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Gebran Bassil e la fine del feudalesimo in Libano

L’idea lanciata dal ministro degli esteri libanese, il maronita Gebran Bassil in occasione di un importante incontro sul dialogo interreligioso, ha avuto un successo che neanche lui poteva immaginare. Bassil aveva teorizzato niente di meno che un’unione levantina, dal Libano all’Iraq, unione anche economica tra tre economie disastrate. La maestosità delle proteste di piazze, interconfessionali come mai nella storia di Iraq e Libano, dai sud sciiti ai nord sunniti, ha detto al politico libanese che la sua idea è matura, ma in termini molto diversi da quelli che lui probabilmente immaginava.

Il collasso economico libanese tra tangenti stratosferiche di cui tutto il Libano sa (a cominciare dalla corrente elettrica) porta per strada sciiti contro Hezbollah, sunniti contro Hariri, e il leader cristiano Gemayel è il primo che imbrocca la risposta giusta e annuncia la decisione di lasciare il governo di unità nazionale.

L’idea di Gebran Bassil si ritorce in poche ore contro il proponente e ora scuote la presidenza di suo suocero, quella che lui dovrebbe ereditare ma che forse in queste condizioni diviene un sogno agonizzante. Il Libano, trascinato dall’esempio dato dagli iracheni, è pronto a indicare tutte le malefatte di governanti che di confessionale hanno solo la cassa. Ma il confessionalismo tribale non regge più, e i cristiani come Bassil, quelli cioè che avevano pensato di giocare sulle linee di demarcazione confessionale per eternizzare un potere clanico, sembrano proprio messi male.

La rivolta si snoda da giorni per le strade di tutti i grandi centri urbani libanesi, da sud e nord. E poco possono fare le milizie di Hezbollah per riportare la calma. Lo stesso, non visto da troppi giornali, accade da settimane in Iraq, dove le milizie sciite non riescono a recuperare il controllo della popolazione inferocita e in larga maggioranza sciita. È la fine del modello Hezbollah, le milizie non solo non governano più le pulsioni dei giovani, ma non controllano la loro piazza. Tutto questo costituisce una sfida mortale per il sistema di alleanze ipotizzato dal plenipotenziario cristiano Bassil.

Il Libano indica la strada post-confessionale, post-tribale, in una parola indica la strada della cittadinanza. La forza dirompente della dichiarazione di Abu Dhabi, quella firmata da Francesco e l’Imam al-Tayyeb a febbraio, torna così a soffiare forte sulle piazze arabe. Molti altri eventi di questo periodo, a cominciare dal volto degli arabi israeliani, l’hanno evocata. Ora Hezbollah cercherà di salvare il governo dei potentati tribali del Libano, l’unico modo che ha per controllare governo e territorio e seguitare a ricevere armi da Teheran. In mezzo c’è la Siria; quando il vento della cittadinanza riuscirà a sopravanzare gli eserciti miliziani anche lì sarà davvero l’inizio di una nuova unione, ma di popoli, non di clan.

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