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Politica, accesso alle cure e big data. Tutte le sfide della Sanità

sanitàLibertà prescrittiva del medico, rapporto medico-paziente, innovazione, bilanciamento tra vincoli economici e benessere del malato, ruolo della politica. Di questo e molto altro si è parlato al secondo appuntamento, tenuto la scorsa settimana, del progetto “In Scienza e Coscienza”, nato dalla collaborazione fra Formiche e Fondazione Roche al fine di interrogarsi – e interrogarci – sul possibile bilanciamento fra il diritto dei pazienti a ricevere le migliori cure e la sostenibilità finanziaria e i vincoli economici che essa impone.

I lavori, aperti dal direttore di Formiche Flavia Giacobbe e dal direttore generale di Fondazione Roche, Fausto Massimino, sono proseguiti con una breve presentazione degli argomenti in agenda, già accennati in occasione del primo appuntamento, e un dibattito fra i membri del comitato presenti.

“La politica deve decidere cosa è necessario e cosa non lo è. Non possiamo fingere di essere un Paese del terzo mondo in cui tutto è necessario, per cui la politica deve intervenire e definire le priorità nell’allocazione delle risorse”, ha detto il professore di Economia sanitaria e presidente di Crea Sanità Federico Spandonaro. A confermarlo, Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, che ha però puntato anche sull’importanza dei corpi intermedi: “bisogna responsabilizzare i portatori di interesse e accompagnare i processi di governo allargato come succede per altri settori”. Fra cui i comitati etici, come ha ricordato Renzo Pegoraro, monsignore e cancelliere presso la Pontificia accademia per la vita, esperto di bioetica e cure palliative. “L’etica e la bioetica possono aiutare molto a individuare gli strumenti per favorire il dialogo. In alcune Regioni, come il Veneto, vi sono alcuni casi virtuosi da prendere come riferimento. Queste soluzioni possono aiutare molto nell’allocazione delle risorse”.”Occorre, però, – ha aggiunto Gaudioso – identificare chi è il soggetto politico che decide cosa è necessario, e come comunicarlo ai cittadini, in modo da accrescere la trasparenza e la partecipazione”.

Della stessa opinione la senatrice Paola Binetti, secondo cui la politica spesso non possiede le competenze per entrare nel merito specifico. “La politica deve individuare i temi politici, ma non svolgere un ruolo che non le appartiene. I disegni di legge non possono entrare nel dettaglio della singola patologia, ma devono lasciare che gli esperti facciano il proprio lavoro” ha ammonito la senatrice. “Il legislatore – ha aggiunto – si occupa di temi medici specifici, che dovrebbero essere lasciati agli operatori, ma non è in grado di stabilire e normare il quadro generale e le priorità del Ssn, che rimangono ambigue”. Fra i tanti temi, infatti, è stato toccato anche quelle delle competenze, e dell’eccessiva flessibilità dei confini dei ruoli di tutti gli attori che agiscono all’interno del sistema sanitario. “Il ministro della Salute non ha potere di intervento sulle singole allocazioni” ha ricordato Angelo Argento presidente di CulturaItaliae. “Il potere, tra l’altro – ha precisato – non è nemmeno dell’assessore alla salute, ma spesso risiede nel direttore sanitario dell’Asl, per cui bisogna capire come gestire questo potere in termini di responsabilità e appropriatezza”.

Ma non si è parlato solo di politica. Anzi. Si è entrati nel vivo delle questioni più pratiche che riguardano il sistema sanitario. Fra queste, il personale e le conseguenze dei tagli che quest’ultimo ha subito negli ultimi anni. “Le direzioni degli ospedali devono capire che non si può risparmiare solo tagliando personale, perché un livello non sufficiente di operatori rischia di generare una spesa molto più alta su farmaci ed esami”. Ha convenuto con lui Serena Sileoni, vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, secondo cui un “numero sufficiente di personale sanitario può spesso bastare a risolvere molti problemi per cui invece si continua a guardare altrove”.

Anche l’accesso alle cure è stato al centro del dibattito. In molti, infatti, hanno sostenuto che questo diritto, seppur sancito dalla Carta costituzionale, sia spesso negato. “C’è un enorme disuguaglianza nel Servizio sanitario nazionale, non solo fra nord e sud, ma anche all’interno delle stesse Regioni”, ha suggerito Antonio Gaudioso. A fargli eco, Serena Sileoni, secondo cui “la disuguaglianza crea quella migrazione sanitaria” su cui da anni si tenta di intervenire. Questa, però, sembra essere causata anche da un’anarchia prescrittiva. “Ci sono situazioni diffuse in cui molti medici non sono attenti, prescrivendo soluzioni molto più costose quando posseggono alternative più economiche”, ha suggerito il direttore di Corriere Salute Luigi Ripamonti, secondo cui la libertà prescrittiva, principio sacrosanto, non deve e non può essere confuso con l’anarchia.

Per intervenire a supporto del SSN, il comitato ha dunque suggerito due soluzioni, se non risolutive, quantomeno coadiuvanti. La prima, un cambio di prospettiva: bisogna guardare al Servizio sanitario nazionale, così come ai pazienti, non come elementi separati fra loro, ma come ingranaggi di una stessa macchina, ove il malfunzionamento di uno grava su tutto il sistema. “La parola d’ordine è sistema”, ha sancito Angelo Argento. “Basti pensare che le attività dei medici che lavorano nelle strutture sanitarie non è coordinata con quelli che operano al di fuori per l’assistenza e la previdenza sociale”, ha spiegato. D’accordo la senatrice Binetti, secondo cui bisogna assumere “il concetto di sanità come sistema sanitario”. “Esattamente come per la persona – ha continuato –, che va vista nel suo insieme e non nel singolo elemento”.

La seconda soluzione proposta, invece, riguarda una maggiore formazione dei medici in materia di economia sanitaria. Spesso infatti ­– ha convenuto il comitato – quando un medico prescrive una terapia o un esame non valuta che questi corrispondono a un trattamento sottratto a un altro utente. “Vi sono dei buchi enormi nella formazione: i medici non sanno valutare l’impatto economico delle proprie azioni poiché non posseggono le competenze necessarie”, ha suggerito la Binetti. “Dei corsi di formazione che tengano conto dell’elemento umano come fondamentale potrebbero essere di grande aiuto per il sistema” ha concordato il filosofo Corrado Ocone. È importante, però, come ha ricordato Ripamonti, che i medici vengano istruiti anche tenendo conto dei mutamenti della società, innovazione in primis. “Forse non serve che i medici sappiamo tanto di economia sanitaria”, ha convenuto Spandonaro. “L’esame più difficile per i medici è quello di statistica. Ma in in futuro così tecnologico, fatti di big data e reti neurali, è necessario che capiscano di che si tratta. La domanda che dobbiamo porci non è come evitiamo che IBM Watson dia risposte sbagliate, ma come ci assicuriamo che i medici capiscano le sue risposte in maniera corretta”.

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