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Francesco antiamericano? Una fake news. La versione di Mario Giro

Le mille storie che si intrecciano attorno a mons. Matteo Zuppi, creato cardinale da Papa Francesco il 5 ottobre scorso, erano presenti quella sera stessa in Piazza Santa Maria in Trastevere quando in migliaia hanno assistito alla sua prima messa da membro del concistoro. Una messa all’aperto davanti alla facciata dell’antica basilica dove ogni sera si ritrova la comunità di Sant’Egidio in preghiera e che Zuppi conosce bene, essendone stato parroco per più di 20 anni. Fu il papa Giovanni Paolo II ad affidare la basilica alla comunità romana, in riconoscimento del suo impegno nel quartiere e a Roma. E Santa Maria è divenuta –ad immagine di Sant’Egidio stessa- un porto aperto a tutti, un approdo per innumerevoli storie personali e collettive, di tanta gente, a partire da Trastevere fino ai confini più lontani. Matteo Zuppi ben rappresenta tale spirito: amico dei poveri fin da ragazzo, è stato il prete di tutti, degli anziani, dei poveri di ogni sorta, dei trasteverini e dei romani, dei soli, dei credenti e dei confusi, anche di tanti non credenti in ricerca, e poi degli africani e dei latinoamericani assetati di pace, tutti accolti e ascoltati con rispetto e mai sbrigativamente. Per tutti, per le piccole storie personali di ciascuno uomo o donna come per le più vaste storie di popoli, c’è stato in lui –in puro stile Sant’Egidio- ascolto, pazienza, interesse e memoria, quasi senza gerarchizzare i problemi. Tutti avevano diritto al suo tempo nella medesima misura, non importa quale fosse il problema. E proprio di “amicizia” (una parola chiave per la comunità di Sant’Egidio) ha voluto parlare nella sua predica di sabato sera.

Non a caso Papa Francesco ha voluto dare al card. Zuppi il titolo di “Sant’Egidio in Trastevere”, mai utilizzato prima. Un segno di riconoscimento per lo spirito di Sant’Egidio, quel carisma di dialogo, preghiera, amicizia con tutti e amore per i poveri con cui Andrea Riccardi ha modellato la comunità di giovani da lui fondata nel lontano 1968 e oggi sparsa in 70 paesi del mondo. Una comunità molto “romana” come osservava Giovanni Paolo II, intesa nel senso di universale. La comunità delle 3 “P” come ha detto papa Francesco: preghiera, poveri, pace. Tale spirito universale inizia dal piccolo e, senza mai dimenticarlo né abbandonarlo, si spinge sulle frontiere più lontane. Anzi: è proprio il piccolo, sono proprio i poveri e gli umili che spingono la comunità verso le tante croci sparse nel mondo.
Mons Zuppi è parte di questa storia e di tale spirito, che ha portato anche a Bologna: la sua nota e travolgente simpatia umana si radica in tale costante “uscita” verso gli altri, senza sapere prima chi siano, senza selezionarli, e che non vuole abbandonare nessuno. Si tratta di una spiritualità molto concreta. Infatti una delle cose che si dice troppo poco su Sant’Egidio, come su don Matteo, è che la prima opera della comunità è la preghiera. Una preghiera ininterrotta che dalla fondazione della comunità continua sempre ogni giorno, e si spande in tutte le comunità nel mondo. Così anche su Zuppi non si ricorda abbastanza il suo essere uomo di riflessione e di preghiera, come appare chiaro dai libri che ha scritto, come ad esempio “Curare le malattie del cuore”.

Solo dopo c’è l’interesse per la politica, che per Zuppi (come per tutta Sant’Egidio) significa ricerca continua di dialogo e di pace. La Evangeli Gaudium e la Laudato Si sono state presentate dai media come messaggi “politici”, ma in senso stretto non lo sono: esprimono invece la preoccupazione del Papa per il modello di sviluppo attuale che crea ingiustizie e allarga le diseguaglianze, e per l’ambiente. Allo stesso modo la Laudato Si non può essere considerata una “enciclica verde” ma una guida verso il cambiamento del modello di sviluppo mediante la cura del creato, degli esseri viventi e degli esseri umani.

Su questa linea papale tante sono le critiche, sia dei governi che di certi ambienti ancora legati al liberismo nelle sue varie forme. Tuttavia ciò che il papa sostiene è semplicemente questo: come uscire dalla guerra commerciale in corso e allo stesso tempo affrontare le diseguaglianze persistenti se non attraverso un capovolgimento totale del paradigma economico? Dire che Francesco è antiamericano è una fake news: la verità è che Francesco cerca un nuovo modello di sviluppo umano ed egualitario che oggi gli Stati Uniti non rappresentano, così come nessun altro Paese del mondo in verità. Infatti il papa non ha maggiori simpatie per i dirigenti socialdemocratici europei, così paurosi e timidi davanti alle sfide sociali. La visita del Segretario di Stato Pompeo è stata importante per assicurare una fluidità di dialogo che è sempre auspicabile tra due autorità globali come lo sono in diversissimi modi gli Usa e la Santa Sede. Ma lo stesso Segretario ha ammesso “tra noi ci sono divergenze”.

Le parole di Francesco davanti al Congresso di Washington furono già chiare: “Siamo tutti dei migranti”. Certo non ci sono discordie con l’America sulla democrazia o sui valori ma sul modello di sviluppo o sul trattamento dei migranti sì. Il papa cerca degli alleati per aprire un vero confronto su tali temi e la riunione di marzo 2020 ad Assisi, da lui voluta con gli economisti del mondo, va in questo senso. Così anche i nuovi cardinali provengono da esperienze e terre martoriate: un segnale per dire a tutti ciò che preoccupa la chiesa.

Francesco non cerca la via della “prosperità” (come invece fanno tante sette), né della “crescita” ma quella della giustizia e soprattutto dell’eguaglianza. Sulla crescita (lo stanco mantra di tanti) il papa ha uno sguardo realistico: non ci sarà mai crescita sufficiente per tutti, anche ammettendo che sia “giusta” e non sfruttatrice. Già Papa Benedetto si era espresso su questo all’inizio della crisi finanziaria globale: “i soldi svaniscono, sono niente”. Non si trattò –si badi bene- di una frase retorica. Per la chiesa ciò che è necessario è una “condivisione” dei beni tra chi ne possiede e gli “scarti”.

Il “sinodo amazzonico” ritorna su questi e su altri temi che il papa ha già indicato: i popoli senza territorio né riconoscimento, le popolazioni senza terra e senza reddito, i poveri delle periferie urbane e umane, l’ingiustizia sociale, la mancanza di cure, l’ambiente ecc. In sintesi Francesco sembra dire: finché l’uomo sarà guidato da uno spirito proprietario rimarrà un predatore; solo un uomo dallo spirito povero potrà fare giustizia. Questa è la strada che Francesco indica alla chiesa cattolica –e attraverso essa a tutti i cristiani: una chiesa povera per i poveri. E se non ne siate convinti pensate almeno a questo: nel mondo i poveri sono ancora la maggioranza.



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