Ovviamente, più il confronto sulla manovra diventa stringente sia a livello parlamentare che a livello di confronto con la Commissione europea, e più si accendono i riflettori sulla figura e sull’operato di Roberto Gualtieri. E poiché sono ormai molti anni che il ruolo di ministro dell’Economia viene ricoperto da un tecnico, parecchi hanno storto il naso piuttosto perplessi. Un ruolo così delicato affidato ad un politico puro? Ad un professore di Storia Contemporanea? In un momento delicatissimo per la nostra economia?
Il tutto aggravato dal fatto che nel nuovo governo, il ministro dell’Economia non è più ostaggio e mero esecutore della volontà di azionisti di governo in preda ad un delirio di onnipotenza (come accadeva al povero Giovanni Tria), ma torna ad essere figura essenziale per il futuro economico-finanziario della nazione. Ora, probabilmente, il modo migliore per rispondere alle citate perplessità è proprio quello di dare una occhiata a quello che ha fatto Gualtieri in Europa prima di fare il ministro. In quest’ottica, emerge subito che Gualtieri, ancorché politico, i galloni di tecnico se li è conquistati sul campo affrontando e gestendo – come presidente della Commissione Affari Economici e monetari del Parlamento Europeo – la partita più delicata giocata dall’Italia negli ultimi tre anni.
Ci si riferisce qui a quella partita relativa allo smaltimento della massa di credito deteriorato (Npl – Non performing loans) che si è accumulato nelle pance delle banche nel corso di 10 anni di crisi. Infatti, su questo fronte, il sistema bancario italiano si è venuto a trovare progressivamente in una posizione di forte isolamento rispetto ai sistemi bancari centro-europei. Alcuni dati: nel 2018, l’Italia evidenziava crediti deteriorati pari a circa il 10% degli impieghi a fronte di una media europea intorno al 3,5%. La Francia era al 3%, la Germania e l’Olanda al 2%. Da evidenziare però, a questo proposito, che il citato fardello di credito deteriorato non era affatto la conseguenza della incapacità del sistema bancario italiano di concedere credito in maniera sana e prudente.
Derivava, piuttosto, dalla volontà delle banche italiane (e mediterranee) di prediligere gli impieghi rivolti al sostegno delle imprese rispetto agli impieghi di natura finanziaria tipici dei sistemi bancari anglosassoni. Il grosso problema è che in Europa, quando si rimane isolati su una determinata posizione, automaticamente si diventa vulnerabili a indirizzi e normative poco attente alle peculiarità dei singoli Paesi. Ed infatti, è proprio in questo complesso scenario che l’allora capo della vigilanza della Bce, la francese Daniele Nouy, ha benedetto, nel biennio 2017-2018, la Prima Crociata contro il fardello di credito non performing.
Più in particolare, nel 2018, la vigilanza ha emanato le Linee Guida (Addendum) sulla gestione del credito deteriorato con il quale si “raccomandava” alle banche di coprire al 100% con accantonamenti a bilancio il credito deteriorato formatosi dopo l’aprile 2018. Detta copertura totale doveva avvenire in sette anni per gli Npl garantiti ed in due anni per quelli privi di garanzie. Il punto è che uno smaltimento troppo rapido degli Npl tende a generare danni collaterali a danno del tessuto imprenditoriale. Infatti, le banche, trovandosi a dover incrementare gli accantonamenti ed il patrimonio per rispettare le indicazioni della vigilanza, possono trovarsi nell’impossibilità di supportare come necessario un sistema produttivo ancora in crisi respiratoria.
Problema, tra l’altro, fortemente amplificato in Italia dal fatto che le Pmi non sono mai riuscite a sviluppare valide alternative al tradizionale canale bancario. Ed è proprio in questo contesto che Gualtieri è riuscito a frenare le mire “espansionistiche” della Nouy. Innanzitutto, contrastando in ogni modo l’idea che un organo amministrativo quale le Bce potesse emanare, come nel caso dell’Addendum, norme di fatto valide erga omnes per tutte le banche. In sostanza, secondo Gualtieri, l’impostazione data dalla Vigilanza alterava la gerarchia delle fonti sottraendo ad organismi politici, quali il Consiglio ed il Parlamento europeo, prerogative loro riservate. In secondo luogo, Gualtieri è riuscito a far respingere gli emendamenti volti ad estendere lo smaltimento rapido degli Npl a tutto lo stock di credito deteriorato (non solo quello generato dopo l’Aprile 2018), cosa che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti su banche ed imprese dei paesi mediterranei.
Infine, il professore ha ottenuto, nel corso dell’iter di approvazione della nuova normativa in esame, un ammorbidimento delle regole a tutela dei Paesi con maggiori problemi di credito deteriorato: copertura con accantonamenti in tre anni anziché in due per gli Npl non garantiti e copertura in nove anni anziché in sette per quelli garantiti da immobili. Ma, soprattutto, la pericolosa partita sul credito deteriorato, ha dimostrato, da una parte, la capacità di Gualtieri di coordinare e canalizzare gli sforzi degli organismi coinvolti nel problema (Abi, Banca d’Italia, Mef, Confindustria) al fine di ottenere norme più equilibrate. Dall’altra, ha reso evidente che le regole europee possono essere migliorate dall’interno con una attività pressante e risoluta. In questo caso però ci vuole, appunto, un abile politico che sia anche un bravo tecnico. Se, invece, si vuole solo menare colpi alla cieca sull’euro incuranti delle conseguenze, allora basta un robusto fabbro.