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5G, l’Italia rassicura (a parole) gli Usa. Che ora attendono i fatti

Pace fatta fra Italia e Stati Uniti sul 5G? Presto per dirlo ma l’incontro alla Farnesina fra il segretario di Stato Usa Mike Pompeo e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha registrato qualche passo avanti. Il capo della diplomazia italiana e del Movimento Cinque Stelle ha rassicurato l’omologo in merito ai timori espressi a più riprese dal Dipartimento di Stato Usa che l’Italia non vigili a sufficienza sulla sicurezza della banda larga. “Siamo alleati degli Usa e condividiamo le preoccupazioni, quando ce ne sono, su determinate infrastrutture strategiche del 5G” ha spiegato Di Maio in conferenza stampa. Il ministro ha poi rivendicato la nuova normativa approvata dal governo sulla cybersecurity “che rende l’Italia uno dei Paesi più avanzati sul tema rispetto al resto d’Europa”.

Durante il primo Consiglio dei ministri a settembre l’esecutivo ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali su alcune fra le notifiche presentate dalle telco in merito ai contratti di fornitura stipulati con fornitori di tecnologia 5G, comprese le cinesi Huawei e Zte. Con l’approvazione del nuovo decreto legge sulla cyber security il governo ha inoltre approntato nuove misure per elevare la sicurezza delle reti tramite la creazione di un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica. A queste precauzioni, ha spiegato Di Maio, si aggiunge il lavoro del CVCN, il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale che “verificherà la corretta funzionalità dei sistemi che vengono installati nelle infrastrutture strategiche”.

Parole che servono a rassicurare i timori dell’alleato americano dopo mesi di ambiguità. Ora l’amministrazione Usa attende i fatti. Già a New York a margine dell’Assemblea generale dell’Onu Giuseppe Conte aveva promesso che l’Italia avrebbe assunto tutte le iniziative necessarie “per difendere gli interessi nazionali” sia pur rispettando le logiche di mercato. Un’apertura sembrata insufficiente agli occhi degli osservatori d’oltreoceano, perché non ha spiegato quale sarà la linea che il governo intenderà far sua circa la partecipazione di aziende cinesi come Huawei e Zte all’implementazione delle reti mobili ultra veloci di quinta generazione. Il tour europeo di Pompeo ha fra gli obiettivi prioritari quello di sensibilizzare i Paesi alleati ancora titubanti.

L’Italia è fra questi. I nuovi poteri previsti dalla normativa sul golden power non impediscono infatti alle aziende controllate da Pechino di partecipare ai bandi per il 5G. E se l’articolo 5 del decreto, approvato il 19 settembre dal Cdm e pronto ad affrontare un iter parlamentare di quattordici mesi (quattro per individuare l’elenco di “soggetti a rischio”, dieci per definire le procedure che questi ultimi saranno costretti a rispettare in caso di incidenti impattanti su reti, servizi e sistemi), prevede nuovi e incisivi poteri in capo al presidente del Consiglio in caso di “rischio grave e imminente per la sicurezza nazionale connesso alla vulnerabilità di reti”, Palazzo Chigi non ha ancora chiarito se e in quali casi saranno utilizzati.

Alle buone intenzioni, ha spiegato un alto funzionario dell’amministrazione Usa sotto anonimato a La Stampa, devono seguire presto azioni concrete. “Noi pensiamo che se l’Italia si affidasse a Huawei commetterebbe un grave errore, che minerebbe la vostra sicurezza e quella della Nato” – ha spiegato la fonte – “se l’Alleanza, a causa dei suoi Stati membri, non avesse un sistema di comunicazioni affidabile in tempi di conflitto, come potrebbe svolgere la sua missione di proteggere la sicurezza dei cittadini?”.

I segnali di disgelo ci sono. Eloquente il tempismo della visita di Conte, il giorno dell’arrivo a Roma di Pompeo, presso il centro di Ricerca e Sviluppo a Genova di Ericsson, il colosso hi-tech svedese che in Europa è primo concorrente di Huawei nell’implementazione del 5G. Ora dal governo americano si attende un chiarimento sui tempi e sulle modalità con cui il governo italiano vuole intervenire per tenere lontana la rete 5G dalle aziende di Stato cinesi. In Europa c’è chi si è già mosso, e ora incassa i guadagni (diplomatici). È il caso della Polonia: a inizio settembre il vicepresidente americano Mike Pence e il premier Mateusz Morawiecki hanno firmato una dichiarazione congiunta in tema di cooperazione tecnologica e sicurezza informatica con cui il Paese dell’Europa dell’Est si impegna a collaborare con gli Stati Uniti in materia di ricerca, sviluppo ed implementazione delle tecnologie 5G.


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