Per comprendere le ultime mosse di Ankara contro i curdi siriani del Rojava, non si può non tenere conto della strategia che la Russia di Vladimir Putin – cresciuta in presenza e in influenza nella regione dopo la decisione americana di ridurre l’impegno militare in alcuni teatri mediorientali – porta avanti da tempo.
A crederlo è lo scrittore e giornalista Carlo Panella, esperto di politica estera, che in una conversazione con Formiche.net analizza il sostegno di Mosca a Bashar al-Assad prima e a Recep Tayyip Erdogan poi, e i piani del Cremlino per diventare mediatore e risolutore della crisi regionale.
Panella, Erdogan ha detto di aver avuto l’ok dalla Russia per attaccare Kobane. Vladimir Putin ha scaricato Assad?
La situazione turco-siriana-curda è intricata come poche. E la Russia ne è corresponsabile nella misura in cui ha sostenuto il regime di Assad. Senza l’appoggio di Mosca e delle milizie iraniane, il dittatore siriano sarebbe caduto già nel 2016. Putin punta a sfruttare questa crisi e la sua grande forza militare impiantata in Siria per proporsi come mediatore.
Qual è il progetto del Cremlino?
È un ruolo al quale lavora da tempo, da quando Barack Obama disse che non ci sarebbero stati “boots on the ground” americani nella guerra siriana e che avrebbe fatto affidamento su forze locali. Da qui l’errore suo e del Pentagono di usare i curdi del Pyd-Ypg come truppe di terra contro l’Isis. La sconfitta dello Stato Islamico fu essenzialmente opera dell’aviazione Usa, come di quella russa, ma era indispensabile che qualcuno avanzasse sul terreno: i curdi appunto. Questo errore strategico ha creato una situazione intollerabile per la Turchia perché i curdi siriani si sono impadroniti di una regione a ridosso della frontiera turca che hanno messo a disposizione dei curdi turchi del Pkk, responsabili di molti attentati sul territorio turco. Ecco perché Erdogan parla di “guerra ai terroristi”. Certo, questa situazione intollerabile per Ankara poteva e doveva essere risolta con una trattativa, magari mediata da Mosca. Ma Erdogan ha voluto la guerra di invasione nella sua pericolosa visione neo ottomana. Donald Trump ha continuato nell’errore di Obama e ora toglie i suoi soldati da questa regione in una avventurista ottica solo dipendente dalla logica elettorale interna. In questo contesto, il capo del Cremlino sta solo aspettando il momento giusto. Dei curdi, naturalmente, non gli interessa molto, ma li utilizza come scusa per dare il via libera a Ankara.
Da che cosa nasce l’identità di vedute tra Mosca e Ankara?
Putin sta sfruttando, a livello diplomatico e di narrazione, il fatto che esistono i già evidenziati legami – ricordati anche oggi da Lucio Caracciolo – tra i curdi siriani, oggetto degli attacchi di Ankara, e i curdi turchi del Pkk. L’Ue riconosce il Pkk come organizzazione terroristica e ignora che in realtà il Pkk e il Pyd-Ypg dei curdi siriani sono in realtà la stessa organizzazione (lo sono stati anche formalmente sino al 2003). D’altronde può essere utile ricordare che tra Turchia e Russia i rapporti sono da tempo eccellenti, come testimonia la vendita a Ankara del sistema di difesa antiaereo di Mosca S-400.
Come evolverà la situazione?
In un gioco di alleanze variabili, Assad, che non ha mai combattuto i curdi siriani, che anzi dal 2011 hanno con lui un patto di non aggressione, se non di alleanza tacita, ha deciso strategicamente di combattere a loro difesa. Potremmo quindi assistere a episodi bellici tra turchi e siriani anche duri nei prossimi ore e giorni. Ma, lo si vede già oggi, in uno scontro diretto tra forze turche e curde sarebbero sicuramente le seconde ad avere la peggio. E così anche in uno scontro tra forze turche e siriane. E quando la situazione diventerà drammatica, Putin probabilmente si proporrà come garante di una intesa che comunque porti a un nuovo riassetto che prevede una forte presenza turca in Siria.