaggi che meglio conosce il pugno duro di Erdogan è senza dubbio il pastore americano Andrew Brunson, il cui nuovo libro, “L’ostaggio di Dio”, in questi giorni in libreria, racconta la sua storia di ostaggio politico in Turchia. Ieri il pastore è stato a Washington ospite alla Casa Bianca del vice presidente Pence che ha twittato: “È stato fantastico avere il pastore Brunson alla White House mentre ha pubblicato il suo nuovo libro. Il pastore Brunson e sua moglie ora viaggiano nel Paese parlando di erosione delle libertà religiose in tutto il mondo. Dio vi benedica entrambi!”. Proprio Pence è stato inviato in Turchia per cercare di raggiungere un accordo sul cessate il fuoco. Secondo la Casa Bianca, occorre “mantenere la sicurezza nella regione, la sicurezza dei civili e la detenzione continua dei combattenti dell’Isis”.

REPRESSIONE

Ma oltre al pastore anche il mondo sportivo turco, al di là del gesto della Nazionale di Calcio che potrebbe valere una sanzione Uefa, è stato particolarmente sensibile alle dinamiche politiche erdoganiane. Due giorni fa il cestista turco dell’Nba, Enes Kanter, che è stato bandito dalla sua nazione di origine dopo essere stato voce contraria a Recep Tayyip Erdogan, nell’ambito di una polemica social sui fatti di Hong Kong, aveva elencato le ingiustizie che ha dovuto affrontare per aver parlato contro Erdogan: non ha visto né parlato con la sua famiglia per 5 anni; ha visto incarcerare suo padre; ai suoi fratelli sono precluse opportunità lavorative in Turchia; gli è stato revocato il passaporto; è oggetto di un mandato di arresto internazionale; la sua famiglia non può lasciare la Turchia; è stato oggetto di quotidiane minacce di morte; è stato ad un passo dall’essere rapito in Indonesia.

Intanto è stata rilasciata la giornalista pugliese Francesca Borri, nota per i reportage sul Medio Oriente, fermata all’aeroporto del Cairo, dove era arrivata per motivi professionali. Le cause del fermo non sono note, ma il caso è stato seguito subito dall’Ambasciata italiana in Egitto.

twitter@FDepalo

 

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