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L’ostacolo sulla via fra Washington e Vaticano? Lo spiega Pilon (Cato)

Libertà religiosa. Di queste due parole l’amministrazione Trump vuole fare un ponte verso la Santa Sede. Lo dimostra la delicata visita in Vaticano del segretario di Stato Mike Pompeo, tappa cruciale del suo tour europeo. La difesa dei cristiani perseguitati nel mondo è un fronte comune dove papa Francesco e Donald Trump possono incontrarsi, spiega a Formiche.net Roger Pilon, vicepresidente per gli Affari legali al Cato Institute, punto di riferimento della scuola libertaria americana. Se su un diritto c’è una comune sinergia, su tanti altri diritti rimane un solco difficile da colmare.

Perché Pompeo insiste tanto sulla libertà religiosa?

Tutte le amministrazioni statunitensi hanno si sono sempre schierate a difesa della libertà religiosa. È protetta dal Primo emendamento della nostra Costituzione ed è nel dna americano. Su questo l’amministrazione Trump non fa eccezione. Anche se non gestisce il dossier in solitaria.

Chi lo aiuta?

I veri paladini sono il vicepresidente Pence, il segretario di Stato Pompeo e l’ambasciatore per la libertà religiosa internazionale Sam Brownback. Fu quest’ultimo nel 1998, allora senatore, a sponsorizzare la legge che ha dato vita alla Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf).  

È un modo per attrarre consensi della constituency conservatrice di Trump in vista del 2020?

Man mano che il caso impeachment si fa più chiaro e le elezioni del 2020 si avvicinano, non è escluso che la visita del segretario Pompeo in Vaticano sia vista come un tentativo di consolidare il supporto dei conservatori per l’amministrazione Trump una volta fatto ritorno. Non è un segreto che sempre più con il passare degli anni i conservatori americani abbiano mostrato maggiore supporto verso la libertà religiosa rispetto ai moderni liberali.

Il Segretario di Stato a luglio ha messo in piedi una commissione sui diritti inalienabili. Ci spiega di cosa si tratta?

Come lui stesso ha annunciato, lo scopo è “offrire un pensiero rinnovato sul dibattito sui diritti umani nel momento in cui esso si è allontanato dai principi fondanti della legge e dei diritti naturali”. Ha affidato la presidenza alla professoressa di Legge ad Harvard Mary Ann Glendon, già ambasciatrice presso la Santa Sede e famosa accademica cattolica.

Perché l’iniziativa continua a creare polemiche?

La nomina ha instillato nella sinistra della comunità internazionale per i diritti umani il timore che il carattere religioso della commissione avrebbe minato i diritti di donne e Lgbtq. Anche alcuni di noi liberali classici o libertari di destra hanno espresso preoccupazioni.

Quali?

Siamo felici che si dia più attenzione ai diritti naturali, ma continuiamo a distinguere chiaramente fra tradizione illuminista e la più antica legge naturale, tanto più quando questa è fondata su premesse teologiche piuttosto che sulla pura ragione.

La scelta di Glendon per la presidenza è stata divisiva?

Diciamo che la sua ben nota antipatia per i diritti gay e i matrimoni dello stesso sesso ha dato adito a questi timori. Noi libertari di destra piuttosto siamo preoccupati, alla luce del rispetto acritico della Glendon per la Dichiarazione universale dei diritti umani dell’Onu, che la commissione supporti i cosiddetti “diritti” sociali ed economici, che non sono diritti naturali bensì benefici pubblici creati dai governi.

Torniamo alla visita di Pompeo. La comunità cattolica americana è stata molto critica del pontificato di papa Francesco e qualcuno ha perfino evocato il rischio scisma. È uno scenario da prendere in considerazione?

Non vedo alcun serio rischio scisma. Certo, da sei anni il mondo cattolico si sta confrontando con difficoltà con il primo papa sudamericano. Purtroppo non ci siamo ancora affrancati del tutto dalla “teologia della liberazione” e dalle sue fondamenta marxiste. Quando deve fare i conti con il mondo la Chiesa avrebbe bisogno di una buona dose di economia di libero mercato.

Due temi sono particolarmente divisivi. Ecco il primo: l’ecologia.

Anche qui, bisognerebbe rivalutare il libero mercato quando si parla di cambiamento climatico. Più una nazione è prospera, più grande è la domanda di beni ambientali, e più grande è l’abilità di fornirli.  È difficile chiedere alle persone di abbandonare l’energia a basso prezzo perché contribuisce al riscaldamento globale se questo significa lasciarle morire di fame.

Infine la geopolitica, e soprattutto la questione Cina. L’accordo fra Santa Sede e governo cinese è stato mal digerito dal mondo cattolico statunitense.

Ho notato che il papa è stato criticato per essersi inchinato alla pressione di Pechino sulla chiesa cinese. Se davvero fosse questo il caso avrebbe commesso un grave errore e i cattolici americani farebbero bene ad essere critici.

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