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Tutte le idee (sbagliate) dell’Italia e le mosse (giuste) degli Usa sulla crisi siriana. Parla Jean

La strategia di Donald Trump in Siria, “sebbene bistrattata dai media, è in realtà davvero molto efficace”. Anche perché, “Putin sa giocare molto bene le sue carte, ma non ha la minima opportunità di sostituire Washington nella regione e, tanto meno nel rapporto con la Turchia. E questo Erdogan lo sa, come lo sanno gli Usa”.
A crederlo è Carlo Jean, già consigliere militare del presidente della Repubblica, generale degli Alpini in congedo e esperto di geopolitica, che in una conversazione con Formiche.net analizza le mosse dei principali attori nel teatro siriano. E sull’Italia dice che…

Generale Jean, l’Italia intende fermare la fornitura futura di armi alla Turchia per gli attacchi ai curdi siriani. Come valuta questa iniziativa?

La Turchia è uno dei più grandi esportatori di armi e non dipende certo dalle nostre. Anzi, la sua industria bellica ha anche delle joint venture con nostre aziende. Con Ankara abbiamo un altissimo scambio in molti settori. Sono circa 1450 le imprese italiane in Turchia. Se a questo ci aggiungiamo che abbiamo già rapporti non idilliaci con l’Egitto, rischiamo di inimicarci anche Ankara e di trovarci completamente fuori gioco nel Mediterraneo. In ogni caso significa non capire molto di cosa sta succedendo in quel quadrante.

Nel dibattito parlamentare, la Lega ha chiesto il ritiro immediato dei militari italiani dal confine turco-siriano? Che cosa ne pensa?

A mio avviso non può essere una decisione nazionale. Si tratta di una missione Nato e va come minimo concordata con gli alleati, non può essere certo una azione unilaterale. Perderemmo in un colpo solo l’apprezzamento di Washington, degli altri alleati e anche della Turchia. Poi fa bene ricordare che la nostra presenza è minima. In ogni caso è un quadro complesso.

Che cosa sta succedendo in Siria?

A mio avviso chi ha sapientemente tirato i fili sono gli Stati Uniti, che hanno deciso di appoggiare la Turchia anche per resistere alla infiltrazione iraniana in Siria e per dividere Mosca da Ankara.

Riuscirà questo piano?

Io credo che la strategia di Trump, sebbene bistrattata dai media, sia in realtà davvero molto efficace. Putin sa giocare molto bene le sue carte e sfruttare ogni opportunità che gli si pone davanti. Ma non ha la minima opportunità di sostituire Washington nella regione e, tanto meno nel rapporto con la Turchia. E questo Erdogan lo sa, come lo sanno gli Usa.

Perché Washington è insostituibile?

La Turchia rimane un Paese della Nato, dipendente economicamente dall’Occidente e dalle banche americane. In questo senso, la Russia non può subentrare agli Stati Uniti. Basti ricordare che il Pil russo è simile a quello italiano. Naturalmente Erdogan gioca su più tavoli, provando ad alzare il prezzo. Ma il vice presidente Usa Mike Pence e il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien andranno quanto prima in Turchia per definire le basi di una nuova cooperazione tra Washington e Ankara. Alla Turchia servono gli Usa per i motivi già elencati. Mentre agli Stati Uniti serve la Turchia, essenziale per gli Usa sia nel Mar Nero, sia per fermare la penetrazione iraniana in Libano aggirando Israele da nord. E, alla fine, si troverà un accordo. D’altronde fino ad ora i rapporti personali fra Trump e Erdogan erano stati ottimi. I due Paesi volevano quadruplicare gli scambi commerciali e, in fondo, le sanzioni americane sono nell’interesse degli Stati Uniti e non per obbligare lo stop di Ankara contro la Siria.

E Putin come si posiziona in questo scacchiere?

Il Cremlino naturalmente non è fermo. Ma una cosa è muoversi, anche intelligentemente, un’altra è avere una influenza geopolitica determinante, che resta saldamente in mani Usa. Ieri il presidente russo si è recato in Arabia Saudita, alla quale vorrebbe vendere le sue centrali nucleari. Al tempo stesso parla con Erdogan – al quale ha dato via libera ma in modo limitato, come dimostra la presenza di forze russe oltre l’Eufrate – e naturalmente con Assad. La sua strategia è chiara: vuole essere mediatore, ma non ne ha il peso specifico.

In tutto questo saranno i curdi a pagare il prezzo più alto?

Naturalmente ai curdi va riconosciuto il merito di aver combattuto l’Isis sul terreno, questo è innegabile. Ma è vero anche che lo Stato Islamico è stato abbattuto anche dalle forze aeree americane e russe. In generale la politica è fatta di interessi e non di buoni sentimenti. Ragion per cui la situazione attuale non stupisce.

La Turchia chiederà di entrare in Siria?

Sicuramente, per riprendere l’alleanza con la Turchia gli Usa dovranno cedere qualcosa. Su questo sono abbastanza in competizione con i russi. Ma come detto, Washington ha molte più carte da giocare.



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