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L’Umbria non sarà decisiva per il governo, la manovra sì. Parla Ghisleri

Sarà la manovra, non tanto le elezioni in Umbria, a orientare le preferenze dei cittadini verso le diverse forze politiche che proprio in questi giorni si scontrano sulle misure economiche del governo Conte 2. A crederlo è Alessandra Ghisleri, sondaggista e fondatrice di Euromedia Researc che intervistata da Formiche.net ha analizzato la nascita della nuova forza di Matteo Renzi, Italia Viva, le ripercussioni sul governo e il campo unito del centrodestra sceso in piazza nel fine settimana.

Partiamo dai numeri: in base all’ultimo sondaggio di Euromedia Research il gradimento dell’area di governo sarebbe 3 punti sotto il totale dell’area di centrodestra. Il divario è destinato ad aumentare? 

Intanto è un divario fittizio perché oggi Marattin (Luigi, ndr) ha dichiarato che Italia Viva non ha una naturale possibilità, attualmente, di coinvolgersi in una maggioranza politica con i 5 Stelle. Il che vuol dire che un’area di governo non è considerevolmente un’alleanza politica, ma un’alleanza, appunto, di governo. E sono due cose diverse.

E come si tradurrebbe, in un’eventuale elezione?

Prima di tutto dipende dalla legge elettorale con cui si andrà a votare, in secondo luogo bisognerebbe capire gli schieramenti in campo. Poi bisognerà vedere con chi deciderà di schierarsi Italia Viva, cosa deciderà di rappresentare e se, come dicevo prima, questa alleanza con i 5 Stelle possa essere reale o meno. Al momento abbiamo una forza di centrodestra che è compatta, che era in piazza e che viaggia tra il 46 e il 48%, e poi c’è un’alleanza di governo molto importante ma tale resta. Questi due fattori, legge elettorale e alleanze, sono fondamentali per poter immaginare cosa succederà poi.

La scissione di Matteo Renzi con Italia Viva ha cambiato le carte in tavola del quadro politico?

Io credo che quella di Matteo Renzi sia al momento una forza molto istituzionale, che sta costruendo un suo percorso e sta cercando di dare una visione, cosa che molti altri non hanno ancora fatto. Ieri Marattin parlava della possibilità di cambiare l’Irpef in un anno, quindi di agire sul sistema fiscale nazionale e questo sarebbe interessante perché attualmente il governo ha fatto trapelare delle indicazioni sulla manovra che non sono state percepite in modo favorevole dall’elettorato.

Cosa intende?

La manovra viene letta dai cittadini come “obblighi immediati, vantaggi posticipati”, viene vista come molto istruttiva su quali sono le regole da seguire ma poco evolutiva su quello che potrebbe essere il punto di arrivo. La necessità di trovare un punto di confronto Renzi la potrebbe avere. Il suo problema, però, è quello di avere un territorio che riscontra un suo possibile effetto, perché al momento ha un ottimo successo alla Leopolda, ha un ottimo successo tra le imprese, ma nei sondaggi è sempre tra il 4 e il 5 %. Ha un valore dettato da un sistema di informazione legato all’operazione Italia Viva ma che si deve ancora evolvere sul territorio.

Quanto grava sul Partito democratico la nascita di Italia Viva?

Grava tanto, perché su 5 punti, 3 sono del Pd, 1 arriva dalla parte più liberale del centrosinistra che potrebbe essere + Europa e poi 1 punto, o poco meno, arriva dal centrodestra dalla parte di Forza Italia. Questo comporta un sistema che si trasmette perché non ci sono punti di riferimento. Poi però, come dicevo, serve la presenza sul territorio, e quindi i sindaci, ed è quello su cui stanno lavorando in questo momento. È evidente che a Renzi serve tempo per costruire il suo percorso.

L’alleanza tra Pd e M5S a livello locale e regionale può essere una risposta al distacco di Matteo Renzi?

Non possiamo saperlo, perché a livello locale Italia Viva non si è ancora presentata. Il tema vero è che quella tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle è un’alleanza di intenti e non una comunanza di impresa e questo è un tema che divide molto i cittadini.

Perché?

I cittadini si accorgono che non si tratta di un’alleanza vera, ma di uno stare insieme per avere uno scopo comune, e non c’è niente di peggio del far vedere che non c’è un’alleanza, ma un’unione di scopo. Se lo scopo non è portare avanti la mia vita di cittadino, la mia Italia che è la patria dove vivo, la mia situazione familiare che è disturbata, insomma una visione di futuro, allora è difficile avere successo.

Una dichiarazione come quella di Beppe Grillo sul voto agli anziani che ratio ha?

Vorrebbe dire togliere il voto al 30% degli italiani (ride, ndr). Storicamente i 5 Stelle hanno un elettorato molto più giovane, quella di Grillo è una provocazione per dire “diventate più giovani, cercate di cambiare”, dato che l’elettorato più maturo è meno propenso al cambiamento.

Il Movimento 5 Stelle sembra attraversare una crisi di identità. Come potrebbe uscirne?

Io credo che il Movimento 5 Stelle dovrebbe trovare un’anima comune, perché al momento non ce l’hanno. Hanno tante fronde: c’è quella di Fico, più di sinistra, c’è una fronda di Di Maio, che è più Casaleggio-oriented e poi l’area di Conte, più democratico-liberale che si sovrappone ai medesimi elettorati. Abbiamo tre aree molto complicate e differenti tra di loro, hanno bisogno di trovare una sintesi per costruire insieme un soggetto che sia rappresentativo per le persone. M5S non deve dimenticare che parte dalla gente, non sono inseriti in un partito che già esisteva: sono diventati un partito perché la gente li ha scelti.

Tutto si scompone per poi ricomporsi. Ma come?

È come nei video in cui il cubo si scompone e diventa una sfera poi si scompone per diventare un’altra forma ancora. È un momento di riassetto molto importante. Se si tiene conto che le rilevazioni dei sondaggi hanno un 3% di errore, vuol dire che grandissime variazioni non sono ancora percepibili e quindi che la gente sta a guardare e prova a comprendere che cosa sta accadendo. Chi darà un’idea di Paese migliore, chi darà un’idea di Paese aderente a ciò che ciascuno desidera allora avrà più successo.

In questo quanto conta la figura del leader carismatico?

Conta tanto, perché aiuta nell’identificazione, ma non è l’unico fattore. Conta la capacità, la modalità e la consapevolezza del ruolo che si ha. E ancora conta la competenza in quello che si fa e si deve fare, e quindi la squadra che si presenta ai cittadini. Non singoli, ma tutti insieme.

Quale sarà l’importanza delle elezioni in Umbria?

Il tema non è tanto chi vincerà, ma come si proporranno e come saranno le vittorie. Faccio un esempio: se vince Salvini, di quanto vincerà rispetto agli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia? Se vince il centrosinistra, quali sono le liste che potranno portare dei voti e quali sono le colpe relative alle candidature? Insomma, credo che il ruolo importante dell’Umbria sia la sperimentazione di questa elezione con un tratto nuovo che presenta una coalizione, di fatto, senza Renzi come brand, e quindi la necessità di avere un brand nuovo. E come l’Umbria saranno importanti tutte le altre competizioni regionali. Sono micro cosmi che rappresenteranno ogni volta una nuova batteria di veridicità e una nuova prova. Non credo però che cambieranno il mood nazionale, perché ogni forza ci penserà bene prima di mollare il colpo.

In queste ultime settimane si sono tenute le manifestazioni nazionali di tre partiti: Movimento 5 Stelle a Napoli, Lega di Matteo Salvini a Roma e la Leopolda di Matteo Renzi a Firenze. Che effetti hanno sul senso di appartenenza degli elettori/militanti?

Non hanno grandi effetti, perché il voto non è vicino, e sono manifestazione che indicano chi c’è, chi non c’è e chi sta con chi. C’è certamente la volontà di farsi percepire uniti, ma a livello di voti non hanno un grande impatto.

Come si può interpretare, invece, la strategia “attendista” di Zingaretti?

Zingaretti sta cercando di trovare la sua strada e di orientare verso una politica che abbia un suo spazio di vita. Anche lui ha tempo per portarla avanti, ma è essenziale capire come motivare la scelta di fare un governo con i 5 Stelle, che ha rappresentato un compromesso dal prezzo importante. Il Pd non deve solo semplificare l’approccio con l’elettorato, ma anche e soprattutto trovare una via d’uscita perché essere al governo è complicato, e la percezione dei cittadini sulla manovra non aiuta da questo punto di vista.

La manovra, dunque, sarà fondamentale?

Sarà importante come verranno raccontate e come saranno lette le misure del governo e soprattutto a quali esiti porteranno, perché come dicevo prima, il tema vero è che gli italiani temono che sarà una manovra che darà effetti troppo lontani nel tempo.


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