Mentre l’onda lunga del Russiagate è giunta anche in Italia, la commissione Intelligence del Senato statunitense ha appena diffuso la seconda parte del suo rapporto sulle interferenze di Mosca nelle elezioni presidenziali del 2016. Principale oggetto dell’approfondimento: la campagna di disinformazione dell’Internet Research Agency, la cosiddetta ‘fabbrica dei troll’ di San Pietroburgo ‘spenta’ dal Cyber Command durante le Midterm del 2018, uno dei filoni di inchiesta nell’ampio lavoro di indagine dell’ex procuratore speciale Robert Mueller.
LE INTERFERENZE DI MOSCA
Anche questo documento (qui il testo completo in inglese), così come i precedenti, è destinato a far discutere. Nelle pagine del rapporto, infatti, si sostiene che l’agenzia che gli investigatori americani ritengono legata a doppio filo all’intelligence russa, abbia “cercato di influenzare le elezioni presidenziali del 2016 danneggiando le possibilità di successo di Hillary Clinton e sostenendo Donald Trump, sotto la direzione del Cremlino”. Una visione che l’attuale inquilino della Casa Bianca respinge, ma solo in parte, dal momento che è stata proprio la sua amministrazione a imporre a marzo del 2018, attraverso il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, guidato dal segretario Steven Mnuchin, sanzioni alla Russia proprio a causa delle presunte interferenze. La persona più importante colpita dai provvedimenti è stato Yevgeniy Viktorovich Prigozhin, accusato di aver finanziato proprio l’Ira e considerato molto vicino al presidente russo Vladimir Putin.
LA CONTRO-INDAGINE DI DURHAM
Più in generale, tuttavia, sull’ampio Russiagate, Trump ha invece aperto una contro-indagine – affidata al procuratore del Connecticut John Durham sotto la supervisione del ministro della Giustizia William Barr – mirata a chiarire se questo e altri episodi non siano solo pezzi di un complotto internazionale ordito per danneggiarlo.
I RILIEVI DEL REPORT
Il report bipartisan del Senato, invece, non lascia spazio a interpretazioni. L’attività dell’Ira, si legge nelle pagine, farebbe “parte di una campagna di guerra delle informazioni più ampia, sofisticata e in corso progettata per seminare discordia nella politica e nella società statunitense”. Il panel, guidato dai Repubblicani, ha anche delineato delle raccomandazioni su come legislatori, governo federale e società tecnologiche possano combattere le ingerenze online future, incluso il fatto di chiedere all’amministrazione Trump di “rafforzare con il pubblico il pericolo di tentate interferenze straniere nelle elezioni del 2020”.
LA DISINFORMAZIONE DI MOSCA
La disinformazione e i cyber attacchi attribuiti a Mosca anche negli Usa sono stati oggetto di diversi studi condotti da Alina Polyakova, oggi fellow del think tank Brookings Institution e in precedenza direttore della ricerca presso l’Atlantic Council.
La Russia, ha spiegato l’esperta a Formiche.net, “vede l’opportunità nel caos” e nelle divisioni sociali, e cerca di amplificarne la risonanza mediatica” con ogni strumento a sua disposizione (sarebbe di un miliardo di euro l’anno, secondo alcune stime, il budget del Cremlino per le sole attività di propaganda).
Per Alina Polyakova non va sottovalutato lo sviluppo che tecnologie come l’intelligenza artificiale daranno a tecniche disinformazione attribuite nei recenti anni a Mosca, come quelle sul Web (noti i molti casi riguardanti Facebook, Youtube ma anche iniziative cross-mediali come Rt), parte di quella che è considerata a tutti gli effetti una “guerra asimmetrica”. In particolare, rileva l’esperta autrice di un’analisi dedicata all’argomento dal titolo Weapons of the weak: Russia and AI-driven asymmetric warfare, l’Ia potrebbe potenziare a dismisura l’uso della disinformazione da parte della Russia. E, teme la Polyakova, a differenza dello spazio militare convenzionale, gli Stati Uniti e l’Europa sarebbero al momento “mal equipaggiati” per rispondere ad un’eventuale warfare condotta nello spazio cibernetico e delle informazioni attraverso questi tool.
La guerra informativa russa (informatsionaya voyna), sottolinea, è diventata parte integrante del pensiero strategico russo ed è andata inevitabilmente ad intrecciarsi con la tattica “maskirovka” il termine che sta ad indicare l’arte dell’inganno e dell’occultamento in operazioni militari e non. Sotto la guida di un ex Kgb come Vladimir Putin, crede la studiosa, le strategie che avevano accompagnato la Guerra Fredda per decenni, come operazioni di influenza indirette o segrete volte a influenzare l’opinione pubblica e la politica all’estero, sarebbero state riprese e adattate ad arte all’era digitale. Il pensiero strategico russo nell’era contemporanea considererebbe gli strumenti informativi e commerciali come una vera e propria arma. La guerra dell’informazione digitale sarebbe, nell’ottica di Mosca efficace, di grande impatto ed economicamente vantaggiosa, contemporaneamente le capacità di guerra asimmetrica guidate dall’Intelligenza artificiale potrebbero fornire alla Russia un ulteriore vantaggio. Unite, naturalmente, alle suddette altre frecce presenti nel suo arco.