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Gas, Ucraina, sanzioni. Mai abbassare la guardia con Mosca. Il monito dell’amb. Eisenberg

“I venti che agitano le nostre bandiere e i nostri cieli sono consistenti”. Lewis Eisenberg, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, prende la parola dal Centro Studi Americani di Roma. Il diplomatico vicinissimo a Donald Trump apre il quarto Forum Transatlantico sulla Russia con una nota cupa. “Un’Europa e un’America più forti sono essenziali per garantire la pace nel mondo” esordisce di fronte a una platea gremita di cronisti, feluche, accademici. Ma, dice, bisogna fare i conti con “nuove minacce” che attendono al varco l’Alleanza Atlantica. La Russia è una di queste, e resta in cima all’agenda degli americani in Europa. Eisenberg non usa mezzi termini. È reduce dal tour italiano del segretario di Stato Mike Pompeo, lo ha accompagnato negli incontri bilaterali con Giuseppe Conte, Sergio Mattarella, Luigi Di Maio.

Come lo stesso inquilino di Villa Taverna riconosce in apertura, c’è qualche nube in arrivo sui rapporti fra una parte e l’altra dell’Atlantico. Al Centro Studi Americani il convegno è aperto dai saluti cordiali di Gianni De Gennaro, presidente del Csa e di Leonardo, già Direttore del Dis (Dipartimento per l’informazione e per la sicurezza). Fuori, nei palazzi romani della politica avvolti da un cielo plumbeo, impazza la polemica sul caso “Spygate”. Conte è atteso dal Copasir per chiarire i dettagli dei due incontri che il procuratore generale Usa William Barr, il 15 e il 27 agosto, ha avuto a piazza Dante con i vertici dei Servizi Gennaro Vecchione (Dis), Luciano Carta (Aise) e Mario Parente (Aisi). E deve fare i conti con il fuoco incrociato di avversari e soprattutto alleati, specie l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi, che un giorno puntella la maggioranza e quello dopo spara a vista.

La Russia e le intromissioni negli appuntamenti elettorali esteri sono al centro del Russiagate americano e del suo ramo italiano. E vengono richiamati da Eisenberg al Csa. “Non possiamo ignorare le interferenze russe nelle elezioni democratiche, le sue robuste campagne di disinformazione” ammonisce dal palco l’ex presidente dell’Autorità portuale di New York. Ritenere secondario o superato il problema sarebbe un errore, spiega l’ambasciatore. Appunti per l’Italia, alleato storico e solido degli americani che, soprattutto negli ultimi anni, non ha mai abbandonato la tentazione di farsi pontiere con Mosca nonostante la linea ufficiale delle sanzioni europee e della deterrenza Usa. Per dirla con Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia e oggi presidente di Aspen, c’è un vecchio proverbio che più di tutti spiega l’ambiguità italiana nei rapporti col Cremlino: “A Mosca nessuno sa cosa sta succedendo ma tutti lo capiscono, a Roma tutti sanno cosa succede ma nessuno capisce”.

Eisenberg traccia una linea chiara. Ecco la visione dell’amministrazione Usa: “dovremmo cooperare con la Russia quando è nel nostro interesse e nell’interesse dei nostri alleati. Quando non possiamo cooperare non dovremmo farlo”. Due i fronti che vedono l’Italia in prima fila. A far da sfondo alle tese relazioni con la Piazza Rossa c’è la questione della Crimea, territorio annesso nel 2014 dal governo russo con buona pace del diritto internazionale e focolaio di una guerra con l’Ucraina che non trova soluzione da un intero lustro. Ue e Usa accusano Mosca di violare continuamente gli accordi di Minsk e impongono per questo dure sanzioni economiche. “Sono state concepite per essere tolte, non sono permanenti – precisa Eisenberg al Csa – ma finché la Russia non si adeguerà agli accordi presi gli Stati Uniti le manterranno”. È la linea ufficiale del Consiglio europeo, che delle misure restrittive anti-russe ha fatto un collante politico negli ultimi anni. L’Italia, specialmente con il governo gialloverde, ha più volte tentennato a rinnovarle salvo adeguarsi semestralmente. L’attuale governo, che è nato con un prezioso e puntuale endorsement della Casa Bianca, non sembra voler risollevare la polvere dal tappeto.

Il dossier sanzioni però non è l’unico ad attirare i riflettori americani su Roma. Ce ne sono tanti, dal programma F-35 ai flirt con il governo cinese sul 5G fino al caso piombato sui Servizi. Eisenberg ne cita un altro, non meno urgente per Pennsylvania Avenue. Si tratta della politica energetica, vettore cruciale di alleanze geopolitiche di cui la Russia di Vladimir Putin ha fatto un’arma formidabile.

“È preoccupante realizzare che molti Paesi europei fanno un uso inappropriato delle loro risorse energetiche e hanno tagliato i rifornimenti all’Ucraina” scuote la testa l’inviato di Trump. Il gas naturale è “una delle leve dell’influenza russa in Europa”. Un rubinetto pronto a chiudersi da un momento all’altro, a seconda che i beneficiari si adeguino o meno alle richieste del Cremlino. Così è accaduto con l’Ucraina, cui i giganti russi del settore, Gazprom e Rosneft su tutti, hanno a più riprese tagliato i rifornimenti dall’inizio della crisi.

È la dimostrazione, spiega Eisenberg, che “la Russia, per la sua enorme ricchezza energetica e il suo ruolo di fornitore di più del 35% del gas naturale consumato in Europa, non è un partner affidabile”. Un monito rivolto da tempo dal Dipartimento di Stato Usa alla Germania, che è impegnata nella costruzione del gasdotto North Stream 2 e rischia di far dipendere gran parte del settore dai rifornimenti russi.

Un’alternativa c’è, e l’Italia l’ha presa in considerazione non senza ritardi e polemiche politiche. Si chiama Tap (Trans-Adriatic Pipeline), il gasdotto che unirà l’Azerbaijan alla Puglia e correrà sotto al letto del mare Adriatico.  “Un condotto assolutamente strategico – dice Eisenberg – è importante che si proceda al suo completamento entro il 2020”. L’Italia fa bene a voler espandere le sue fonti di energia, concede il diplomatico, ma farebbe altresì bene a considerare “un aumento della capacità di gas naturale (Lng) e delle importazioni dagli Stati Uniti”, perché “raggiungerebbe l’obiettivo di assicurare rifornimenti adeguati di energia nei decenni a venire”. Un altro appunto americano per Palazzo Chigi. L’ennesimo in arrivo su una scrivania sempre più affollata.

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