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Perché il viaggio di Mattarella negli Usa non è mera cortesia. Il commento di Castellaneta

L’instabilità e la peculiarità delle maggioranze politiche partorite negli ultimi anni, nonché la inarrestabile tendenza del mondo attuale a semplificare ed ad individuare personalità carismatiche di riferimento hanno ampliato il ruolo ed  il prestigio del presidente della Repubblica Italiana a livello interno ed internazionale.Il viaggio del presidente Sergio Mattarella negli Stati Uniti non può essere quindi  classificato come semplice “visita istituzionale” o di mera “cortesia” diplomatica tra due capi di Stato, dotati costituzionalmente di poteri assai  diversi. Le travagliate vicende politiche italiane, insieme ai numerosi dossier sul tappeto in un momento in cui il rapporto tra le due sponde dell’Atlantico non sono mai stati così complicati, fanno sì che la missione del Presidente della Repubblica sia un appuntamento importante per sciogliere alcuni complessi nodi bilaterali ed internazionali. Aggiungiamo che si tratta della prima visita di un leader europeo a Washington dopo la crisi turco-curda e i pasticci della diplomazia americana seguiti a ruota dalle caute dichiarazioni Nato e le prudenti prese di posizioni della Ue non andate oltre la minaccia di un embargo sulle forniture militari.

Partiamo dalla situazione politica nostrana. Nell’ultimo anno e mezzo, al di là delle pacche sulle spalle e dei sorrisi di circostanza, Washington ha iniziato a guardare all’Italia con maggiore diffidenza, non riuscendo a comprendere le reali intenzioni e orientamenti di politica estera manifestati dal Governo “giallo-verde”. Gli equilibrismi diplomatici imposti dall’esecutivo a trazione sovranista, che cercavano di strizzare l’occhio sia agli Usa di Trump che alla Russia di Putin, hanno generato nella Casa Bianca alcuni dubbi sull’affidabilità del partner italiano.

Ora l’avvento del Conte-due,  peraltro “benedetto” dallo stesso Trump con l’ormai famoso tweet dedicato a “Giuseppi”, e di una nuova alleanza politica, potrebbe riportare sulla tradizionale carreggiata le relazioni bilaterali. È evidente che, nel corso di questa fase complicata, gli Usa continuano a guardare al presidente Mattarella come a una figura di grande garanzia politica, in grado di gestire con saggezza e fermezza una crisi dai contorni inediti e a mantenere l’Italia saldamente nel gruppo euro-mediterraneo e filo-atlantico con una forte valenza europea.

Per quanto riguarda invece le tematiche in discussione, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Da una parte l’Italia è decisa a difendere i propri interessi commerciali e a schivare i dazi imposti dagli Stati Uniti; dall’altra parte Washington chiede chiarezza a Roma sulle vicende di spionaggio legate al Russiagate e sui delicati aspetti di sicurezza nazionale collegati al dossier del 5G e ai rapporti con la Cina nell’ambito della Nuova Via della Seta.Mattarella può giocare un ruolo di peso in mezzo a tutte queste vicende agendo come una bussola ma anche come punto di equilibrio. Il presidente si è espresso a più riprese contro i dazi americani, deciso a ribadire gli interessi economici degli esportatori di prodotti “made in Italy”. E al tempo stesso durante il suo colloquio con Trump ha garantito la serietà italiana nell’approcciare la questione del 5G.

Il grande equilibrio dimostrato può ancora una volta fornire rassicurazioni e garanzie agli Usa sul fatto che l’Italia da ora in poi eviterà di fare ricorso a maldestre fughe in avanti come la firma del Memorandum di Intesa con la Cina e che la politica estera italiana si basa in maniera chiare e coerente con le tre fondamentali direttrici, europeismo, coazione mediterranea, atlantismo.

Importante infine il passaggio sulla costa occidentale a sottolineare anche il contributo della antica e recente comunità italo-americana nei campi della cultura, della scienza, delle Ict, della agricoltura (lo Zinfandel californiano e pugliese!) e nella finanza (Amedeo Giannini fondatore della Bank of America!).

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