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Italia in prima fila in Libia con gli aiuti umanitari. I timori per le bombe di Haftar

Il 21 e 22 ottobre la Farnesina ospiterà una conferenza umanitaria sulla Libia guidata — secondi quanto riferisce Agenzia Nova — dal viceministro degli Affari esteri Emanuela Del Re. I lavori saranno condotti da alti funzionari e si concentreranno sul coordinamento degli aiuti umanitari da inviare nel paese nordafricano, spiega l’agenzia stampa Italia (sempre molto informata sulla Libia). Roma intende dare rilievo all’iniziativa, perché è ulteriore segnale di come l’Italia segua le dinamiche libiche. Uno sforzo che si abbina alle iniziative più di natura politico-diplomatica con cui nei giorni scorsi l’ambasciatore Giuseppe Buccino ha ospitato incontri con il vicepremier e il ministro degli Interni del governo onusiano tripolino e con il presidente della società nazionale del petrolio.

L’incontro della prossima settimana alla Farnesina viene descritto dalle fonti governative italiane di Nova come un “tavolo tecnico” in cui il ministero degli Esteri ha coinvolto anche la Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea. L’attenzione si concentrerà anche sul traffico di esseri umani, che è uno dei problemi principali della fascia sud del Paese, un territorio lasciato senza leggi attraverso cui passano i migranti che dall’Africa centrale e meridionale cercano la via del Mediterraneo, per raggiungere l’Europa. Per un accordo con cui Roma si è intestata la gestione di una problematica di carattere europeo, ora quei migranti vengono fermati attraverso centri di contenimento che hanno dimostrato condizioni umanitarie pessime.

Dal 4 aprile, inoltre, a seguito del tentativo del signore della guerra dell’Est Khalifa Haftar di conquistare Tripoli, il paese è piombato nelle terza guerra civile negli ultimi otto anni. Le condizioni di vita sono particolarmente peggiorate, il fronte si trova lungo l’outskirt metropolitano a sud e sud-est della capitale, i combattimenti non hanno risparmiato aree abitate; ci sono stati morti (oltre mille), feriti (5mila), sfollati (circa 100mila).

L’offensiva è in stallo da sei mesi, Haftar non ha effettuato sostanziali guadagni territoriali, anzi ha perso via via la spinta iniziale (nonostante abbia ricevuto aiuti dall’esterno), ma l’autoproclamato Feldmaresciallo non intende fermare le armi. L’importanza della riunione sta anche in questo: gestire gli aiuti umanitari in mezzo a una situazione di guerra civile di posizione, con raid aerei indiscriminati, diventa una questione estremamente delicata.

L’Italia dimostra ancora una volta di essere in prima linea per l’aiuto ai civili libici, che delle dinamiche politiche e delle mire egemoniche interne ed esterne sono le prime vittime. Come successo tre anni fa, quando lo Stato islamico aveva seminato il terrore in Libia conquistando una dimensione territoriale rilevante: in quell’occasione il governo italiano decise di inviare un ospedale militare da piazzare all’aeroporto di Misurata, che era il centro militare da cui gli Stati Uniti e i partner locali coordinavano la liberazione dal Califfato.

Adesso che l’Is è stato territorialmente sconfitto, l’ospedale continua con le forniture mediche di alta qualità ai civili, sebbene rischi di tanto in tanto di finire sotto le bombe degli aerei di Haftar, che colpisce i misuratini perché sono i suoi più forti antagonisti – sostenitori politici e militari del governo di Tripoli, nato sotto egida Onu – senza risparmiare l’aeroporto e le strutture contenute nel suo perimetro, come quella italiana.

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